Diceva Totò che ci sono le cose vere e quelle supposte. Spesso i media dimenticano le cose vere per usare le seconde – le (cose) supposte – contro i propri avversari politici.

E’ il caso dei “muri” , ovvero le barriere (rafforzate) di confine fra gli stati. I media sono interessati solo a due muri, quello che Donald Trump  vuole costruire sul confine messicano e quello che Matteo Salvini ha ipotizzato per la frontiera con la Slovenia.

Sono due muri che non esistono al momento, eppure sono al centro delle polemiche. Poi ci sono i muri veri, ma quelli non attirano l’attenzione dei media. Perché non si possono usare per propaganda.

Per esempio, si polemizza contro il muro che Trump vorrebbe costruire, tuttavia non si considera il muro, fra Usa e Messico, che è già stato costruito dai predecessori di Trump.

Forse perché fra loro c’è il democratico Bill Clinton ? O dispiace ricordare che fra i senatori che nel 2006 votarono per il rafforzamento di quel muro c’erano anche Hillary Clinton  e Barack Obama?

Elisabeth Vallet, docente di Geografia all’Università del Québec, a Montreal, ha fatto uno studio sui muri: sono circa settanta, più altri sette in preparazione. La prima sorpresa è questa: non si tratta perlopiù di muri dell’egoista Occidente ricco  per lasciare fuori i poveri, come Bergoglio va dicendo. Continua

Con il documento vaticano per il Sinodo sull’Amazzonia  il pontificato bergogliano ha il suo manifesto ufficiale di estrema sinistra. Da “socialismo surreale”.

Dopo Trump e Salvini anche il presidente brasiliano Bolsonaro è oggi fra i nemici: tutti e tre emblemi dell’odiato Occidente dei popoli di tradizione giudaico-cristiana che non rinnegano radici e identità.

Questo “Instrumentum laboris” vaticano – ha scritto José Antonio Ureta – rappresenta lo spalancamento totale delle porte del Magistero alla Teologia India e alla Ecoteologia, due derivati latinoamericani della Teologia della Liberazione, i cui corifei, dopo il crollo dell’URSS e il fallimento del ‘socialismo reale’, attribuirono ai popoli indigeni e alla natura il ruolo storico di forza rivoluzionaria, in chiave marxista”. Continua

Continua l’attivismo politico di Bergoglio. Mentre questo articolo andava in stampa, il vescovo argentino ha ricevuto il leader della Cgil Maurizio Landini  e i due – scrive “Repubblica” – “hanno condiviso i rischi di derive autoritarie”. Curiosa condivisione fra il leader del sindacato storicamente legato alla storia del Pci e il monarca assoluto di uno stato teocratico  (lo Stato Vaticano) che sarebbe tenuto a rispettare lo Stato italiano (che è uno stato democratico)  e a non interferire nella sua politica. 

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Lo sfrenato attivismo di papa Bergoglio e dei vertici episcopali (la Cei), nella campagna elettorale delle europee, aveva – com’è noto – un solo obiettivo: sconfiggere la Lega di Salvini.

Memorabili due titoli del Fatto quotidiano: “Il papa è la vera opposizione a Matteo Salvini” e “Cei: ‘Votate tutti tranne Salvini’ ”.

In particolare dal Vaticano e dalla Cei si è cercato di convogliare i voti dei cattolici sul PD, su Leu, su “Più Europa” di Emma Bonino  (per la coincidenza di idee su UE, migranti e altro) e pure sul M5S  da quando Di Maio decise di fare campagna elettorale contro Salvini (un cardinale aveva confidato al “Fatto” che in Vaticano ormai “i Cinque Stelle sono di casa”).

Com’è noto l’appoggio bergogliano ha portato questi partiti alla sconfitta (i cattolici hanno in gran parte votato Lega).

Ma è significativo che proprio da questi stessi partiti, appoggiati alle elezioni da Bergoglio e dalla Cei, partiti che hanno posizioni molto laiciste sui temi etici, provengano i parlamentari che adesso hanno presentato una mozione al Senato in cui si propone di dare un colpo durissimo alla Chiesa Cattolica. Continua

“Servire i poveri è nel Vangelo, non è comunismo”, ha detto ieri papa Bergoglio per rispondere ai suoi critici. Dimenticando di dire che il comunismo è stato il peggior nemico dei poveri. E dimenticando che nel Vangelo c’è scritto che anzitutto bisogna servire Dio.

Gesù non vara un partito, non si occupa di elezioni e di politica, ma del Regno dei Cieli. Dei poveri Cristo parla in modo diametralmente opposto a Marx e Lenin, che non a caso detestavano il cristianesimo. Il magistero bergogliano è confusionario e genera confusione.

Secondo una ricerca della Doxa negli ultimi cinque anni, che corrispondono al pontificato di Francesco, il numero di fedeli cattolici in Italia è crollato di quasi otto punti percentuali (il 7,7 per cento). Continua

Incurante dell’ennesima, cocente, sconfitta elettorale (o forse proprio per questo), con rabbiosa ostinazione, papa Bergoglio prosegue la sua campagna elettorale, come leader politico della Sinistra mondiale.

Infatti continua a ripetere le sue invettive in perfetta sintonia con tale parte politica. I siti di tutti i giornali ieri titolavano: “Il Papa in Romania: ‘Non cedere alle seduzioni di una cultura dell’odio’ ”.

Espressione volutamente vaga, tipica di chi lancia il sasso nascondendo la mano, però sapendo che – trattandosi di una parola d’ordine della Sinistra – verrà poi interpretata come accusa contro chi si oppone a un’emigrazione di massa e incontrollata (contro i Salvini, i Trump eccetera).

Ecco infatti cos’ha detto: c’è “un senso dilagante di paura che, spesso fomentato ad arte, porta ad atteggiamenti di chiusura e di odio. Abbiamo bisogno di aiutarci a non cedere alle seduzioni di una ‘cultura dell’odio’ “. Continua

Ormai sembrail bacio della morte. Tutto quello che Bergoglio tocca va in rovina. Nella Chiesa anzitutto (ed è evidente a tutti). Ma anche nella politica, che poi è la vera ossessione del gesuita argentino.

Alle presidenziali americane  si lanciò contro Trump (e a favore della Clinton) e Trump trionfò, mentre Hillary sprofondò. La stessa cosa è accaduta nelle presidenziali della sua Argentina e in quelle del Brasile. Due sconfitte brucianti per i candidati sostenuti da lui.

Eguale disastro alle consultazioni in Colombia. Fece fare poi opposizione alla Brexit e sappiamo come è finita. Ormai si dovrebbe sfuggirel’appoggio di Bergoglio come una condanna sicura.

In Italia ilPd  dal 2013 ha seguito Bergoglio nella sua linea migrazionista. Così il Vaticano nel 2016 appoggiò il referendum costituzionale di Renzi  e fu un tale disastro  che il governo dello stesso Renzi crollò. Poi, alle elezioni del 2018, la chiesa bergogliana sostenne il Pd contro Lega e centrodestra e il Pd uscì a pezzi, precipitando al minimo storico, con le dimissioni di Renzi dalla segreteria.

Alle elezioni europee del 2019, per fermare Salvini, il Vaticano ha instaurato un collegamento con il M5S, che è ultralaicista, ma a Bergoglio non importa: a lui interessava che Di Maio bombardasse quotidianamente Salvini. E Di Maio lo ha fatto. Un cardinaleaveva confidato al “Fatto quotidiano” che in Vaticano “i Cinque Stelle sono di casa”. Ebbene, anche per il M5S quello di Bergoglio è stato il bacio della morte: crollo e voti dimezzati.

Così queste elezioni europee ci hanno consegnato un vincitore, Matteo Salvini, e due sconfitti assoluti: il M5S e Giorgio Mario Bergoglio. E’ evidente a tutti perché Bergoglio, dimenticandosi il sacro ministero del Vicario di Cristo, in queste settimane si è buttato anima e corpo nella mischia politica lanciandosi in una campagna elettorale sfrenata contro Salvini. Continua

Si può criticare Matteo Salvini come tutti i politici. Ma oggi siamo davanti a una demonizzazione della persona mai vista prima. Salvini sembra l’ossessione collettiva delle élite. E’ una fissazione, specie sui media. Il partito della demonizzazione pare tarantolato dalla volontà di azzopparlo e scongiurare la vittoria della Lega.

Però quello che più sconcerta è che tale “partito della demonizzazione” (in certi casi si può parlare di “partito dell’odio” ) abbia individuato il suo leader morale e politico in un vescovo che dovrebbe occuparsi delle cose del Cielo, un vescovo che non è neanche italiano ed è a capo di uno Stato straniero, ovvero Giorgio Mario Bergoglio. Continua

Sul sito della Treccani è finito il micidiale soprannome che Beppe Grillo affibbiò a Mario MontiRigor Montis . L’“uomo del rigore” europeo-teutonico applicò all’Italia le ricette di Bruxelles e fu una mazzata pazzesca per il Paese.

Crollo del pil a meno 2,5 per cento e lunga recessione, crollo della produzione industriale, crescita della disoccupazione ed esplosione del debito pubblico (il rapporto debito/pil dal 119 per cento schizzò al 126,5 per cento) .

Con questi “successi” alle spalle Monti, pochi giorni fa, dalla Gruber, attaccava Salvini dicendo che “senza ottenere risultati i ducetti perdono voti”.

Appena gliene danno l’occasione il senatore a vita sale in cattedra e – con l’allegra spensieratezza che lo contraddistingue – annuncia all’Italia catastrofi orrende se non si darà ascolto alle sue favolose idee, come, per esempio, una bella tassa patrimoniale per spennare ancora di più i contribuenti. Ma questa è la sua idea di dieci giorni fa.

Nelle ultime ore, improvvisatosi profeta, ha preconizzato addirittura la guerra se alle prossime elezioni europee dovessero vincere i Salvini.

Il tutto per esorcizzare quel leader leghista che – secondo gli illuminati come Monti (e come Bergoglio) – sarebbe colui che alimenta la paura  e che investe sulla paura.

Questa della guerra (mondiale? Nucleare?) sembrerebbe solo una battuta mal riuscita. Ma Monti l’ha argomentata davvero come fosse una cosa seria: se vinceranno i cosiddetti sovranisti “effettivamentecambieranno le politiche europee  e potrà aggregarsi l’unico obiettivo comune dei paesi sovranisti, che è ridurre di molto i poteri e il ruolo della Unione europea . Questo è lo Scenario che considero il più sfavorevole per tutti. Perché supponendo che vadano alla grande ci sarà prima questa riduzione del ruolo della Unione europeae poi quando questo ruolo sarà stato eliminato, distrutto e raso al suolo, tornerà la guerra in Europa “.

Ha proseguito che in questo caso “tutte le bandiere nazionali una volta che saranno state issate per guidare una crociata anti Bruxelles, anti Unione europea” si rivolgeranno “l’una contro l’altra”.

Se volessimo discuterne seriamente potremmo ricordare a Monti che la riduzione dei poteri dell’Unione Europea non è affatto una sciagura. 

Anche se arrivassimo fino all’abolizione del Trattato di Maastricht (magari!) torneremmo alla Comunità economica europea che abbiamo avuto dal Trattato di Roma (1957) fino – appunto – a Maastricht (1992), quella Cee che accompagnò il più splendido periodo di prosperità della nostra storia e che rispettava le sovranità nazionali 

Che poi – nel nostro caso – significa la sovranità proclamata dall’articolo 1 della nostra Costituzione repubblicana (che il trattato di Maastricht contraddice in molti punti fondamentali).

Se ogni popolo torna pienamente sovrano nel suo Stato non significa affatto che farà la guerra agli altri popoli europei: è una baggianata contraddetta dalla storia europea dal 1945 al 1992 .

Ma è contraddetta anche dalla storia precedente, nella quale a scatenare le guerre non furono le nazioni sovrane e democratiche , ma proprio le pretese egemoniche e imperiali che si scatenarono contro la sovranità delle nazioni 

Qui il problema riguarda anzitutto Francia e Germania  infatti sono stati prima Napoleone e poi Hitler a pretendere di “unificare” l’Europa schiacciando con le armi le sovranità nazionali.

Giovanni Paolo II – che da polacco ben conosceva gli imperialismi totalitari – nel discorso all’Onu del 5 ottobre 1995 spiegò che il Secondo conflitto mondiale “venne combattuto proprio a causa di violazioni dei diritti delle nazioni . Molte di esse hanno tremendamente sofferto per la sola ragione di essere considerate ‘altre’. Crimini terribili furono commessi in nome di dottrine infauste, che predicavano l’‘inferiorità’ di alcune nazioni e culture ”.

Giovanni Paolo II, vero padre dell’Europa libera, ha sempre propugnato un’Europa del tutto diversa dalla UE: un’Europa dei popoli dall’Atlantico agli Urali, un’Europa che riconosce le proprie radici cristiane e umanistiche, perché ha un’identità e non vuole diventare l’Eurabia o il dominio della tecnocrazia di Bruxelles .

L’Europa di Monti invece è quella della Bonino e di Bergoglio , è l’Europa della tecnocrazia, del migrazionismo di massa e del politicamente corretto, l’Europa di Maastricht che impoverisce i popoli e ne schiaccia le economie, le identità e le sovranità .

Dicevo che l’Europa di sovranisti, come sono (da noi) Lega e Fratelli d’Italia, sembra invece ispirarsi proprio a Giovanni Paolo II . E’ lui che nel suo storico pellegrinaggio in Polonia, 1979, affermò che “non si può comprendere l’uomo fuori da questa comunità che è la nazione” .  

Per questo incitò i giovani polacchi ad amare la cultura e la storia della propria nazione (“Restate fedeli a questo patrimonio! Conservate e accrescete questo patrimonio, trasmettetelo alle generazioni future”). E parlando alle vittime dei lager nazistiaffermò che “la fedeltà all’identità nazionale possiede anche un valore religioso”.

Nel suo storico discorso all’Onu del 5 ottobre 1995 ricordò che l’Onu  era nata proprio con “l’impegno morale di difendere ogni nazione e cultura da aggressioni ingiuste e violente”. 

Così il Papa mise in guardia dalla globalizzazione  che allora stava sviluppandosi e che, appiattendo tutto, suscitava nei popoli “un bisogno prorompente di identità e di sopravvivenza , una sorta di contrappeso alle tendenze omologanti. E’ un dato che non va sottovalutato, quasi fosse semplice residuo del passato” .

Oggi le parole “nazione” e “patria” vengono demonizzate dagli euristi, ma proprio papa Wojtyla in quell’occasione spiegò che il “termine ‘nazione’ , evoca il ‘nascere’, mentre, additato col termine ‘patria’ (fatherland), richiama la realtà della stessa famiglia” ed è “su questo fondamento antropologico che poggiano anche i ‘diritti delle nazioni’ , che altro non sono se non i ‘diritti umani’ colti a questo specifico livello della vita comunitaria” .

Concluse: “Presupposto degli altri diritti di una nazione è certamente il suo diritto all’esistenza: nessuno, dunque – né uno Stato, né un’altra nazione, né un’organizzazione internazionale – è mai legittimato a ritenere che una singola nazione non sia degna di esistere”.

Si possono realizzare forme di aggregazione giuridica tra differenti Stati , ma è necessario – aggiunse – “che ciò avvenga inun clima di vera libertà , garantita dall’esercizio dell’autodeterminazione dei popoli.

Quello che è accaduto dopo Maastricht, con l’Unione Europea, va in direzione opposta. E’ di nuovo una tentazione imperiale, ma realizzata con la moneta anziché con i carri armati

Infatti è costato ai popoli (specialmente all’Italia) quanto una guerra perduta . Proprio i disastrosi risultati del governo Monti – che applicò all’Italia le ricette di Bruxelles – dovrebbero far riflettere.

Antonio Socci

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Da “Libero”, 12 maggio 2019 

 

Ma almeno nella Settimana Santa potrebbero parlarci di Gesù Cristo? O chiediamo troppo al Vaticano e a Bergoglio?

Non so se oltretevere ci siano ancora cattolici (a parte Benedetto XVI e pochi altri), ma in fin dei conti la ragion d’essere della Chiesa è solo questa e la gente comune ha un desiderio infinito di ascoltare uomini di Dio che parlano di Gesù, del senso della vita e dell’eternità. 

Per discettare di clima e ambiente c’è già Greta Thunberg con i suoi seguaci, non c’è bisogno di Bergoglio che, se ci credesse, metterebbe in guardia dalle fiamme dell’Inferno più che dal riscaldamento globale

Possibile che nella Chiesa sia stata completamente spazzata via la Passione di Cristo che si consegna al massacro per amore nostro, che “si svenerà per voi” come recita un antico canto polifonico, e che risorge, sconfiggendo il male e la morte, aprendo così agli uomini la vita eterna? Quante volte sentite Bergoglio parlare di resurrezione, di eternità, di Inferno, Purgatorio e Paradiso?

Da quando è iniziata la sua stravagante epoca sudamericana (alla messa d’inaugurazione parlò di ambiente), Gesù è diventato il Grande Misconosciuto, ma ancora di più il silenzio assoluto ha riguardato la vita eterna e il mistero di Dio.

Gesù viene ancora, saltuariamente, rammentato, ma solo come pretesto per parlare di migranti. A Natale ci hanno raccontato che Gesù era migrante (anche se non è affatto vero), così – invece della nascita del Figlio di Dio – sono stati celebrati i barconi.

Nella Settimana Santa ecco di nuovo il pretesto della Passione di Cristo per parlare – come al solito – di migranti. Il card. Bassetti, bergogliano presidente della Cei, perfino nella liturgia del giovedì santo ha voluto ripetere le solite baggianate farlocche (“I migranti non sono un problema, sono una risorsa”).

Nella Via Crucis del Colosseo, quella con la presenza di Bergoglio, c’informa “Repubblica”, le diverse “meditazioni contestano porti chiusi e lager dei migranti”.

È chiaro che nella Passione di Cristo è compreso tutto il dolore degli uomini, ma anzitutto, almeno di Venerdì Santo, si dovrebbe parlare di lui, perché per parlare di migranti Bergoglio usa già gli altri 364 giorni dell’anno.

Se poi vogliamo proprio parlare di atrocità ci sarebbero le sofferenze dei cristiani perseguitati che però il Vaticano di Bergoglio non ama considerare perché i persecutori sono spesso i regimi dei “fratelli” islamici o quelli comunisti come la Cina che Bergoglio vuole compiacere ad ogni costo (gli ha praticamente consegnato la Chiesa cinese).

Oppure ci sarebbe da parlare dell’attacco alla vita, a cominciare da quella dei “non nati” (molti milioni ogni anno), ma questo non è un tema politicamente corretto, quindi il Vaticano se ne guarda.

D’altronde la questione migranti è del tutto fuori tempo, perché oggi – chi ha a cuore la loro vita – dovrebbe solo rallegrarsi per la fine delle stragi in mare. Tuttavia non lo fa per non riconoscere i meriti del ministro dell’Interno.

La Chiesa africana considera una sciagura  la partenza di tante energie giovani verso l’Europa. Come ha spiegato il card. Robert Sarah, africano: La Chiesa non può collaborare con la nuova forma di schiavismo che è diventata la migrazione di massaSe l’Occidente continua per questa via funesta esiste un grande rischio – a causa della denatalità – che esso scompaia, invaso dagli stranieri, come Roma fu invasa dai barbari. Parlo da africano. Il mio paese è in maggioranza musulmano. Credo di sapere di cosa parlo”.

Il cardinale ha anche aggiunto:Come un albero, ciascuno ha il suo suolo, il suo ambiente in cui può crescere perfettamente. Meglio aiutare le persone a realizzarsi nelle loro culture piuttosto che incoraggiarle a venire in un’Europa in piena decadenza. È una falsa esegesi quella che utilizza la Parola di Dio per valorizzare la migrazione. Dio non ha mai voluto questi strappi”.

Proprio il card. Sarah, grande uomo di Dio, ha spiegato mille volte che la più grande carità verso gli uomini è donare loro Dio, l’annuncio cristiano, ed è questo il compito della Chiesa.

Ma la chiesa progressista ha accantonato Dio e si occupa solo di politica, schiacciata sui temi della Sinistra. Bergoglio è in campagna elettorale permanente

Sui giornali clericali sono spariti i “principi non negoziabili” e la politica “progressista” dilaga. Il giovedì santo, sulla prima pagina di “Avvenire”, giornale della Cei, campeggiava una grande pubblicità dell’ultimo libro del gesuita padre Bartolomeo Sorge (è tornato anche lui in questo revival degli anni Settanta). S’intitola: “Perché il populismo fa male al popolo”.

Capito? Mica spiega che il laicismo  o il relativismo fanno male al popolo, mica ci mette in guardia dal politically correct, mica tuona contro l’islamismo o contro il comunismo  (c’è ancora, nella Cina che sta conquistando il mondo). 

No, il pericolo pubblico è rappresentato dal fantomatico “populismo”. Sono ancora fermi alla copertina di “Famiglia cristiana” con Salvini nei panni del diavolo.

La cancellazione di Dio dalla scena pubblica, di cui ha drammaticamente parlato Benedetto XVI nel suo ultimo intervento, sta avvenendo anzitutto ad opera di coloro che – per mestiere, se non per missione – dovrebbero parlare al mondo di Cristo e dell’eternità.

Lo ha detto con dolore lo stesso papa Benedetto: “Anche noi cristiani e sacerdoti preferiamo non parlare di Dio… Dio è divenuto fatto privato di una minoranza”.

Eppure gli uomini hanno uno struggente bisogno di ritrovare il senso della vita, di vedere una salvezza e guardano alla Chiesa come nei giorni scorsi, commossi, durante l’incendio della grande cattedrale di Notre Dame. 

C’è fame e sete di Dio, ma chi dovrebbe sfamare e dissetare l’umanità è tarantolato dalla politica, dal fanatismo ambientalista e migrazionista e ha dimenticato Dio.

Eppure nulla come il volto di Cristo arriva al cuore. Come scriveva George Bernanos“Verrà un giorno in cui gli uomini non potranno pronunciare il nome di Gesù senza piangere”

Siamo molto vicini a quel giorno.

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Antonio Socci

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Da “Libero”, 20 aprile 2019

A chi si è addormentato con le chiacchiere monotone e “politicamente corrette” delle élite clericali che lisciano il pelo ai salotti delle ideologie dominanti, il nuovo libro del card. Robert Sarah provocherà uno choc.

E’ sulla linea del magistero di Benedetto XVI e di Giovanni Paolo II non solo sui temi dottrinali, ma anche sulle questioni sociali del presente.

Il cardinale africano giganteggia nella Chiesa attuale per la sua autorevolezza, la sua spiritualità, per il suo distacco dalle lotte curiali e per la sua coraggiosa voce di verità.

Del resto già da giovane vescovo in Guinea  entrò in urto col regime socialista, cioè “con Sekou Touré sempre più inferocito contro questo nuovo pastore indomito difensore della fede. Dopo la morte improvvisa del tiranno, nel 1984, scopriranno che Sarah era il primo sulla lista dei nemici”  (Sandro Magister).

Specialmente sul tema dell’emigrazione  lui, africano proveniente da un villaggio poverissimo, è totalmente controcorrente rispetto al clericalismo di sinistra

Mette in guardia dalla “barbarie islamista” (come dalla barbarie materialista), appoggia i paesi di Visegrad che difendono le loro identità nazionali e boccia il Global Compact sulle migrazioni.

Ormai – dice –“ci sono molti paesi che vanno in questa direzione e ciò dovrebbe indurci a riflettere. Tutti i migranti che arrivano in Europa vengono stipati, senza lavoro, senza dignità… È questo ciò che vuole la Chiesa? La Chiesa non può collaborare con la nuova forma di schiavismo che è diventata la migrazione di massaSe l’Occidente continua per questa via funesta esiste un grande rischio – a causa della denatalità – che esso scompaia, invaso dagli stranieri, come Roma fu invasa dai barbari. Parlo da africano. Il mio paese è in maggioranza musulmano. Credo di sapere di cosa parlo”.

Così, in un’intervista a “Valeurs Actuelles” , ha presentato il suo nuovo libro, appena uscito in Francia (in italiano arriverà a fine estate), che s’intitola Le soir approche et déjà le jour baisse” , titolo che richiama il passo del Vangelo sui pellegrini di Emmaus.

E’ un grido d’allarme sulla Chiesa, sull’Europa e sulla sua Africa che ritiene danneggiata dall’ondata migratoria: “C’è una grande illusione che consiste nel far credere alla gente che i confini saranno aboliti. Gli uomini si assumono rischi incredibili. Il prezzo da pagare è pesante. L’Occidente è presentato agli africani come il paradiso terrestre(…). Ma come si può accettare che i paesi siano privati ​​di così tanti loro figli? Come si svilupperanno queste nazioni se così tanti loro lavoratori sceglieranno l’esilio?” 

Il prelato si chiede quali sono le strane organizzazioni “che attraversano l’Africa per spingere i giovani a fuggire promettendo loro una vita migliore in Europa? Perché la morte, la schiavitù e lo sfruttamento sono così spesso il vero risultato dei viaggi dei miei fratelli africani verso un eldorado sognato? Sono disgustato da queste storie. Le filiere mafiose dei trafficanti devono essere sradicatecon la massima fermezza. Ma curiosamente restano del tutto impunite”. 

Non si può far nulla? Il prelato cita “il generale Gomart, ex capo dell’intelligence militare francese”, il quale di recente ha spiegato: “Questa invasione dell’Europa da parte dei migranti è programmata, controllata e accettata […] Niente del traffico migratorio nel Mediterraneo è ignorato dalle autorità francesi, militari e civili”.  

Sarah si dice traumatizzato da quello che è accaduto negli anni scorsi: “La barbarie non può durare più. L’unica soluzione duratura è lo sviluppo economico in Africa. L’Europa non deve diventare la tomba dell’Africa”. Perciò “si deve fare tutto affinché gli uomini possano rimanere nei paesi in cui sono nati”

Così il cardinale si schiera purecontro il Global Compact che invece è sostenuto da Bergoglio: “Questo testo ci promette migrazioni sicure, ordinate e regolari. Ho paura che produrrà esattamente il contrario. Perché i popoli degli Stati che hanno firmato il testo non sono stati consultati? Le élite globaliste hanno paura della risposta della democrazia ai flussi migratori?”.

Sarah ricorda che hanno rifiutato di firmare questo patto paesi come Stati Uniti, Italia, Australia, Polonia e molti altri. 

Poi il cardinale critica il Vaticano che lo appoggia: “sono stupito che la Santa Sede non sia intervenuta per cambiare e completare questo testo, che mi sembra gravemente inadeguato”. 

E boccia le élite europee: “Sembra che le tecnostrutture europee si rallegrino dei flussi migratori o li incoraggino. Esse non ragionano che in termini economici: hanno bisogno di lavoratori che possano essere pagati poco. Esse ignorano l’identità e la cultura di ogni popolo. Basta vedere il disprezzo  che ostentano per il governo polacco”. 

Alla fine di questa strada – avverte Sarah – c’è solo l’autodistruzione. Secondo il cardinale si è approfittato della pur giusta lotta “contro tutte le forme di discriminazione” per imporre l’utopia della “scomparsa delle patrie”. Ma questo “non è un progresso”

Il multiculturalismo non va confuso con la carità universale: “La carità non è un rinnegamento di sé. Essa consiste nell’offrire all’altro ciò che di meglio si ha e quello che si è. Ora, ciò che di meglio l’Europa ha da offrire al mondo è la sua identità, la sua civiltà profondamente irrigata di cristianesimo”. 

Invece, secondo il cardinale, l’attuale globalizzazione “porta a un’omologazione dell’umanità, mira a tagliare all’uomo le sue radici, la sua religione, la sua cultura, la storia, i costumi e gli antenati. Così diventa apolide, senza patria, senza terra. È a casa dappertutto e da nessuna parte”.

Perciò il prelato spezza una lancia a favore dei paesi cosiddetti sovranisti: “I paesi, come quelli del gruppo di Visegrád, che si rifiutano di perdersi in questa pazza corsa sono stigmatizzati, a volte persino insultati. La globalizzazione diventa una prescrizione medica obbligatoria. Il mondo-patria è un continuum liquido, uno spazio senza identità, una terra senza storia”.

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Antonio Socci

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Da “Libero”, 7 aprile 2019