“TU SCENDI DALLE STELLE” E SANT’ALFONSO. QUELLO CHE GRAMSCI CAPI’ E QUELLO CHE NON CAPI’ (L’INCARNAZIONE)
“È Tu scendi dalla stelle il più antico canto popolare italiano ancora in uso. Ed è il più antico non solo tra quelli religiosi. Composto intorno alla metà del Settecento dal missionario napoletano Alfonso de Liguori(1696-1787), questo canto natalizio risuona tutt’oggi nelle chiese”.
Così scrive Angelomichele De Spirito che al santo ha dedicato diversi saggi e il libro “Alfonso De Liguori vescovo a forza e moralista geniale”(Studium).
IL RITRATTO DI BENEDETTO CROCE
Di Sant’Alfonso, che fu vescovo, teologo ed è stato dichiarato dottore della Chiesa per le sue opere di ascetica e di morale, scrisse Benedetto Crocericordando che il Liguori incontrò “diffidenze e ostacoli presso la società colta e progressista di Napoli, e anche presso gli uomini del governo, e perfino presso i sovrani”.
Andava a predicare in piazza sant’Agnello e stavano ad ascoltarlo – scrive Croce – “lazzari, muratori, barbieri, falegnami, saponari ossia cenciaiuoli, e altrettali”. Poi la sera cominciò a raccogliere ragazzi e popolani per pregare, giocare e stare in comunità. In seguito allargò la sua missione alle campagne, fra i contadini.
Pur essendo un grande teologo capì che era più facile arrivare al cuore del popolo con la poesia e le laudi che con i sermoni e i trattati. Si oppose– a livello ecclesiale – al rigorismo giansenista, raccomandando indulgenza in confessionale, e alimentò nel popolo la fiducia nella misericordia divina e nella protezione della Madre di Dio. Una sua poesia napoletana comincia così:
Curri, curri, Mamma mia,
Curri priesto e non tardà!
Ca lo serpe (arrasso sia!)
Già me vole mozzecà.
Manco l’aggio visto tutto,
E me fa cossì tremà:
Mamma, Mamma, comme è brutto!
Camme corre nsanetà!
Io non pozzo e benco meno
E non saccio come fà;
Mò me jetta lo beleno:
Mamma mia, fa priesto, fa.
DA VICO A GRAMSCI
Il De Spirito accosta queste composizioni alle poesie religiose diGiambattista Vico che il giovane Alfonso, da studente, conobbe come professore, nell’esame di ammissione alla Facoltà di Diritto. Cita ad esempio questo sonetto di Vico per l’Immacolata:
Io miser uomo sospirando chiamo
Te, Vergin santa, immacolata e pura,
Insino al fin mi sii scorta sicura
Nel fido porto ch’io sospiro e bramo.
Tu sola fosti il benedetto ramo
Di quanti mai l’umana, egra natura
Germogliò al mondo carchi di sciagura,
Che vi produsse il comun germe, Adamo.
L’universal naufragio tutte assorte
Avea le genti sparse per la terra,
Ch’erano nel peccato ingenerate:
Tu, tra tutte le donne al mondo nate
Ottenesti da Lui che mai non erra
Ristoro e scampo da sì trista sorte.
Analoghe somiglianze il De Spirito scorge con poesie religiose di Ludovico Antonio Muratori (di entrambi S. Alfonso lesse e apprezzò le opere).
Dalla storia cattolica di quei secoli, Antonio Gramsci trasse, laicizzata, l’idea di “intellettuale organico”. Secondo lui la forza della Chiesa sta nel sentire “la necessità dell’unione intellettuale di tutta la massa ‘religiosa’” lottando “perché gli strati intellettualmente superiori non si stacchino da quelli inferiori. La chiesa romana è stata sempre la più tenace nella lotta per impedire che ‘ufficialmente’ si formino due religioni, quella degli ‘intellettuali’ e quella delle ‘anime semplici’. (…) Risalta la capacità organizzatrice nella sfera della cultura del clero e il rapporto astrattamente razionale e giusto che nella sua cerchia la chiesa ha saputo stabilire tra intellettuali e semplici”.
Ma Gramsci non comprese il perché.
Antonio Socci
Da “Libero”, 9 dicembre 2023