Il turismo è la versione laica dell’antico pellegrinaggio che aveva come meta Roma, luogo del martirio di san Pietro e san Paolo.

Ma il Grand Tour in Italia degli intellettuali europei e dei rampolli delle famiglie ricche e aristocratiche che, da tre secoli, ha avuto come meta le meraviglie artistiche del nostro Paese, ha finito egualmente per incontrare – dentro la bellezza – la religiosità cristiana del nostro popolo e dei nostri artisti.

Si parte per una passione estetica e s’incontra – a volte in un’esperienza estatica – il volto di Cristo, rappresentato in opere sublimi. Un capitolo particolare di questo fenomeno riguarda Piero della Francesca.

Attilio Brilli gli ha dedicato un libro insolito, La più bella pittura del mondo” (Aboca) partendo da questa constatazione: “Piero rappresenta il caso più unico che raro di un grande artista che ha mantenuto quale stabile punto di riferimento, e di ricorrente dimora, il paese nativo, e le cui opere più importanti sono ancora oggi comprese nell’ambito di un percorso breve e circoscritto che ha come baricentro Sansepolcro e come terminali Arezzo a ponente, Urbino e Rimini a levante. Muoversi lungo questo asse – noto a livello internazionale come The Piero della Francesca Trail – alla ricerca delle sue opere significa ricalcare i passi del pittore… Mentre non avrebbe alcun senso parlare di viaggio o di pellegrinaggio con riferimento a Raffaello, a Michelangelo, a Caravaggio, o a qualsiasi altro grande dell’arte, l’unico modo per conoscere Piero della Francesca è sempre stato quello di andarlo acercare nella sua terra, scoprirlo e ammirarlo nei luoghi nei quali e per i quali ha dipinto”.

Questo “pellegrinaggio” non solo permette di cogliere il legame profondodi Piero con i suoi paesaggi, con la storia e la spiritualità della sua terra, ma ci porta sui passi di tantissimi artisti che, sedotti dal mistero della sua pittura, già hanno percorso queste strade nel corso del tempo.

Il libro di Brilli ci fa rivedere Piero con gli occhi e le emozioni di poeti, pittori, filosofi, scrittori, intellettuali che, dopo aver intrapreso questo “pellegrinaggio”, sono rimasti “folgorati” dalle sue opere. In certi casi, attraverso di loro, scopriamo qualcosa di prezioso che ci era sfuggito.

Non è possibile qui citarli tutti. Da Aldous Huxley e Albert Camus a John Dos Passos e Patti Smith. E poi Iris Murdoch, Giorgio Bassani, Giuseppe Ungaretti, Piero Calamandrei, Mario Luzi, Fernando Botero, Carlos Fuentes, Balthus,
Julio Cortázar, Andrej Tarkovskij, Stendhal, Renato Guttuso, Dana Prescott e molti altri.

I DUE CAPOLAVORI

“Tornata alla luce dopo l’abbattimento di un’intercapedine protettiva sotto gli occhi di funzionari delle Belle Arti e di un ufficiale americano” scrive Brilli “la Madonna del parto diventa il simbolo della liberazione e del riscatto nazionale, mentre la Resurrezione di Sansepolcro appare a Derek Patmore, nell’immediato dopoguerra, l’emblema di un paese che risorge dalle rovine”.

Ma non solo. Nel 1944, con il drammatico passaggio del fronte, era accaduto un fatto emblematico. Il capitano Anthony Clarke, correndo un grande rischio personale, “decise di disubbidire all’ordine di bombardare” Sansepolcro, ha raccontato Salvatore Giannella in “Operazione salvataggio”, perché “ricordò di aver letto in un saggio di Aldous Huxley che proprio in questa cittadina si trovava la Resurrezione, ‘il più bel dipinto del mondo’”.

Così fu salvo il Borgo e il capolavoro. Un gioiello nel cuore della nostra identità.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 4 novembre 2022