Una svolta ha preso forma in quest’ultimo mese, nella politica e nel sentimento popolare, in Italia. Si può rappresentarla anche numericamente. Lo ha fatto il sondaggio di Ipsos pubblicato ieri dal “Corriere della sera”.

Anzitutto colpisce il dato relativo ai partiti, perché crescono Lega e Fratelli d’Italia, cosicché il Centrodestra ormai raggiunge il 50 per cento. Invece crolla il Pd di Letta (dal 20,9 al 19,4%, raggiunto da FdI) e cala anche il M5S (dal 16 al 15,4%).

Il distacco fra Centrodestra e Centrosinistra dunque si colloca fra 10 e 15 punti percentuali. Questa fortissima maggioranza di Centrodestra del Paese è da tempo una costante (confermata anche dalle elezioni europee e regionali) ed è un fatto di cui il governo dovrà tener conto in un momento storico in cui, dopo la pandemia, si ridisegna il Paese.

Ora più che mai, infatti, l’esecutivo ha bisogno di avere il consenso e il sostegno del Paese. Del resto non si possono fare scelte che vincolano l’Italia per anni andando contro le aspettative della maggioranza degli italiani.

Ma colpisce anche il balzo dell’indice di gradimento all’operato del governo in questo ultimo mese, che passa da 56 a 64, e specialmente quello del presidente Draghi, da 58 a 66.

Secondo Nando Pagnoncelli, di Ipsos, è dovuto al successo della campagna vaccinale e alle riaperture, infatti sono dimezzati, da novembre a oggi, i pessimisti rispetto alle prospettive economiche (da 66 a 36%) e sono raddoppiati gli ottimisti (dal 15 al 31%).

Quello delle vaccinazioni è un grande evento sociale, nel quale ci si è riscoperti come comunità, senza divisioni, ma solidali e collaborativi. Abbiamo ritrovato – nei centri vaccinali – un senso di fraternità che avevamo dimenticato, insieme al volto amico e protettivo dello Stato: nei centri vaccinali c’è infatti il volontariato, c’è l’esercito, c’è il Servizio sanitario e tutto dà un’idea di efficienza, di accoglienza e di solidarietà.

Il concomitante crollo di contagi, ricoverati e morti trasmette la sensazione che stiamo uscendo dall’incubo (nell’ultimo mese è cresciuta del 18% – raggiungendo il 48% – la percentuale di italiani che ritengono che il peggio sia passato).

Più incertezze ovviamente ci sono per le macerie economiche. Probabilmente certi orfani del governo giallorosso soffieranno sul fuoco delle crisi sociali.

Di fatto però quelle macerie economiche provocate dalla pandemia (come i fallimenti aziendali e i licenziamenti, ibernati per mesi), sono dovute al 2020, l’anno del governo PD-M5S, che ha lasciato una situazione catastrofica (nel G20 siamo fra i peggiori quanto a vittime del Covid e crollo del Pil).

Invece il governo Draghi sta tentando di rimediare i danni e far ripartire l’Italia. Il forte consenso nei confronti del premier e del suo esecutivo è dovuto anche alla capacità del Capo del governo di comporre i possibili conflitti (per esempio con i sindacati, la Confindustria o le regioni) e puntare energicamente all’obiettivo: quello di far ripartire l’economia e il Paese intero.

Con un decisionismo che può suscitare qualche sbigottimento fra i ministri o i partiti, ma che – in un Paese ingessato dalla burocrazia, dai veti e dalla paura di rischiare – è finalmente anche un segno di efficacia.

Draghi non solo sta pian piano azzerando la geografia del potere del precedente governo, ma è anche l’opposto di Conte: il premier Giuseppi era verboso e retorico, ma non decideva mai per la ripresa del Paese(abbondava solo con le chiusure), il suo Recovery plan non sarebbe mai stato approvato in Europa. Draghi invece è di pochissime parole, ma produce fatti e apre il cantiere Italia per la ricostruzione.

Conte andava a ruota degli altri Paesi, una subalternità che metteva l’Italia ai margini. Draghi invece è un leader: ha le idee chiare su come riformare l’Unione Europea, su come far ripartire l’economia, sulla collocazione internazionale dell’Italia e sulla questione immigrazione.

Si è subito imposto quando la Ue ha fatto flop nell’acquisto dei vaccini (ha idee chiare pure sui brevetti e sulla necessità di fornire vaccini ai Paesi poveri). Draghi è già diventato, agli occhi di tutti (media e cancellerie), il leader dell’Europa ed è uno statista autorevole e stimato, cosa che per l’Italia ha notevoli ricadute anche sul piano economico.

Tuttavia c’è bisogno di un salto di qualità culturale, morale e spirituale del Paese perché nemmeno uno statista come lui, per quanto bravo, può farcela da solo.

Dovremmo finalmente, essere capaci tutti insieme di tornare a tifare Italia. Storicamente l’unico evento che riesce a unire il nostro popolo, a farlo riconoscere nel tricolore e a farci sentire fratelli, è il calcio: il campionato mondiale.

Altrimenti dominano le lotte di fazione, le demonizzazioni, l’autorazzismo, l’autodenigrazione nazionale, lo sfascismo, l’odio.

Ma questi sentimenti settari e distruttivi sono del tutto ingiustificati. Siamo un grande Paese, abbiamo una storia bimillenaria che ha illuminato il mondo.

I nostri padri sono stati capaci di un miracolo che ha stupito tutti, quando, dopo una guerra che aveva devastato la penisola e dopo una dittatura, nel giro di pochissimi anni, hanno ricostruito il Paese, con istituzioni democratiche che mai si erano viste.

Hanno realizzato una industrializzazione e una crescita sociale e civile che – da paese agricolo e poco sviluppato – ci ha proiettato ai vertici mondiali fra i paesi più avanzati e prosperi.

Fu possibile grazie alla nostra capacità di lavoro, di inventiva, diciamo pure al genio e allo spirito di sacrificio, nel dopoguerra, e non a caso Draghi si richiama spesso al governo De Gasperi che, oltretutto, nei primi anni, fu di unità nazionale.

Ma ciò che abbondava allora – pur nella povertà – erano le energie spirituali del nostro popolo, che producono un senso di comunità, di fraternità, e una grande capacità di sacrificio, di inventiva e di lavoro.

I nostri padri sentivano di avere un compito, quello di ricostruire l’Italiaper consegnarla alle future generazioni (fra l’altro proprio negli anni del dopoguerra si ebbe il baby boom). Oggi questo compito è passato a noi.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 30 maggio 2021

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