Vittorio Messori è uno degli scrittori italiani viventi più conosciuti e più tradotti nel mondo. Se non fosse un cattolico Doc (di quelli che non frequentano i salotti) sarebbe osannato come un mito dal sistema mediatico e dalle accademie.

È amato dal popolo cristiano, ma non dalle élite intellettuali verso le quali lui – conoscendole bene – non ha mai avuto i complessi di inferiorità clericali, anche perché il suo approdo alla Chiesa Cattolica è dovuto a una conversione adulta, avvenuta quando era già ventenne.

Infatti ha avuto una formazione agnostica con la fortissima impronta del razionalismo torinese: si laureò con Alessandro Galante Garrone, con Norberto Bobbio e Luigi Firpo, fra i massimi simboli della cultura laica italiana.

Pur avendo lavorato per giornali laici come La Stampa, all’inizio della sua carriera giornalistica (fu tra i “creatori” di Tuttolibri), e, negli ultimi anni, il Corriere della sera, Messori è sempre stato brillantemente controcorrente, non ha mai concesso nulla alle ideologie dominanti, anzi ha sarcasticamente bersagliato anche le ultime, quella ecologista e quella politically correct.

La sua conversione giovanile ebbe aspetti simili alla folgorazione di S. Paolo o di Pascal. Ed essendo – per formazione – abituato a indagare razionalmente la realtà, Messori s’immerse subito nello studio delle ragioni della fede cattolica. Così è iniziata la sua avventura intellettuale, preziosa per i cristiani del nostro tempo a cui ha aperto le vie di una moderna apologetica.

Alcuni dei suoi libri hanno letteralmente segnato un’epoca: per esempio Ipotesi su Gesù, del 1976 (uno studio sulla figura di Cristo e sulla storicità dei Vangeli da leggere insieme a Patì sotto Ponzio Pilato? del 1992 e Dicono che è risorto del 2000) e poi Rapporto sulla fede (scritto con il card. Joseph Ratzinger nel 1985).

Ma tutte le sue opere sono di grande qualità e – mostrando la ragionevolezza della fede della Chiesa – sono diventati preziosi pilastri di una seria formazione cattolica (e si offrono anche alla curiosità laica che vuole scoprire continenti sconosciuti).

Per la loro validità, che rimane nel tempo, è meritoria la decisione delle Edizioni Ares di riproporre, titolo dopo titolo, i libri di Messori.

Sono già usciti tre dei quattro volumi che ho citato e anche Ipotesi su Maria, Scommessa sulla morte, Qualche ragione per credere, Gli occhi di Maria, Il Miracolo e Inchiesta sul cristianesimo che contiene dialoghi sulla fede, davvero sorprendenti, fra Messori e personalità come Leonardo Sciascia, Umberto Eco, Alessandro Galante Garrone, Claudio Magris, Pietro Citati, Ida Magli, Elémire Zolla, Luigi Giussani, Karl Rahner, Margherita Hack, Jean Guitton, Franco Cardini, Max Thurian, Divo Barsotti, Eugène Ionesco, Mario Luzi, Gianni Vattimo, Vittorio Mathieu e altri. L’ultimo suo libro ripubblicato dalla Ares è Il beato Faà di Bruno, che è pure una rivisitazione critica del Risorgimento.

Tutti testi preziosi. Oltretutto Messori ha l’acribia dello storico di professione (non è mai superficiale, generico o acritico), la curiosità del grande giornalista (e grande intervistatore) che scopre miniere inesplorate e le qualità del vero scrittore che sa narrare con una prosa coinvolgente e affascinante.

Ma non c’è solo la statura intellettuale. Di recente è uscita (su Famiglia cristiana) una sua commovente intervista a Riccardo Caniato sui suoi 83 anni dove emerge un spessore umano e spirituale davvero raro. Quello di un cristiano vero.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 6 aprile 2024

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