Cosa si aspettava Umberto Eco comunicando al Paese che – in caso di vittoria del centrodestra – avrebbe lasciato la patria orba del suo ingegno riparando per sempre all’estero?
Evidentemente era certo che un fremito di disperazione avrebbe scosso la penisola. Ma a cinque giorni da tale annunciata dipartita possiamo dire che non si segnalano scene di lutto nelle piazze. Non si ha notizia di persone che si siano suicidate, buttandosi dai terrazzi o ingerendo lamette, nessuno che si sia incatenato all’Altare della Patria per scongiurare una così tremenda perdita.
Neanche i parenti dello scrittore – che si sappia – sono scoppiati in un pianto dirotto, né i vicini di casa hanno intonato uno struggente “Resta cu nnoi/ nun ce lassà…”.
Anzi, il suo annuncio – e ci spiace per il professore – ha invece scatenato l’entusiasmo del popolo di centrodestra.
C’è perfino qualcuno che – pur deluso dal governo – ci scrive: “non avevo tanta voglia di tornare a votare, ma se si tratta di mandare Eco e i suoi accoliti a quel Paese, allora corro”.
A “Libero” continuano ad arrivare lettere di persone che gioiosamente si danno appuntamento l’11 aprile per il “saluto ai migranti”. E c’è perfino chi si dice disponibile a contribuire alle spese di viaggio (di sola andata, naturalmente). Per incoraggiarli, per accompagnarli all’imbarco, perché non ci ripensino all’ultimo momento.

Già in passato infatti era stata ventilata, talora, un’analoga “fuga dei cervelli”, ma poi gli interessati non ne hanno fatto di nulla.
E’ il caso dello scrittore Antonio Tabucchi che nel 2002 firmò un editoriale sulla prima pagina dell’Unità che fin dal titolo entusiasmò molti: “Cari amici, vado via”. Purtroppo però quei molti rimasero delusi perché lo scrittore ci ripensò, forse non volendo privare l’Italia della sua luce.

Franco Battiato – alla vigilia delle elezioni comunali di Catania – ha annunciato che se avesse vinto il candidato del Polo, Umberto Scapagnini, avrebbe lasciato la città: “La amo, ma vado via davvero”.
I catanesi, elettrizzati, corsero a far trionfare il suddetto Scapagnini e il cantante spiegò che scherzava o che era stato frainteso.
Stavolta gli elettori del centrodestra e i lettori di “Libero” sperano che sia la volta buona e si mobilitano per sostenere Eco nei suoi lodevoli propositi. Ringraziandolo anche per aver dato agli incerti di centrodestra un motivo valido per confermare il loro antico voto per la Casa delle libertà.

Così in un sito di ispirazione echiana, che pubblica le adesioni al manifesto del professore, si stigmatizzano tali reazioni sostenendo che questi destrorsi “punti sul vivo” si compiacciono di contrapporsi agli intellettuali (che starebbero a sinistra) come una “massa ignorante” di destra che quasi sbandiera il motto: “ignorante è bello”.
Certo, l’ignoranza non è bella e non è davvero il caso di farne una bandiera ideologica e una politica. Sbaglierebbe il centrodestra a far proprie tentazioni simili. Ma forse dietro lo spernacchiamento a Eco e agli altri luminari c’è solo un certo disprezzo popolare per “l’intellettuale” considerato un costoso chiacchierone, un perdigiorno di lusso, di solito pernicioso quando si occupa della cosa pubblica.
Sarà anch’esso un sentimento poco serio, ma è indubbiamente speculare all’atteggiamento di Eco nel quale è evidente il disprezzo della plebe visto che a un recente convegno con Piero Fassino e Furio Colombo ha suggerito all’Unione di lasciar perdere “quelli che non leggono i giornali e guardano solo la tv”.
A suo dire per vincere il centrosinistra deve “rivolgersi non alla casalinga di Voghera, ma all’universitario di Vipiteno”.
Secondo la cronaca della Repubblica la “formidabile” idea è stata accolta da “applausi scrocianti e qualche perplessità”.
Se Prodi seguirà questa “geniale” strategia di Eco il trionfo di Berlusconi è sicuro.
Resta dunque da capire se lo scrittore barbuto sia in realtà una quintacolonna berlusconiana infiltrata nel caravanserraglio di Prodi per portarli nel baratro, oppure se voleva – con tale “illuminato” suggerimento – fornire la più autorevole conferma al libro di Luca Ricolfi “Perché siamo antipatici?”.
Soprattutto al capitolo dove viene fotografata la “cultura di sinistra” intitolato “Il sentimento di superiorità”.
Ricolfi mostra quanto grande sia il “disprezzo” di questa casta di letterati verso “chi è percepito come irrecuperabile o ‘inconvertibile’ ”.
L’altra opzione della casta intellettuale progressista è “l’atteggiamento pedagogico”.

Proprio Eco – scrive Ricolfi – ha recentemente riproposto un saggio di Fichte, “Missione del dotto”, nel quale si dice che il dotto “è l’uomo moralmente più perfetto del suo tempo, che non solo vede il presente, ma anche l’avvenire”. Eco osserva che “il dotto è per sua missione il maestro dell’umanità, l’educatore del genere umano”.
Quanto tale dotto sappia vedere l’avvenire e dunque educare il genere umano, lo dimostra l’accorato articolo che proprio Eco scrisse sulla “Repubblica” l’8 maggio del 2001, a cinque giorni dal voto: “A nessuno piacerebbe svegliarsi un mattino e scoprire che tutti i giornali, il Corriere della sera, La Repubblica, La Stampa, Il Messaggero, Il Giornale e via via dall’Unità al Manifesto, compresi i settimanali e i mensili, dall’Espresso a Novella 2000, appartengono tutti allo stesso proprietario e fatalmente ne riflettono le opinioni. Ci sentiremmo meno liberi. Ma è quello che accadrebbe con una vittoria del Polo che si dice delle Libertà”.
L’elettorato a quel tempo, invece di ascoltare l’ammaestramento del Dotto, fece l’esatto contrario e votò in maggioranza il “Polo che si dice delle libertà”.
Oggi, dopo cinque anni, si può constatare quanto la “profezia” del dotto – “che non vede il presente, ma anche l’avvenire” – si sia verificata.
In effetti, dal Corriere della sera di Paolo Mieli in giù, tutti i giornali “riflettono le opinioni” di Berlusconi.
Nei giorni scorsi, come si è detto, il dotto Eco si è lanciato in una nuova “profezia”. Questa: “Altri cinque anni di Silvio Berlusconi e siamo fottuti. Ci giochiamo tutto, stavolta. Quanto a me, nel caso, vado in pensione e mi trasferisco all’estero”.
Sono in tanti a sperare che almeno stavolta ci azzecchi.

Fonte: © Libero – 12 marzo 2006