Una proposta del governo approderà all’aula di Montecitorio la settimana prossima: chi presenta false dichiarazioni per regolarizzare le colf rischia da uno a sei anni di carcere. Ripeto: da uno a sei anni di carcere. Così poco? Ma perché non si commina direttamente la pena di morte?
Difficile dire se un’idea tanto magnanima e saggia sia dovuta alla straordinaria cultura liberale di qualche politico – passata inosservata al consiglio dei ministri e all’Istituto Leoni – o sia direttamente un effetto della calura estiva.

In un paese dove, se ammazzi qualcuno, puoi anche cavartela con cinque o sei anni di carcere ufficiali (scontandone un po’ meno) e se lo ammazzi in auto, per incoscienza, magari non fai neanche un giorno, ti si spalanca il cuore a pensare che invece il “criminale” che fa una falsa regolarizzazione per la badante viene chiuso sei anni in gattabuia. E perché non sottoporlo anche a qualche tortura?

Questo infatti è un paese dove chi sgarra paga e salatamente, dove tutti filano diritto come in una caserma, dove lo Stato funziona come un orologio a servizio dei cittadini, dove gli enti pubblici non sprecano un euro del contribuente e non trasgrediscono una norma, dove i diritti individuali sono sacrosanti, dove tutti i criminali finiscono in galera e lì rimangono (dagli stupratori, ai ladri ai terroristi), dove tutti rispettano le regole, dove non esistono mafie, né abusi, né corruzione, né evasione, dove le classi dirigenti non hanno privilegi e danno esempio di estremo rigore. Quindi è sacrosanto dichiarare guerra a questi terribili “delinquenti” che dichiarano il falso nel regolarizzare la badante. Loro sì che sono un pericolo pubblico.

Guai a loro. Il decreto infatti prevede anche altre “sacrosante” misure vessatorie, affinché le famiglie italiane perdano il vizio disdicevole di assumere colf e badanti. Dunque si prevede che per prendere una colf uno debba dimostrare di avere un reddito imponibile annuo non inferiore a 20 mila euro se single e non inferiore a 25 mila se si tratta di una famiglia (pare che i leghisti volessero addirittura un limite più alto).
Evidentemente nessuno ha pensato che una pensionata potrebbe avere meno di 20 mila euro di reddito imponibile, ma possedere risparmi di una vita da impiegare oppure figli o nipoti o amici che l’aiutano economicamente. Ed ecco allora questa ferrea proibizione dello Stato ad assumere una colf per chi non ha un reddito imponibile di 20 mila euro.

Ora, questa geniale pensata, che avrebbe deliziato i grandi autori classici del pensiero liberale, a quali giganti del pensiero è venuta in mente? Si immagina il loro sguardo penetrante nel momento in cui hanno partorito e formulato tale idea. Lo diciamo sul serio, non scherziamo. Infatti con questa trovata – che immaginiamo rientri nella lotta all’evasione fiscale – si aprono scenari fantastici, in un paese dove certi “nullatenenti” possiedono beni immensi, per risolvere un problema endemico: a questo punto, per motivi di equità, certamente si dovrà applicare la stessa misura a chiunque voglia fare una spesa di una qualche entità.
Per esempio, per comperare un Suv o anche una normale automobile, o una moto o un pacchetto vacanze all’estero, bisognerà prima dimostrare di avere un reddito non inferiore a 25 mila euro e sottoporsi ad adeguati controlli. Tanto più per acquistare case, barche e altri beni.
Vedremo schiere di “poveri” idraulici , di “bisognosi” gioiellieri, di “miseri” dentisti e altri simili “indigenti”, che magari denunciano al fisco 18 mila euro, i quali – ad ogni acquisto – saranno sottoposti a ferrei controlli per chiarire la provenienza dei loro soldi?

Dovrà certamente essere così. Non è possibile infatti che uno stato tanto occhiuto e vessatorio eserciti la sua sorveglianza e la repressione solo ed esclusivamente sull’assunzione delle colf da parte delle famiglie. Sarebbe ingiusto, persecutorio e forse perfino incostituzionale. Quindi dobbiamo aspettarci il pugno di ferro.

Certo, i primi segnali non vanno in questo senso. Infatti per una geniale scelta di comunicazione, il decreto che commina da uno a sei anni per chi fornisce documenti falsi nel regolarizzare la badante è stato presentato nello stesso giorno in cui si è illustrato anche lo “scudo fiscale” che permette ai furbetti e alle società che hanno esportato illegalmente capitali all’estero, di riportarli in Italia col semplice pagamento di un’ammenda. E’ in pratica una sanatoria per omessa o infedele dichiarazione.

A voler pensar male verrebbe quasi da sospettare che si usi il guanto di velluto e l’occhio di riguardo con i forti e potenti furboni e invece la mazza di ferro della galera con la gente comune che non appartiene a una casta o a una corporazione. Ma certamente il governo si darà da fare per spazzar via questo sospetto. Lo dico da elettore del centrodestra ed estimatore di questo esecutivo.

Da queste colonne ho elogiato l’azione eccellente di repressione delle mafie realizzata in questo anno dal governo (con l’ultimo colpo di maglio assestato l’altroieri sul clan dei casalesi).
E mi sono dispiaciuto che tali risultati eccezionali non siano stati adeguatamente pubblicizzati.
Sconcerta che poi lo stesso governo suoni la grancassa per pubblicizzare provvedimenti come quelli sulle colf, che solo qualche ingenuo può scambiare per lotta all’immigrazione clandestina e al lavoro nero.
Sono misure che piuttosto lottano contro il buon senso e la giustizia. E mancano di senso del ridicolo. Danno la sensazione che si continui con la solita vessazione dei semplici cittadini, mentre le varie caste fanno quello che vogliono. Il governo cambierà rotta. Anche per non costringere di nuovo il Capo dello Stato a fargli da “badante”.

Fonte: © Libero – 18 luglio 2009