Di estati caldissime parlano, fra gli altri, Plinio duemila anni fa e Rabelais alla fine del Medioevo. Nel “Gattopardo” Tomasi di Lampedusa descrive con tratti atroci la tremenda estate siciliana di sempre (eccetto oggi che ci possiamo difendere dal caldo).

Non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Peraltro quest’anno non sembra nemmeno un’estate dura perché è piovuto per mesi (e tanto) fino al 20 giugno, poi un mese di normale caldo estivo e dopo il 20 luglio sono arrivati i temporali al Nord. Infine, in questa settimana, dopo dieci giorni di calura, siamo stati di nuovo sotto la pioggia e con la felpa.

Ciononostante il bombardamento mediatico da un mese sta cercando di convincerci che stiamo vivendo “l’estate più calda di sempre”. Una propaganda così asfissiante che alla fine la gente – stando a qualche sondaggio – si è quasi convinta (purtroppo pure i turisti stranieri).

Eppure l’evidenza è sotto gli occhi di tutti e dice il contrario, ovvero che è un’estate normale. Ma se un segretario generale dell’Onu dice che siamo ormai all’“ebollizione globale” e la potenza di fuoco dei media bombarda continuamente questo apocalittico messaggio, si arriva anche a non riconoscere l’evidenza.

L’indottrinamento è continuo. C’è chi prospetta addirittura di trasformare in reato il dissenso (chiamandolo “negazionismo climatico”). Un giorno si pretenderà di far professare a tutti questa ideologia facendoci negare ciò che vediamo?

In “1984” di Orwell, O’Brien dice proprio così a Winston: “Non hai voluto compiere quell’atto di sottomissione che è il prezzo della sanità mentale. Hai preferito essere un pazzo, fare parte per te stesso. (…) Tu pensi che la realtà sia qualcosa di oggettivo (…). Ma io ti dico, Winston, che la realtà non è qualcosa di esterno (…). La verità è solo quello che il Partito ritiene vero. Non è possibile discernere la realtà se non attraverso gli occhi del Partito”.

No, non accadrà così. Ma è difficile ragionare pacatamente. Oggi se fai notare le basse temperature di questi giorni ti dicono: “sciocco! Tu confondi il meteo con il clima”. Ma è proprio ciò che loro hanno fatto per settimane a luglio.

Mesi fa lanciarono l’allarme siccità. Subito dopo è piovuto per tre mesi. Hanno riconosciuto che era un allarme infondato? No. Anche la pioggia – a sentir loro – confermerebbe la loro tesi: hanno sempre ragione, qualunque cosa accada (con buona pace del “principio di falsificabilità” di Popper).

La polemica è scoppiata pure sui temporali estivi. Molti – giornali alla mano – hanno mostrato che ci sono sempre stati e spesso si sono verificati al Nord mentre faceva caldo al Sud. Ma ecco la replica: “oggi questi fenomeni sono più frequenti ed estremi”.

Non è vero. Ricordi temporali del passato, citi le statistiche le quali fanno vedere che non sono aumentati gli eventi estremi (nell’ultimo secolo la mortalità mondiale per tali eventi si è ridotta del 90%). Mostri che non è vero che è in corso la desertificazione, ma anzi i deserti sono in arretramento e aggiungi che procede da anni il “global greening”, cioè il rinverdimento del pianeta (fra l’altro anche grazie alla CO2).

Ti rispondono: “negazionista”. E cominciano la litania dei disastri mettendo nel calderone anche incendi e inquinamento che non c’entrano nulla con il riscaldamento globale (sarebbe meglio se ci occupassimo di inquinamento e sistemazione del territorio invece che di clima, come dice Franco Prodi).

Fai vedere i grafici che mostrano che la temperatura del pianeta alterna ciclicamente periodi freddi a periodi caldi e mostri che nell’antichità romana e nel Medioevo (cioè prima della rivoluzione industriale) era più caldo di oggi. Ma loro ti rispondono che accadeva solo in alcune zone. Indichi gli studi che mostrano il contrario (era una situazione planetaria) e ti ribattono che il 99 per cento degli scienziati la pensa come loro.

Mostri che non è il 99 per cento, citi fior di scienziati e pure premi Nobel che pensano diversamente e ti guardano allibiti. Molti si sentono investiti di una missione messianica come salvatori del pianeta.

Eppure neanche l’IPCC – l’organismo da cui deriva tutta la narrazione sul riscaldamento per cause umane – sostiene l’apocalittica che i media quotidianamente diffondono.

Francesco Ramella, direttore esecutivo di Bridges Research e docente di Trasporti all’Università di Torino, aderisce all’idea del cambiamento climatico per causa antropica, ma nei giorni scorsi ha scritto che “non è mai esistito un clima buono reso cattivo dalle emissioni antropiche”.

Dopodiché ha aggiunto: “contrariamente a quanto siamo abituati a leggere sui mezzi di informazione, è sempre l’IPCC a sostenere vi è un ‘bassa confidenza’ (equivalente a due possibilità su dieci che la tesi sia corretta) nel fatto che vi sia già oggi un segnale di un impatto del cambiamento climatico oltre la variabilità naturale per la maggior parte dei fenomeni estremi comprese le forti precipitazioni, le grandinate, la siccità, le tempeste di vento, i cicloni tropicali e le inondazioni costiere. E, per molti di questi, non è atteso che il segnale emerga neppure negli scenari futuri peggiori e oggi più inverosimili”.

Dunque non ha tutti i torti il premio Nobel per la fisica John Clauser quando parla di “massiccia pseudoscienza giornalistica”. A suo avviso “non c’è nessuna crisi climatica”.

Molti sono rimasti sorpresi davanti alle parole di Jim Skea, il nuovo presidente dell’Ipcc, che ha dato una batosta al catastrofismo dicendo che “non dobbiamo dare un’importanza esagerata all’obiettivo internazionale di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°. Se l’obiettivo non sarà raggiunto entro il 2030, come peraltro sembra probabile, non dobbiamo disperare…il mondo non finirà per questo”.

Sembra voler mettere le mani avanti. Forse perché nel 2030, che è vicino, vedremo che nessuna apocalisse predetta dai più fanatici si è avverata (come già negli anni scorsi)?

Ma allora che senso ha oggi sconvolgere l’economia e il benessere di milioni di persone con misure inutili e dannose?

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 6 agosto 2023

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