Il 22 settembre 1974 sul “Corriere della sera” uscì uno dei memorabili articoli di Pier Paolo Pasolini di quella stagione (poi raccolto negli “Scritti corsari”). Erano gli anni della scristianizzazione trionfante. Lo scrittore rifletteva sugli ultimi mesi del pontificato di Paolo VI arrivando a conclusioni drammatiche: “Il Potere reale non ha più bisogno della Chiesa e l’abbandona quindi a se stessa”.

Poi aggiungeva:

Se molte e gravi sono state le colpe della Chiesa (…) la più grave di tutte sarebbe quella di accettare passivamente la propria liquidazione da parte di un potere che se la ride del Vangelo (…). Essa dovrebbe passare all’opposizione (…) contro un potere che l’ha così cinicamente abbandonata, progettando, senza tante storie, di ridurla a puro folclore. Dovrebbe negare se stessa per riconquistare i fedeli (o coloro che hanno un ‘nuovo’ bisogno di fede) che proprio per quello che essa è l’hanno abbandonata. Riprendendo una lotta che è peraltro nelle sue tradizioni (la lotta del Papato contro l’Impero) ma non per la conquista del potere, la Chiesaproseguiva Pasolini “potrebbe essere la guida, grandiosa ma non autoritaria, di tutti coloro che rifiutano (…) il nuovo potere consumistico che è completamente irreligioso, totalitario, violento; falsamente tollerante, anzi, più repressivo che mai; corruttore; degradante. (…) O fare questo o accettare un potere che non la vuole più: ossia suicidarsi”.

CHIESA ASSEDIATA

Pasolini dava il nome generico ed errato di “consumismo” a un “nemico” nuovo di cui non sapeva e non poteva descrivere i connotati: una nuova forma di capitalismo che esploderà poi con il crollo del comunismo e con la globalizzazione e che ha imposto deregulation economica e deregulation antropologica.

Intravide però il volto del “nuovo potere irreligioso e totalitario” che si mascherava dietro apparenze democratiche, progressiste e libertarie.

La Chiesa in realtà è stata, dopo gli anni Settanta, un alleato ancora prezioso dell’Occidente per abbattere il comunismo. È solo con gli anni Novanta che inizia la fase “prevista” da Pasolini. Ed è stato poi durante il pontificato di Benedetto XVI che la Chiesa si è trovata – per la prima volta da secoli – del tutto all’opposizione.

Papa Ratzinger ha tratteggiato i contenuti culturali di una razionale contestazione dell’ideologia dominante e dei poteri di questo mondo. Ma è stato solo un primo passo.

CHIESA MISSIONARIA

C’era il rischio dell’autoreferenzialità e Francesco ha chiesto di guardare il mondo non dalle proprie sacrestie, assediate dalla modernità percepita come nemica. Ma da fuori, dalla vita concreta degli uomini e dei popoli che – da questa modernità – sono stati travolti o sono ai margini o sono feriti nell’anima e nel corpo.

Così si è scoperto che quello di oggi è un mondo pieno di feriti e traumatizzati: da qui la metafora bergogliana della Chiesa come ospedale da campo o Buon Samaritano.

Dunque la Chiesa anzitutto ha il volto della misericordia, dell’amore. Ma non significa che essa ha abbandonato la sua natura profetica di denuncia di ciò che provoca ferite, dolore e morte.

Il libro del Papa “Contro la Guerra” (Solferino-Lev) che raccoglie il suo drammatico grido di questi mesi ne è un esempio. Anche questo grido esprime misericordia. Basta leggere le pagine in cui tuona contro lo scandalo del riarmo generalizzato che sottrare fiumi di risorse ai bisogni veri degli uomini e dei popoli e costringe l’umanità a stare incatenata sulla polveriera della possibile autodistruzione atomica.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 4 giugno 2021

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