È aperta fino al 6 gennaio a Palazzo Vecchio la bella mostra Boccaccio politico per la città di Firenze, nel 650° anniversario della morte del grande scrittore. Sono esposti i documenti della sua attività diplomatica: nulla a che fare con il Decameron. Ma in realtà il capolavoro politico di Giovanni Boccaccio è proprio la sua celebre opera letteraria. Vi sorprende?

Una divertente battuta di Michele Magno, pubblicata sul Foglio nei giorni scorsi, ci offre lo spunto per scoprirlo. Magno parla di Giuseppe Conte che, in un recente trasmissione tv, è stato “accostato a Cetto La Qualunque per il suo mitico ‘è tutto gratis per tutti’”. Il riferimento è al Superbonus 110% del governo giallorosso Conte 2 che tanto ci è costato e ci costa.

Dunque Magno ironicamente sostiene che c’è un precedente letterario, nel Decameron, dove Boccaccio racconta l’esilarante storia di Calandrino a cui fanno credere che esista un posto meraviglioso dove tutto è gratis e tutti se la spassano:

“il paese di Bengodi, dove le vigne si legano con le salsicce e per pochi soldi si possono avere un’oca giovane e pure un papero, per giunta, e dove c’è una montagna tutta di parmigiano grattugiato, sopra la quale sta della gente che non fa altro che preparare maccheroni e ravioli e cuocerli nel brodo di cappone e poi li gettano giù per il pendio e chi più ne piglia, più se ne pappa. E lì vicino scorre un fiumicello di vernaccia, e della migliore, e senza neppure un goccio d’acqua”.

Cinquecento anni dopo un altro toscano, Carlo Lorenzini, rappresenta in modo simile il Paese dei Balocchi che attirava Pinocchio e i suoi amici: “il più bel paese di questo mondo: una vera cuccagna!… Lì non vi sono scuole: lì non vi sono maestri, lì non vi sono libri. In quel paese benedetto non si studia mai. Il giovedì non si fa scuola: e ogni settimana è composta di sei giovedì e di una domenica”.

Lì si passa il tempo “baloccandosi e divertendosi dalla mattina alla sera. La sera poi si va a letto, e la mattina dopo si ricomincia daccapo”. Concluse Lucignolo: “Ecco come dovrebbero essere tutti i paesi civili!..”.

Naturalmente finì male. C’è sempre qualche demagogo che fa promesse strabilianti e c’è chi ci casca. Il mercato delle illusioni e delle utopie è fiorente. Lo dice anche la cronaca (ricordate quello che aveva abolito la povertà?).

Guarda caso proprio in questi giorni è spuntato un altro tribuno del popolo che ha conquistato New York promettendo mari e monti: Zohran Mamdani. Chi paga? Boh.

Torniamo a Boccaccio. Avrete già capito che la storia di Calandrino non è così banale come sembra. Del resto la cornice narrativa del Decameron è la terribile peste nera del 1348 che decimò la popolazione e disgregò la società.

La lieta compagnia cristiana di quei giovani, con le loro storie, diventa la “restaurazione di un ordine, risposta allo sconvolgimento che la peste ha causato nella città”; mostra una “coesistenza conveniente e onesta, come immagine ideale di una rinnovata dimensione civile” (Ferroni).

L’opera evidenzia che “onestà, concordia, dimestichezza non rinviano soltanto allo spazio della famiglia e della casa” (Quondam), ma sono basi della vita pubblica.

Torna in mente l’Allegoria del buongoverno dipinta da Ambrogio Lorenzetti, nel Palazzo Pubblico di Siena, dieci anni prima della peste: una raffigurazione di quell’armonioso ordine civile che anche il Decameron prospetta dopo il ciclone dell’epidemia. Una sana etica pubblica aristotelico-tomista coniugata con il realismo politico della buona amministrazione.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 8 novembre 2025