LIBERIAMO ASIA BIBI. IL SUO SUPPLIZIO E’ LA VERGOGNA DEL PAPATO DI BERGOGLIO E DELL’OCCIDENTE
Stando alle dichiarazioni di politici e mass media siamo tutti contro le violenze e gli abusi sulle donne. Siamo tutti contro le discriminazioni delle minoranze, contro il fanatismo fondamentalista e contro la pena di morte.
Infine siamo tutti dalla parte dei poveri e siamo tutti per accogliere i veri profughi vittime di crudeli persecuzioni.
Eppure da nove anni c’è una vicenda drammatica che riassume in sé questa dolorosa casistica – ha il nome della povera madre pakistana Asia Bibi, cattolica – e sui media italiani (come in Vaticano) non trova mai attenzione.
Lei è una madre poverissima, con tanti figli piccoli, ha subito atrocità e viene detenuta da nove anni in condizioni disumane, senza nessuna colpa se non quella di aver bevuto dove bevevano le sue compagne di lavoro islamiche e di aver risposto alle loro invettive “religiose” dicendo che lei crede in Gesù Cristo. Così è stata arrestata e condannata a morte con l’accusa di blasfemia.
Il suo caso alza il velo sulla terribile condizione delle donne e dei cristiani nell’islamico Pakistan e specialmente delle donne cristiane che sono le vittime più indifese.
La narrazione mediatica del Giornale Unico Nazionale non si occupa di Asia Bibi. Pone altre storie sotto i riflettori.
Forse perché è una donna cattolica perseguitata da un regime islamico? O perché – anche nel Vaticano bergogliano – la causa dei cristiani perseguitati dà fastidio?
In effetti solo Benedetto XVI intervenne pubblicamente, il 17 novembre 2010, perché Asia Bibi fosse liberata. E il 10 gennaio 2011 chiese l’abrogazione della famigerata “legge sulla blasfemia”.
Bergoglio mai. Ha negato un’udienza privata ai poverissimi familiari di Asia Bibi quando riuscirono a venire a Roma a chiedere aiuto e ha negato loro perfino un gesto di attenzione.
Lui non vuol mai dispiacere ai musulmani. Dopo gli attentati terroristici sostiene che non hanno nulla a che fare con l’Islam, ma non può dire lo stesso di fronte alla “Repubblica Islamica del Pakistan” che – in base alla legge sulla blasfemia – condanna a morte degli innocenti. Dunque tace.
Per tutti questi motivi va segnalata la lodevole iniziativa di Luigi Amicone, ex direttore di “Tempi” e oggi consigliere comunale a Milano (di Forza Italia), che ha presentato ieri, a Palazzo Marino, un Ordine del giorno su cui pare esserci il consenso di tutti i partiti.
Nel testo si ricorda che “nel giugno del 2009 Asia Bibi, donna cristiana e cattolica, madre di cinque figli, stava lavorando in un frutteto vicino al suo villaggio, Ittar Wali (Punjab), quando venne accusata di aver infettato la fonte per aver bevuto un bicchiere d’acqua”, poi, dopo l’aggressione che subì e l’arresto, venne “dichiarata ‘blasfema’ e quindi condannata a morte per impiccagione”.
Amicone afferma che “nemmeno i tribunali di primo e secondo grado che hanno sentenziato la condanna a morte di Asia Bibi sotto la pressione di gruppi fondamentalisti hanno avuto il coraggio di eseguire il verdetto” e “che la stessa Corte Suprema pakistana continua a prendere tempo rinviando ogni pronunciamento definitivo”, mentre “nel frattempo, proprio come il ministro cattolico Shahbaz Bhatti, anche il musulmano Salman Taseer, governatore del Punjab, è stato assassinato per avere difeso Asia Bibi e criticato la legge sulla blasfemia”.
Così, dopo “3140 giorni che Asia Bibi ha trascorso rinchiusa in una cella di isolamento senza finestre in un carcere di massima sicurezza” l’ordine del giorno del consiglio comunale di Milano (che sarà votato alla prossima seduta) “impegna giunta e sindaco a compiere tutti i passi necessari presso la Farnesina perché ministro e governo italiano chiedano a Presidente del Pakistan Mamnoon Hussain la concessione della grazia per Asia Bibi e quindi la sua scarcerazione”.
Inoltre “sull’esempio di Anne Hidalgo, sindaco socialista di Parigi che ha già offerto asilo a tutta la famiglia di Asia Bibi”, l’amministrazione comunale “si dichiara anch’essa pronta ad accogliere Asia Bibi e la sua famiglia a Milano”.
Speriamo che ci sia un’approvazione unanime. Queste sarebbero delle larghe intese molto nobili.
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Antonio Socci
Da “Libero”, 31 gennaio 2018-01-31
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