Il 25 aprile ho trovato mio figlio che leggeva un’intervista ad Armando Cossutta.
Nessun problema, se non fosse che mio figlio ha 10 anni, frequenta la V elementare e quell’intervista è contenuta in un giornale dell’Anpi intitolato “Patria indipendente” (un numero dedicato al 25 aprile) che è stato consegnato ai bambini della sua classe dalla maestra (peraltro un’ottima maestra). Nella scuola pubblica.

Con tutto il rispetto per l’on. Cossutta, che ha il diritto di restare orgogliosamente comunista, mi riesce difficile considerarlo il simbolo della libertà e della democrazia occidentale (ricorda semmai l’Urss di Breznev).
E’ come chiamare un vegetariano a fare il testimonial della bistecca alla fiorentina.
Perché circola nella scuola elementare una rivista simile?

A scanso di equivoci, premetto che mio figlio ha un nonno che è stato partigiano, uno zio deportato nel lager nazista di Dachau e un bisnonno che, in quanto sindaco socialista di un paese toscano, fu perseguitato e incarcerato dal regime fascista.
In casa mia dunque il fascismo è sempre stato detestato.

Però trovo assurdo leggere una tale pubblicazione nella scuola elementare.
Sono bambini. Per l’indottrinamento “progressista” c’è tutto il tempo. Fra scuole medie, licei e università la Sinistra ha 12 anni scolastici, un esercito di insegnanti e una quantità di libri di testo per martellare nella testa dei giovani la sua propaganda (che ormai, fra gli adulti, non si beve più nessuno).
C’è bisogno di andare pure alle elementari sostituendo Pinocchio con Cossutta?

E’ curiosa la scuola italiana: a Natale non fanno il presepe e non nominano Gesù nelle recite per essere “neutrali” (così dicono), in certi casi si oppongono pure a innocue visite dei vescovi, dopodiché rifilano ai bambini Cossutta e (sempre in questa pubblicazione) il manifesto “25 aprile 1945-25 aprile 2008”, firmato dalle associazioni partigiane, da Cgil-Cisl-Uil, Acli e da tutto lo schieramento di centrosinistra: Pd, Prc, Sdi, Pdci, Sd, Verdi, Italia dei valori.
Insomma è politica.
E di parte.

Non sto esagerando.
In tale manifesto mio figlio legge che i partigiani ci liberarono dal nazifascismo stragista (e gli americani no?). E legge che da questa lotta nacque la Costituzione “non a caso difesa dalla stragrande maggioranza dei cittadini italiani nel referendum del giugno 2006, quando si cercò di smaturarne la sostanza e i valori”.
Testuale.
Perché mai la modifica costituzionale approvata dalla Casa delle libertà è il bersaglio polemico del manifesto ufficiale del 25 aprile contro il nazifascismo?
Si può essere stati critici su quella riforma, ma che c’entra col nazifascismo?
Non solo. In questo manifesto sul 25 aprile si denunciano “nuovi pericoli” e “i tentativi di sminuire e infangare la storia della Resistenza cercando di equiparare i ‘repubblichini’ (…) ai partigiani e ai combattenti degli eserciti alleati.
Un modo per intaccare le ragioni fondanti della nostra Repubblica”.
Anche Cossutta, nell’intervista, denuncia “il clima di distorsione e manipolazione”.
A chi si allude? Voglio sperare che queste scomuniche generiche non siano rivolte contro Giampaolo Pansa, anche se so che il successo dei suoi libri, dedicati all’altra faccia della resistenza (rossa), è andato di traverso all’ “Italia dell’Est”.
Sarebbe vergognoso accusare lui di voler “sminuire o infangare” la Resistenza.
Oltretutto Pansa, vero maestro del giornalismo italiano, è stato sempre di sinistra e addirittura, fino all’ultimo, è stato un sostenitore di Prodi.

Certo, ha disseppellito verità terribili e scomode (per comunisti, ex e post), censurate da mezzo secolo di propaganda. Ma questo è un merito immenso. E ora tutti devono fare i conti con la verità.
Forse perfino la pubblicazione dell’Anpi – dopo aver evocato i crimini dell’altra parte – fa un vago riferimento a quei ventimila assassinati con questa frase: “sussulti di rabbia e di odio che portarono ad altre morti, a volte ingiustificate”.
Solo “a volte” ingiustificate ? La mattanza di donne (spesso con stupro) denunciata da Pansa nei “Gendarmi della memoria” come sarebbe? Giustificata o no?
Nel caso dell’esecuzione di Mussolini e della Petacci pare sia stato tutto sacrosanto.
Si continua ad affermarlo oggi che il governo Prodi ha promosso la moratoria contro la pena di morte in tutto il mondo.
E’ curioso che il centrosinistra si glori di questa moratoria, che proclami che non si deve mai uccidere, che condanni l’esecuzione sommaria di Saddam Hussein e poi che continui ad approvare l’esecuzione di Mussolini e della Petacci (che peraltro non risulta aver fatto politica).

Così mio figlio si è trovato a leggere, nel fascicolo dell’Anpi, il lungo memoriale del partigiano Aldo Lampredi (già pubblicato sull’Unità di Veltroni) su come avvennero le due esecuzioni.
Mi chiedo se abbia senso che un bambino di 10 anni debba leggere il Lampredi che – per dire – scrive: “ricordo il riferimento alle mutandine della Petacci, ma non ho sentito le parole che Audisio dice di aver dette a Mussolini”.

Dubito pure che abbia senso far leggere a un bambino un articolo sui lager intitolato: “Dai paralumi di pelle umana a quella marcia dei duemila deportati”.
Poi c’è un altro curioso titolo: “Quando a Porzus ammazzarono ‘quei porci badogliani’ ”. Si tratta dell’eccidio – finalmente uscito dalla rimozione cinquantennale – perpetrato dai partigiani comunisti ai danni di una formazione partigiana cattolica e liberale.

Il giornale dell’Anpi dice finalmente la verità su quella strage compiuta da partigiani rossi per togliere di mezzo i partigiani bianchi che ostacolavano le mire di Tito sul territorio italiano.
Ma perché scrivere che questa storia era iniziata “quando i fascisti nel 1921 avevano imposto col sangue e col fuoco il loro regime agli slavi, e successivamente, quando nazisti e fascisti, avevano invaso la Jugoslavia” ?
Perché dire che “sono questi gli antefatti ideologici della tragedia di Porzus” ? E perché poi – come prova – si fanno seguire due pagine col titolo: “Noi italiani, assassini e incendiari nella Jugoslavia occupata” ?

Cosa c’entra questo col massacro di partigiani bianchi a Porzus? Gli “antefatti ideologici” sono ben altri, si chiamano: ideologia comunista.
Quell’eccidio significa che i partigiani rossi, spesso, più che per l’Italia combattevano per il comunismo. E talora ne trassero conseguenze orrende di questo tipo. Sono i casi (tanti, troppi) ricostruiti nei libri di Pansa.
Splendida la vicenda di Giorgio Morelli, l’eroico partigiano cattolico che dopo la liberazione denunciò i delitti rossi, specialmente contro i preti, fino a puntare il dito su nomi potenti. Fu espulso dall’Anpi.
Scatenò molte ire. In quei tempi cupi accadde poi che il 26 gennaio 1946 “due killer gli spararono sei colpi di rivoltella”. Ebbe un polmone bucato, ma guarì. Continuò la sua battaglia, finché un anno dopo in quel polmone arrivò la tubercolosi e “il Solitario” morì, a 21 anni.

Pansa è polemico anche su vicende recenti come la festa per Bompressi (quello del processo Calabresi) fatta dall’Anpi di Massa Carrara nel 2006.
Perché non discuterne? E perché non riconoscere che nella Resistenza vi furono eroi veri – come Giorgio Morelli – da indicare ai giovani come esempio (ma di cui nessuno oggi parla) ed altri che fecero cose esecrabili?
In quarta di copertina la rivista dell’Anpi inneggia al 25 aprile 2008 con lo slogan “Scarpe rotte eppur bisogna andar” (è la canzone che evoca la “rossa primavera” e “il sol dell’avvenir”).
La foto raffigura un paio di scarpe “di un ignoto partigiano” e un altro paio di scarpe da ginnastica “di un pacifista alla marcia Perugia-Assisi”.
Non è solo propaganda. E’ anche un accostamento buffamente contraddittorio, come fare cortei pacifisti con l’immagine del bellicoso Che Guevara.

E poi si chiedono perché la gente non li vota…

Fonte: © Libero – 29 aprile 2008

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