La lettera dei cardinali al papa contro l’imbavagliamento del Sinodo e contro le tesi dei modernisti bergogliani è un fatto clamoroso, anche per l’autorevolezza delle firme. Ma quello che è accaduto poi per screditarla e mettere in ombra i suoi esplosivi contenuti, va raccontato.

Anzitutto si è fatta passare quella Lettera come il sintomo di un clima da congiura da parte dei cosiddetti “conservatori”, ovvero i cattolici.

Marco Tosatti, vaticanista serio e indipendente, ha giustamente notato che una lettera privata al papa, firmata con nomi e cognomi, è la cosa più trasparente, leale e coraggiosa che si sia vista di questi tempi in Vaticano (considerato che lo stesso Bergoglio – a parole – chiede franchezza).

E’ l’opposto esatto di una congiura. Ma – come dice Tosatti – “ha fornito un’occasione d’oro ai numerosi laudatores di gridare alla fronda e al complotto”.

Mentre si apprende – dal giornale tedesco Tagepost – che casomai, a proposito di cose nascoste, è papa Bergoglio a Santa Marta a fare un suo “Sinodo parallelo” e riservato per pilotare quello ufficiale.

L’elemento che ha scatenato la confusione è stata la smentita di quattro su tredici cardinali firmatari. Cosa è accaduto?

IL GIALLO DEI NOMI

Il cardinale Pell, uno dei firmatari, lunedì sera, tramite un portavoce, ha confermato che la lettera è stata sottoscritta da lui ed altri cardinali, ha aggiunto che era privata e non è stata diffusa da loro, inoltre ha spiegato che nel testo della lettera reso noto da Magister ci sono “errori sia nel contenuto che nella lista dei firmatari”.

Lunedì notte si apprende che la rivista dei gesuiti degli Stati Uniti, “America”, di orientamento progressista, conferma che la lettera è stata davvero firmata da tredici cardinali, tutti padri sinodali, e dà l’elenco con quattro nuovi nomi, quelli giusti, al posto dei quattro sbagliati che avevano smentito. Inoltre la rivista dei gesuiti accredita il testo pubblicato da Magister e così pure “La Naciòn” di Buenos Aires con un articolo di Elisabetta Piqué, la quale è biografa e amica personale di papa Bergoglio ed ha fonti molto attendibili.

Ieri sera dunque Magister ha firmato un nuovo articolo dove – citando queste autorevoli conferme – ribadisce che tredici sono i cardinali firmatari (ricostruisce l’elenco corretto, ma pare che uno si sia sfilato) e il testo è quello da lui pubblicato, anche se la lettera effettivamente consegnata al papa può “includere qualche minima variante. Di forma, non di sostanza”.

LA NOTIZIA

Col polverone mediatico che è stato sollevato si è fatto perdere di vista l’essenziale: l’eccezionalità di un documento firmato da autorevoli cardinali, in rappresentanza di molti padri sinodali, nel quale si demolisce l’Instrumentum laboris (quello dove Bergoglio aveva fatto inserire i punti che non erano stati approvati dal Sinodo del 2014 e che erano i più controversi).

Nella Lettera dei cardinali poi si criticano le nuove procedure che imbavagliano (e tentano di pilotare) il Sinodo in corso e si esprime preoccupazione perché la Commissione che deve stilare la “Relatio” finale non è stata eletta dai padri, ma nominata per intero da Bergoglio (tutte persone a lui gradite).

Inoltre la Lettera esprime la preoccupazione per un Sinodo che era stato convocato da Benedetto XVI in difesa della famiglia e poi è finito ad accapigliarsi sulla comunione ai divorziati risposati, cosa che, se fosse accettata, farebbe crollare tutta la dottrina del matrimonio e dei sacramenti.

A conclusione della lettera c’è anche un monito drammatico che – sia pure con linguaggio rispettoso – suona l’allarme dicendo che alla fine della strada intrapresa da Bergoglio, a imitazione delle chiese protestanti europee, c’è “il collasso” cioè la fine della Chiesa.

MAGGIORANZA CATTOLICA

Il cardinale Pell, nella dichiarazione dell’altroieri, ha dato altre due notizie importanti su quello che sta accadendo. La prima corrisponde esattamente a quanto domenica scrivevamo su queste colonne, ovvero che la linea Kasper (Bergoglio) è in minoranza.

Dice infatti Pell: “c’è grande accordo sulla maggior parte dei punti, ma ovviamente c’è qualche disaccordo perché una minoranza di elementi vuole cambiare l’insegnamento della Chiesa sulle dovute disposizioni necessarie per la ricezione della Comunione. Naturalmente non esiste una possibilità di cambiamento della dottrina”.

L’altra notizia data da Pell, sia pure in linguaggio felpato, è questa: “rimangono delle preoccupazioni fra i Padri sinodali circa la composizione del comitato di redazione della Relatio finalis e sul processo attraverso il quale sarà presentato ai padri sinodali e votata”.

La controversia adesso è tutta su questo. Il motivo è semplice, anche se non viene mai detto. L’intento, ormai chiaro, di Bergoglio è spingere il Sinodo verso le conclusioni che vuole lui per avere una qualche legittimazione a introdurre nella Chiesa le idee di Kasper, sia pure in forma camuffata, come ha introdotto il divorzio con il Motu proprio.
Per questo Bergoglio, nei giorni scorsi – scoprendo che il Sinodo è in maggioranza cattolico – ha incredibilmente messo in dubbio la “Relatio finalis” che pure stava scritta in tutti i programmi ufficiali come esito del Sinodo.

Visto lo sconcerto che ha suscitato il cambio delle regole a Sinodo in corso, l’altroieri, tramite padre Lombardi, ha fatto sapere che la “Relatio finalis” ci sarà, però deciderà Bergoglio cosa farne e se pubblicarla.

Si è poi appreso che probabilmente non sarà una “Relatio” analoga a quella degli altri Sinodi dove si votano le singole preposizioni, ma un testo vago da votare in blocco, prendere o lasciare.

Un modo per mettere con le spalle al muro la parte cattolica, facendo un generico riferimento alla “misericordia” che poi potrebbe essere interpretato come un via libera alla “rivoluzione”.

IL PAPA NON E’ DIO

In realtà bisognerebbe ricordare che – a meno che non voglia cadere in eresia e così decadere – nessun papa ha il potere di ribaltare la Legge di Dio e la dottrina cattolica.

Anzi, come fu spiegato da un autorevole cardinale al Sinodo del 2014, quegli argomenti su cui oggi si dibatte – essendo già stati solennemente definiti dalla Chiesa, sulla base delle Sacre Scritture – non potevano e non dovevano nemmeno essere messi in discussione.

Perché – contrariamente a ciò che molti credono – il papa non può fare ciò che vuole. Come affermò Benedetto XVI alla messa d’insediamento sulla Cathedra Romana, il 7 maggio 2005:

Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo. (…) Il Papa è consapevole di essere, nelle sue grandi decisioni, legato alla grande comunità della fede di tutti i tempi, alle interpretazioni vincolanti cresciute lungo il cammino pellegrinante della Chiesa. Così, il suo potere non sta al di sopra, ma è al servizio della Parola di Dio, e su di lui incombe la responsabilità di far sì che questa Parola continui a rimanere presente nella sua grandezza e a risuonare nella sua purezza, così che non venga fatta a pezzi dai continui cambiamenti delle mode”.

Questa è la retta interpretazione del “potere di sciogliere e di legare” che Cristo ha dato a Pietro, versetto evangelico che in questi giorni è stato impropriamente evocato dal partito bergogliano, quasi che permettesse al papa argentino di fare quello che vuole.

Il Venerabile Pio Brunone Lanteri, che pure era un grande difensore del papato, lo spiegava chiaramente in un suo libro: Mi si dirà che il S. Padre può tutto, quodcumque solveris, quodcumque ligaveris etc.’ è vero, ma non può niente contro la divina costituzione della Chiesa; è vicario di Dio, ma non è Dio, né può distruggere l’opera di Dio.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 14 ottobre 2014

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