I media che hanno celebrato, con centinaia di articoli, Carola Rackete come grande filantropa e benemerita dell’umanità, arrivando addirittura a proporla per il premio Nobel, neanche si sono accorti dell’improvvisa scomparsa, in queste ore, di Paola Bonzi. Perlopiù non sanno nemmeno chi era.

E’ ovvio, perché questa donna umile e cordiale, che aveva perso la vista all’età di venti anni, in 35 anni ha salvato migliaia di vite umane, quelle dei bambini non ancora nati (e le loro mamme), e non faceva le battaglia politiche che piacciono ai padroni del vapore.

Paola Bonzi ha donato tutta la sua vita ai più dimenticati. Instancabilmente, dal 1984 a ieri, ha aiutato 22.702 mamme in difficoltà, in procinto di abortire (o tentate dall’aborto), a superare i problemi e a far nascere i loro bimbi. Così, grazie all’aiuto del suo Centro di aiuto alla vita della Clinica Mangiagalli di Milano, sono nati 22.702 bambini, alcuni dei quali oggi sono trentenni.

Lei aveva fatto del Cav una casa dove accogliere affettuosamente tante ragazze sole e indecise, per i più diversi motivi, se far andare avanti la gravidanza. Lì trovavano l’abbraccio di una madre, l’ascolto (a volte storie “da brivido”), la sua comprensione, il suo affetto e il suo aiuto instancabile che offriva ospitalità e sostegno umano ed economico. E’ bastato a migliaia di donne per decidere di far nascere i figli che avevano in grembo.

Lei desiderava con tutto il cuore “ridare il sorriso alle mamme” e donare al mondo il sorriso di tanti bambini. Per lei, che non aveva la vista questa era la luce.

“Sai” mi spiegava “io non ho mai conosciuto una mamma che si sia pentita di non aver abortito”.  Milano si accorse di lei e dell’immensità della sua opera silenziosa qualche anno fa, assegnandole nel 2013 l’Ambrogino d’oro, che è la più prestigiosa benemerenza civica milanese.Ma il resto d’Italia pochissimo ne sa.

Eppure è stata una grande donna di cui tutto il paese dovrebbe essere fiero. Nel 2015, mentre c’era chi proponeva Gino Strada  o il nome di una donna – come la solita Emma Bonino – per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, su queste colonne, io provocatoriamente proposi proprio il nome di Paola Bonzi. Ma ovviamente sapevo che lei era “solo” una santa ed era indigeribile per il sistema mediatico e per l’establishment.

Una figura come la sua è indigeribile pure per l’attuale chiesa bergogliana che, dell’establishment mondano (e del sistema mediatico), è l’appendice clericale.

Infatti Bergoglio, nel febbraio 2016, indicò (appunto) la Bonino e Napolitano “tra i grandi dell’Italia di oggi”, non certo Paola Bonzi. Ed è la Bonino che Bergoglio diverse volte ha accolto e salutato con affetto in Vaticano (titolo di un magazine del novembre 2016: “Il Papa rivede l’amica Emma Bonino”).

Paola Bonzi invece era stata ricevuta e benedetta da Giovanni Paolo II al cui magistero si ispirava il Centro di aiuto alla vita. Come al magistero di sempre della Chiesa.

Bergoglio è un’altra cosa, non c’entra nulla con la storia e la tradizione cattolica.Lui non indica come esempio i santi(e Paola Bonzi lo era davvero come lo era Chiara Corbella, come lo era Madre Teresa). Bergoglio non parla di persone così. Indica piuttosto come esempio le star del circo mediatico, quelle incensate da tutti i media laicisti e dall’establishment.

L’altroieri, per esempio, in una lunga intervista alla “Stampa” (un’intervista tutta politica contro i “sovranisti”, con cui apre la sua campagna elettorale) Bergoglio –dopo aver elogiato la donna appena giunta alla guida della Commissione europea (la tedesca Ursula von der Leyen)ha indicato come esempio positivo da seguire Greta Thunberg.

In quella lunghissima intervista, che ha occupato due pagine della “Stampa”, non solo mancavano i nomi dei santi come esempi da imitare, ma non c’era nemmeno il nome di Gesù Cristo. Neanche un richiamo a Dio.

Tutto e solo politica. Un’intervista di esaltazione della globalizzazione, dell’establishment dell’Unione Europea (soprattutto della guida tedesca della UE) e di denigrazione dei popoli che cercano di restare liberi e indipendenti. Con la solita solfa bergogliana sull’immigrazione.

In questo dominio del “pensiero unico”, propalato dalle grandi organizzazioni internazionali, non c’è posto per il dramma che Paola Bonzi ha affrontato quotidianamente per anni, quello dei più piccoli e indifesi (ogni anno nel mondo vengono fatti decine di milioni di aborti).

Anzi, quando si parla di aborto tutta la grancassa planetaria degli “umanitari” sparisce, o sta dall’altra parte.Loro predicano ogni giorno l’accoglienza, ma solo verso i migranti (è la loro battaglia politica e ideologica).

Paola Bonzi, con pochissimi mezzi e pochi volontari, ha dedicato la vita ad accogliere i più piccoli e indifesi (i veri “ultimi” del mondo), e le madri che li portano nel grembo.

È stata una testimone della dignità e della sacralità della vita umana. Una grande italiana. Simbolo di un Paese che i media non raccontano, ma che c’è e non si lascia spazzar via.

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Antonio Socci

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Da “Libero”, 11 agosto 2019

 

 

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