Il libro di Roberto Vannacci, “Il mondo al contrario”, è stato il caso politico dell’estate ed è un fenomeno editoriale che ha stupito gli addetti ai lavori. Non si è mai visto un tale successo di vendite, oltretutto per un volume autoprodotto da un autore sconosciuto al grande pubblico.

A che si deve questo trionfo? Vannacci ha ironicamente ringraziato “Repubblica” che, il 17 agosto, estrapolando alcune frasi, ha “lanciato” il suo libro per suscitare un’ondata di sdegno e ha ottenuto l’effetto opposto.

“Repubblica” ha sollevato il caso perché ha visto in quel libro l’avversario ideale. Michele Serra, sullo stesso giornale, scrive che la “cultura di destra” espressa da Vannacci “è la conferma della norma e del pregiudizio”.

In realtà l’operazione di “Repubblica” conferma il loro pregiudizio verso “la destra” e il senso di superiorità della sinistra. Ma visto il risultato, un colossale autogol, Serra borbotta una mezza critica al suo stesso giornale: “si fosse fatto meno rumore, attorno a questo testo che rimpasta il risaputo, sarebbe stato molto meglio”.

Poi Serra aggiunge due note contraddittorie. Da una parte riconosce che “l’intolleranza dei virtuosi che si ergono a giudici di tutto e di tutti sta diventando un problema, qui in Occidente. E sta diventando controproducente”.

Dall’altra elogia Pier Luigi Bersani per aver appunto sentenziato come giudice: “se nel Bar Italia è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile anche dare del coglione a un generale?”.

Il problema della sinistra è proprio questo disprezzo per la pancia del Paese (il “Bar Italia”) che ha decretato il successo del libro di Vannacci.

Infatti secondo il generale (in congedo) degli alpini, Silvio Mazzaroli, quel libro rappresenta “un modo di pensare che sento anche mio e, ritengo, di quella ‘maggioranza silenziosa’… che quasi mai fa sentire la propria voce”. È un testo – secondo Mazzaroli – “improntato al buon senso”.

Ma se la Sinistra – con i suoi complessi di superiorità – sembra aver perso di vista ciò che vive e che pensa la gente comune, liquidata come “Bar Italia”, il problema della Destra, è opposto: fermarsi al “Bar Italia”, sintonizzarsi con il libro di Vannacci e credere il suo sia l’unico modo – o il migliore – per rappresentare il pensiero e le aspettative della maggioranza (silenziosa) del Paese.

Da una parte Bersani – con la sua Sinistra – non si rende conto che in quel “Bar Italia” a cui Vannacci ha dato voce c’è molto popolo anche di sinistra. Dall’altra parte a Destra devono comprendere che dovrebbero andare oltre il “Bar Italia” e che c’è un establishment (intellettuale e non solo) che, pur non essendo di destra, è orientato – in questo momento storico – verso un orizzonte conservatore e che esprime questo suo orientamento con una capacità di elaborazione intellettuale ben superiore a quella del libro di Vannacci. In grado di far breccia nel centrosinistra.

Un esempio. Nelle ultime settimane, sulla prima pagina del “Corriere della sera”, lo storico ed editorialista Ernesto Galli della Loggia ha svolto ripetutamente preziose riflessioni sulla necessità di una cultura conservatrice che contrasti lo sgangherato progressismo il quale vuole “una rivoluzione antropologico-culturale che mira a delegittimare alcune strutture profonde del sentire comune. Quel sentire comune sul quale si è costruita e continua ad essere costruita l’esperienza di vita della grande maggioranza delle persone”.

Galli spiega che “il progressismo attuale mira a sovvertire innanzi tutto il mondo dei valori e i rapporti personali tra gli individui… prendendo di mira due caposaldi” che “servivano a definire culturalmente l’universo dell’Occidente: l’idea di natura e l’idea di storia”.

Anche altri intellettuali di centrosinistra sono contrari alle nuove ideologie progressiste che imperversano negli Usa e in Europa e soprattutto sono irritati dal conformismo “politicamente corretto” che impongono e dall’intolleranza che manifestano verso chi ha un pensiero tradizionale o anche solo verso chi ha idee non allineate al Nuovo Dogma dei media o perfino verso chi semplicemente esprime dubbi e domande.

Anni fa proprio Galli della Loggia affermava di riconoscersi in queste parole di un grande studioso francese (morto nel 2009), Claude Lévi-Strauss: “Ho cominciato a riflettere in un momento in cui la nostra cultura aggrediva le altre culture, di cui perciò mi sono fatto testimone e difensore. Adesso ho l’impressione che il movimento si sia invertito e che la nostra cultura sia sulla difensiva di fronte alle minacce esterne e in particolare di fronte alla minaccia islamica. Di colpo, mi sento etnologicamente e fermamente difensore della mia cultura”.

Che però – oggi appare chiaro – è minacciata anche dall’interno. È sulla difesa della nostra cultura e sul contrasto ai furori ideologici progressisti che una cultura conservatrice può coalizzare popolo ed élite intellettuale. Andando oltre Vannacci.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 10 settembre 2023

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