Mussoloni

Marco Bellocchio, regista di “Vincere”, ha risposto a una domanda del Corriere.Tv sul parallelo, fatto da qualche giornale straniero, fra il ventennio fascista e l’epoca di Berlusconi. Dice Bellocchio: “Non mi sembra. Il paragone Mussolini-Berlusconi è un po’ forzato, però si sente in Italia un’atmosfera molto pesante di conformismo”.

Di certo il conformismo è sempre in agguato ed è da temere o da ridicolizzare quando diventa sciocco servilismo (in qualsiasi schieramento), ma – a leggere la stampa in questi giorni – occorre davvero molta fantasia per vedervi conformismo berlusconiano. Semmai sembra si sia tornati all’antiberlusconismo degli anni Novanta.
Inoltre Bellocchio dimentica il vero, soffocante conformismo che da decenni domina la cultura (cinematografia compresa): il conformismo di sinistra.
Il regista ne ha notizia? E cos’ha fatto lui, nei decenni, per combattere questo autentico “regime” ideologico?

Il coro

Giampaolo Pansa, nel suo ultimo libro, “Il revisionista”, rievoca un esempio di quel conformismo nel capitolo “I firmaioli”. Ricordando la “campagna di odio senza precedenti” contro il commissario Luigi Calabresi, spiega che essa “ebbe una bandiera del disonore: il manifesto contro di lui firmato da ottocento eccellenze”.
In effetti quel testo, pubblicato dall’Espresso il 13 giugno 1971, fu un “documento in cui il commissario Luigi Calabresi veniva definito un ‘commissario torturatore’ e il ‘responsabile della fine di Pinelli’ ” e fu firmato da ottocento intellettuali.
Ottocento! Pressoché tutti quelli che contavano.

Eccone alcuni: Norberto Bobbio, Federico Fellini, Bernardo Bertolucci, Pier Paolo Pasolini, Mario Soldati, Cesare Zavattini, Luigi Comencini, Carlo Lizzani, Gillo Pontecorvo, Nanni Loy, Vito Laterza, Eugenio Scalfari, Giorgio Bocca, Furio Colombo, Paolo Mieli, Carlo Rossella, Camilla Cederna, Tiziano Terzani, Andrea Barbato, Umberto Eco, Bruno Zevi, Franco Basaglia, Giulio Einaudi, Inge Feltrinelli, Gae Aulenti, Paolo Portoghesi, Renato Guttuso, Alberto Moravia, Toni Negri, Gian Carlo Pajetta, Umberto Terracini, Giorgio Amendola, Paolo Spriano, Giulio Carlo Argan, Lucio Villari, Margherita Hack, Fernanda Pivano, Luigi Nono, Dario Fo, Ugo Gregoretti, Paolo e Vittorio Taviani, Nello Ajello, Giuseppe Turani, Dacia Maraini, Natalino Sapegno, Alberto Bevilacqua.
E sono solo alcuni… Molti di loro, si è capito in seguito, neanche conoscevano bene i termini della questione. Ma firmando si accodarono a un clima che Pansa condanna con parole durissime.

Anticonformismo

L’elenco è a pagina 126 del famoso libro di Michele Brambilla, “L’eskimo in redazione” (edizione Oscar saggi Mondadori 1998).
Fra quegli 800 firmatari c’è pure, toh… il regista Marco Bellocchio. Proprio lui. In oceanica compagnia. Perché non fare una riflessione sul micidiale conformismo di quegli anni?
Brambilla commenta: “Non è difficile, leggendo questi nomi, immaginare come fossero monopolizzati in quegli anni la letteratura, l’arte, l’insegnamento della storia e della filosofia, il giornalismo e gli spettacoli”.
Eppure era possibile sottrarvisi, anche stando a sinistra. Pansa fu tra i pochissimi che si rifiutò di firmare sebbene “incalzato da colleghi”.
In quegli anni, ricorda, “tirava un’aria pessima a Milano. Un’aria che puzzava di faziosità spietata, di furibondo partito preso… se non ti accodavi alla maggioranza dei giornalisti che aggrediva Calabresi, qualche prezzo eri costretto a pagarlo”.
Non è questo il conformismo che ha ammorbato la vita culturale italiana e che ancora perdura?

Mortadella

Un aneddoto del mitico ‘68. L’ha raccontato Michele Placido (Magazine, 28/5). Era in corso l’occupazione dell’Accademia di arte drammatica. In assemblea “un giorno” riferisce Placido “proposi una pausa per un panino con la mortadella. Gianmaria Volonté mi fece cacciare: ‘Fate tacere quel fascista’ ”. Era questa “la meglio gioventù”?

Fonte: © Libero – 02 giugno 2009

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