Nell’anno epidemico 2020 ha fatto irruzione nel mondo – per miliardi di persone – un ospite imprevisto e sgradito (perché obbligato): la solitudine. Un fenomeno planetario e – al tempo stesso – intimo, con cui stentiamo a fare i conti.

Più amara e drammatica è stata la solitudine in cui sono morte centinaia di migliaia di persone che, per ragioni sanitarie, non hanno potuto vivere i loro ultimi minuti con coloro che amavano. Una vera tragedia.

Meno straziante, ma straniante e dolorosa è stata la solitudine che a tutti noi è stata imposta dal lockdown. Dopo qualche mese estivo di ripresa dei contatti umani – ma per molti di “isolamento” prudenziale dovuto alla positività – arriva adesso questo nuovo lockdown soft, di distanziamento fisico in cui ci è prescritto pure un Natale senza ospiti e addirittura sono bocciati abbracci, baci e altri tipi di contatto.

Sembra un esperimento sociale di dimensioni planetarie. Era proprio necessario? I pareri sono discordanti. Ma a noi sembra di essere precipitati in un racconto distopico a cui fatichiamo ad adattarci, perché l’uomo è un essere sociale, per natura, e fin dalla nascita ha bisogno dell’altro: del suo abbraccio, del suo contatto, del suo sguardo, del suo volto e del suo sorriso (la “mascherina di massa” ci ha privato anche del volto e del sorriso).

Tutte le fondamentali attività umane – dal gioco, all’amore, dal lavoro al rito religioso, dalla scuola all’assistenza – hanno bisogno dell’altro, del legame umano, della comunità. Privarcene è per noi come una mutilazione insopportabile.

Si è cercato di riempire questa solitudine da Covid con i collegamenti oggi consentiti dalla tecnologia, ma sono un surrogato che lascia alquanto scontenti. E’ inevitabile che avvertiamo questo isolamento con un senso di oppressione, come una sostanziale privazione della libertà.

Però un così grande disagio dovrebbe anche far riflettere. Perché porta alla luce spesso l’incapacità di star soli, il rifuggire quella solitudine che ci mette di fronte a tante domande, che ci pone a contatto diretto con la nostra anima e – in fondo – con la nostra condizione umana.

“Ognuno sta solo sul cuor della terra…”, ci avverte uno stracitato verso di Quasimodo. Forse, in tanti casi, le nostre attività sociali sono proprio quel “divertimento” di cui parlava Pascal, cioè hanno lo scopo di distoglierci dalla nostra infelice condizione, dalla solitudine, di affogarla nel trambusto, nelle chiacchiere o nell’attivismo. Da cui poi il fantasma della stessa solitudine riemerge sotto forma di noia, perché siamo esseri insoddisfatti, sempre desideranti (desiderio è una parola che rimanda alle stelle, quindi all’infinito).

E’ la felicità che cerchiamo. Sempre Pascal diceva che “tutti gli uomini cercano di essere felici, compresi quelli che stanno per impiccarsi”.

Ma siamo così sicuri che “solitudine” significhi per forza infelicità? Pascal – che cito ancora perché è il maestro delle cose umane – riteneva che gran parte dei nostri guai derivassero proprio da questa fuga dalla solitudine.

Un suo paradossale (e celebre) pensiero recita: “Quelle volte in cui mi sono messo a considerare le diverse forme d’inquietudine degli uomini, i pericoli e i dolori a cui si espongono, a corte, in guerra, e da cui sorgono tante liti, passioni, imprese audaci e spesso malvagie ecc. Ho scoperto che tutta l’infelicità degli uomini viene da una sola cosa, non sapersene stare in pace in una camera”.

Certo, la solitudine da Covid è odiosa perché imposta. Ma molti esseri umani nella storia hanno amato la solitudine trovandovi se stessi, la saggezza, la felicità e persino Dio: non solo poeti, eremiti, santi, filosofi e grandi geni. Anche tante persone comuni, magari contadini e montanari delle nostre campagne e delle nostre montagne.

Solitudine non (necessariamente) per misantropia, ma per gustare una compagnia più profonda che di solito ci sfugge e che ci parla con la voce del vento, della natura, con il silenzio, con un libro, con il cielo stellato, con una musica o nella profondità della nostra anima.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 22 novembre 2020

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