UNA SETTIMANA CON LEONE XIV CHE INVITA ALLA BELLEZZA E ALL’UMANITA’: UN OCCIDENTE CHE RITROVA “IL PRIMATO DI DIO… LO STUPORE PER LA GRANDEZZA DIVINA CHE ABBRACCIA LA PICCOLEZZA UMANA”. BASTA CON LA GUERRA: “I NEMICI SI INCONTRINO E SI GUARDINO NEGLI OCCHI…GLI ALTRI NON SONO NEMICI, MA ESSERI UMANI, NON CATTIVI DA ODIARE, MA PERSONE CON CUI PARLARE”
In meno di una settimana il pontificato di Leone XIV ha già assunto connotati precisi, che non piaceranno a chi pensava di trasformare la Chiesa Cattolica in una costola del Pd o nel salotto (ir)religioso di Repubblica.
I cattolici sono rimasti affascinati dal nuovo Papa. Dopo anni “rivoluzionari”, molti fedeli si sono commossi fin dal suo primo affacciarsi sul balcone di San Pietro, quando il Santo Padre si è presentato, sorridente, con i paramenti da Pontefice, con il saluto di Cristo risorto e parole di consolazione: “Dio ci vuole bene, Dio vi ama tutti, e il male non prevarrà! Siamo tutti nelle mani di Dio.Pertanto, senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi andiamo avanti! Siamo discepoli di Cristo”.
Ogni giorno, in ciascun intervento, Leone XIV, che ha uno stile gentile e cordiale, ma sicuro, riporta la Chiesa alla sua millenaria tradizione spirituale.
Lo fa anzitutto concentrandosi sul suo ministero di Vicario di Cristo e Pastore della Chiesa universale: sottolinea la centralità di Gesù “unico Salvatore”, chiede il sostegno del collegio cardinalizio per la sua missione, prega sulle tombe dei suoi predecessori, va in pellegrinaggio a un santuario mariano, visita i confratelli agostiniani, chiede ai cristiani di pregare e impegnarsi per le vocazioni religiose, dà la benedizione papale ai giornalisti, scrive al Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, per “continuare e rafforzare il dialogo e la cooperazione della Chiesa con il popolo ebraico” (dopo recenti tensioni), infine accoglie a Roma le Chiese orientali, per il loro Giubileo, con accenti di profonda spiritualità e un abbraccio di compassione: “Chi, più di voi, può cantare parole di speranza nell’abisso della violenza? Chi più di voi, che conoscete da vicino gli orrori della guerra, tanto che Papa Francesco chiamò le vostre Chiese ‘martiriali’? È vero: dalla Terra Santa all’Ucraina, dal Libano alla Siria, dal Medio Oriente al Tigray e al Caucaso, quanta violenza! E su tutto questo orrore, sui massacri di tante giovani vite (…), si staglia un appello: non tanto quello del Papa, ma di Cristo, che ripete: ‘Pace a voi!’”.
Il Papa non concede nulla alla retorica dello scontro. Non si sottomette alla narrazione bellicista che – per l’Ucraina – è stata dominante: ieri con Biden e oggi con Von der Leyen e i “volenterosi”.
Il Papa non accetta demonizzazioni, ma invoca pace. Al contrario di chi, in Europa, crea tensioni, minaccia, lancia ultimatum (che, in questi giorni, rischiano di far saltare pure il vertice in Turchia), complicando il lavoro degli operatori di pace, Leone XIV dichiara di voler favorire in tutti i modi il dialogo: “La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza… dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo!… passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare. Rifuggiamo le visioni manichee tipiche delle narrazioni violente, che dividono il mondo in buoni e cattivi”.
Parole che ricordano Francesco, ma sono meno improvvisate. Più precise. Parole che certamente il presidente americano Trump può applaudire perché sono in totale sintonia con quanto finora egli ha fatto, subendo duri attacchi proprio perché – per tenere aperta la porta della trattativa – ha evitato la demonizzazione del Nemico, i proclami di odio e “le visioni manichee”.
Il Papa poi ha svolto una riflessione sulla liturgia e sul rapporto fra Oriente e Occidente. Ha esaltato anzitutto la bellezza dei riti orientali della Chiesa: “Quanto è grande l’apporto che può darci oggi l’Oriente cristiano! Quanto bisogno abbiamo di recuperare il senso del mistero, così vivo nelle vostre liturgie, che coinvolgono la persona umana nella sua totalità, cantano la bellezza della salvezza e suscitano lo stupore per la grandezza divina che abbraccia la piccolezza umana! E quanto è importante riscoprire, anche nell’Occidente cristiano, il senso del primato di Dio, il valore della mistagogia, dell’intercessione incessante, della penitenza, del digiuno, del pianto per i peccati propri e dell’intera umanità (penthos), così tipici delle spiritualità orientali! Perciò è fondamentale custodire le vostre tradizioni senza annacquarle (…). Le vostre spiritualità, antiche e sempre nuove, sono medicinali. In esse il senso drammatico della miseria umana si fonde con lo stupore per la misericordia divina, così che le nostre bassezze non provochino disperazione, ma invitino ad accogliere la grazia di essere creature risanate, divinizzate ed elevate alle altezze celesti. Abbiamo bisogno di lodare e ringraziare senza fine il Signore per questo”.
Torna così, con Leone, la speranza wojtyliana e ratzingeriana: di una Chiesa che respira a due polmoni, oriente e occidente, e di un Occidente che ritrova “il senso del primato di Dio” e tutta la bellezza della tradizione cristiana.
Antonio Socci
Da “Libero”, 15 maggio 2025