C’è tutto attorno all’umile storia d’amore di Renzo e Lucia: il dramma di un popolo oppresso dagli stranieri, la tragedia di una devastante epidemia, l’arbitrio criminale e la giustizia divina, la viltà e l’eroismo, la colpa e la misericordia.

Avvolto in una narrazione maestosa da cui traspare uno sguardo dall’alto di ironia bonaria come la compassione di un Padre.

È ora di riscoprire I Promessi sposi. È l’epopea di un popolo umiliato, ma che alla fine ce la fa. È il capolavoro letterario dell’Italia moderna, ma evidentemente troppo cattolico per l’ideologia dominante (dal ’68 in avanti). Del resto tornare ai classici serve a vincere la follia dei tempi.

Lietta Tornabuoni scriveva già nel 1992: “Nell’involgarimento della società italiana, nella degradazione, riduzione  e sommarietà della lingua italiana anche quando viene usata dalle persone colte, nella perdita di identità italiana già percepibile e immaginabile ancora più accentuata con l’unione europea, il primo compito degli artisti e degli intellettuali è oggi quello di salvaguardare la grande tradizione italiana (…) dando pure occasione di manifestarsi alla grande bellezza dei classici, espressione di alta civiltà in un universo sempre più feroce, angusto e cialtrone”.

Antonio Socci

Da “Libero”, 20 dicembre 2024