“Napoleone Bonaparte, primo presidente della Repubblica italiana”. Il titolo a effetto che “Limes” fece il 10 maggio 2021 si riferisce alla “Repubblica Italiana” (dalla Lombardia fino alla Toscana) esistita fra il 1802 e il 1805.

Nel 1805 confluì nel Regno d’Italia e Napoleone da presidente divenne re, dopo essersi incoronato Imperatore dei francesi (1804). In entrambi i casi si trattò di stati vassalli della Francia. Un esordio molto umiliante per l’Italia, da colonia sottomessa agli stranieri (anche se la storiografia dominante vede negli stati preunitari l’inizio del Risorgimento).

FIORENTINO

Ma cos’era l’Italia per Napoleone? Perché volle esserne prima presidente e poi re? Ovviamente perché l’Italia era da secoli il cuore di tutto: della civiltà, della religione, dell’arte…. Inoltre Napoleone era molto orgoglioso delle sue origini familiari toscane.

Scriveva Limes: “Qualsiasi risposta non può prescindere dalle origini della famiglia Buonaparte, risalenti fino alla Firenze medioevale dilaniata dal conflitto fra guelfi e ghibellini. Nel XIII secolo un antenato di Napoleone, ghibellino, fu proscritto, costringendo la famiglia all’esilio a Sarzana e a San Miniato, dove rimase fino all’inizio del Cinquecento, quando Guglielmo Buonaparte emigrò in Corsica”.

Oriana Fallaci che in “Un cappello pieno di ciliegie” fa un racconto vivo e tumultuoso dello scontro, il 1° luglio 1796, in Piazza Pitti, a Firenze, fra Napoleone e la sua trisavola Caterina Zani (la coraggiosa popolana senese di cui Oriana era fierissima), sostiene che Napoleone rivendicasse con orgoglio le sue radici e riporta la voce secondo cui “a San Miniato al Tedesco, un paesino sulla strada per Pisa”, vivesse ancora, quando arrivò Napoleone, “un suo zio canonico”.

QUEL GESU’…

Ed ecco un altro mistero. Napoleone infatti – erede della Rivoluzione francese – perseguitò la Chiesa e il Papa. Ma nell’ultima fase della sua vita, nell’esilio sull’isola di S. Elena, si fece incalzante la sua riflessione sul senso della vita e sul mistero della figura di Gesù.

Un libro raccoglie i suoi pensieri, espressi in quei giorni a chi lo accompagnava (Editori Riuniti lo pubblicò anni fa col titolo “Conversazioni religiose”). Sono pagine impressionanti.

Un esempio. Al generale Bertrand, che vedeva in Gesù solo un grande uomo, Napoleone rispondeva: “Conosco gli uomini e vi dico che Gesù non è un uomo”. La somigliaza con i fondatori di imperi o di altre religioni “non esiste… c’è la distanza dell’infinito. In Licurgo, in Numa, in Maometto, non vedo che dei legislatori. Non ci trovo però nulla che nasconda la divinità ed essi stessi, del resto, non hanno mai alzato le loro pretese così in alto […]. La stessa cosa non si può dire di Cristo. Tutto di lui mi sorprende. Tra lui e qualsiasi altra persona al mondo non c’è possibilità di paragone […]. È veramente un essere a parte. Le sue idee, i suoi sentimenti, la verità che egli annuncia, la sua maniera di convincere, non si riescono a spiegare né con le istituzioni umane né con la natura delle cose. La sua nascita e la storia della sua vita, la profondità della sua dottrina che raggiunge davvero la vetta delle difficoltà e ne è la soluzione più ammirevole, il suo Vangelo, la singolarità di questo essere misterioso, la sua apparizione, il suo dominio, il suo cammino attraverso i secoli e i regni, tutto rappresenta per me un prodigio. È un mistero insondabile […]. Qui non vedo niente di umano… più guardo da vicino, tutto è al di sopra di me, tutto appare grande”.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 7 ottobre 2023

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