Perché una corazzata come il “Corriere della sera” sta così amplificando il presunto smarrimento della Chiesa in seguito alle dimissioni del Papa?

Ieri l’apertura della prima pagina strillava: “Tutte le insidie di un interregno. Ansia e timori tra i cardinali ‘Ora va fermato il contagio’ ”.

Non si capisce a che tipo di contagio ci si riferisca. C’è forse un’epidemia di peste in Vaticano? O di gotta? O di lebbra?

O forse al “Corriere” temono che a cascata vi sia una sequela di dimissioni? Magari. Del resto le dimissioni del Pontefice azzerano automaticamente tutte le cariche. E’ forse questo il problema?

Spero che la scelta “interventista” del “Corriere” non sia una replica – in grande – dell’ “operazione Todi” con cui il quotidiano di via Solferino teleguidò dove voleva le organizzazioni cattoliche nell’autunno 2011.

Fu un successone per il giornale di De Bortoli. Ma una catastrofe per i cattolici.

Torniamo a ieri. Non so chi sia l’anonimo ecclesiastico che avrebbe dichiarato a Massimo Franco: “Queste dimissioni di Benedetto XVI sono un vulnus; una ferita istituzionale, giuridica di immagine. Sono un disastro”.

Franco sostiene che l’anonimo monsignore sarebbe “uno degli uomini più in vista della Curia”. Io ho i miei dubbi.

Comunque se davvero un monsignore importante di Curia attacca così il papa (e sui giornali, sotto anonimato, cioè tirando il sasso – al Pontefice a cui dovrebbe lealtà – e nascondendo la mano) si capisce perché Benedetto XVI ha dovuto soffrire tanto in questi anni.

E si capisce perché si è dimesso per aprire la strada a un papa forte, energico, che metta in riga tanti bei soggettini del genere. Che sono braccia rubate all’agricoltura e andrebbero mandati a faticare raccogliendo pomodori.

Anche perché non si vede come si possa definire “vulnus, ferita istituzionale e giuridica”, una possibilità come le dimissioni perfettamente prevista dal Codice di diritto canonico.

Si ha piuttosto l’impressione che i monsignori anonimi che attaccano il Papa siano quelli che temono di perdere peso. E che la buttano in caciara per salvare qualche cadrega.

Il “Corriere” titolava l’articolo di Franco con questa assurda formula: “La Chiesa teme la ‘ferita’ al ruolo del Pontefice”. Sposando così le fantasiose teorie di Scalfari su “Repubblica”.

Ma non c’è nessun uomo di Chiesa serio e ferrato nella dottrina che può affermare una tale baggianata.

Perché la sacralità, o meglio l’essere “Vicario di Cristo” e l’ “infallibilità” sono prerogative del ministero petrino, non della persona momentaneamente incaricata.

E il gesto di umiltà di Benedetto XVI – così raro in un mondo dove ci si sbrana per conquistare potere – ha proprio lo scopo di esaltare il ministero e mettere in secondo piano se stesso, ovvero la persona che si trova a portare questa responsabilità.

Per lo stesso motivo il grande don Bosco correggeva i suoi ragazzi che gridavano “Viva Pio IX” dicendo loro: “bisogna dire: Viva il Papa!”. E si badi bene che lui era un convinto ammiratore di Pio IX.

Il presunto ecclesiastico anonimo poi si mette anche a teorizzare il “virus” che sarebbe stato scatenato dal pontefice: “se passa l’idea dell’efficienza fisica come metro di giudizio per restare o andare via, rischiamo effetti devastanti. C’è solo da sperare che arrivi un nuovo Pontefice in grado di riprendere in mano la situazione, fissare dei confini netti, romani, impedendo una deriva”.

E’ la conferma che questo “prelato” anonimo è soprattutto preoccupato  della cadrega.

E’ evidente che non può capire uno come Joseph Ratzinger che mette l’amore di Dio e della Chiesa sopra a tutto e si fa liberamente da parte, rinunciando al pontificato per il bene della Chiesa.

Ma il ragionamento dell’anonimo fa acqua anche da un punto di vista pratico. Perché Ratzinger ha semplicemente usato una possibilità già riconosciuta dal Codice di diritto canonico, non impone niente a nessuno dei suoi successori. Tanto meno a chi non ha una perfetta efficienza fisica.

Così come la decisione di Giovanni Paolo II di restare papa anche durante la grave malattia (per testimoniare il valore della sofferenza) non è stata affatto vincolante per il successore. Entrambi hanno deciso con lo stesso cuore: l’amore per la Chiesa.

L’anonimo del “Corriere” che lancia un apocalittico allarme per il “precedente” creato dalle dimissioni, dovute alla stanchezza dell’età, sembra non sia a conoscenza di una regola stabilita da Paolo VI e, questa sì, “dagli effetti devastanti” (per usare il suo linguaggio), perché obbligatoria, non facoltativa: il limite di età.

Sia quello dei vescovi (75 anni) sia quello per i cardinali, che dopo gli 80 anni non possono più entrare in Conclave. E a prescindere dalla loro efficienza fisica (potrebbero anche essere in perfetta salute a 82 anni, ma non entrano). Questa è la regola già esistente.

Invece Benedetto XVI non stabilisce nessuna nuova regola e nessun vincolo per nessuno. Che senso ha dunque – da parte del “Corriere” – alimentare tanto allarmismo e su dichiarazioni così assurde?

Oltretutto il senso che a queste dimissioni è stato dato da “Corriere” e “Repubblica” è totalmente smentito perfino dai precedenti storici.

Tanto per fare un esempio: Pio XII.

Era il 1954. Il Pontefice era gravemente malato. La fidata assistente suor Pascalina Lehnert, nel suo libro di memorie, “Pio XII. Il privilegio di servirlo” (Rusconi), alla pagina 199, riferisce quello che accadde: “ ‘Mi dica la verità: crede veramente che potrò guarire e adempiere interamente la mia missione?’, chiese il Santo Padre al dottor Niehans. ‘Altrimenti – aggiunse, come inciso – mi ritiro senza esitazioni. Ho appunto terminato di completare il Sacro Collegio; i cardinali non si troveranno in imbarazzo nell’eleggere un nuovo papa, perché di questi tempi può essere papa solo qualcuno in grado di impegnarsi a fondo’ ”.

Sembra lo stesso identico ragionamento di Benedetto XVI. In quel caso Pio XII guarì e dunque non ebbe bisogno di dimettersi, ma – come si vede dalle sue parole – era decisissimo a farlo. E senza alcun dramma.

Anche Pacelli dunque “relativizzava” o “laicizzava” il papato, come scrivono oggi certi giornali? Al contrario, voleva proteggerlo.

Dunque niente allarmismo per il gesto del Papa. Casomai l’allarme va suonato per il fatto stesso che esistono ecclesiastici importanti in Curia che possono attaccare il papa sui giornali e sotto anonimato.

Questo sì che è un problema: la (mancata) fedeltà al Papa. E “il carrierismo”, come Benedetto XVI ha denunciato a più riprese.

Da questo punto di vista la lezione più bella e dirompente – quanto a libertà dal potere e dalle tentazioni mondane – il Pontefice l’ha data, a tutta la Chiesa, proprio con le sue dimissioni.

Come ha scritto don Julian Carron: “Con questo gesto, tanto imponente quanto imprevisto, il Papa ci testimonia una tale pienezza nel rapporto con Cristo da sorprenderci per una mossa di libertà senza precedenti… Il gesto del Papa è un richiamo potente a rinunciare a ogni sicurezza umana, confidando esclusivamente nella forza dello Spirito Santo”.

Don Carron lancia anche un’esortazione importante ai cattolici: “accogliamo anche noi con libertà e pieni di stupore questo estremo gesto di paternità, compiuto per amore dei suoi figli, affidando la sua persona alla Madonna affinché continui a esserci padre dando la vita per l’opera di un Altro, cioè per l’edificazione della Chiesa di Dio. Con tutti i fratelli, insieme a Benedetto XVI, domandiamo allo Spirito di Cristo di assistere la Chiesa nella scelta di un padre che possa guidarla in un momento storico così delicato e decisivo”.

Il monsignore anonimo (“uno degli uomini più in vista della Curia”) avrebbe fatto meglio a pregare così per il Papa e la Chiesa piuttosto che parlare – sotto anonimato – con i giornalisti per attaccare e screditare il Pontefice.

 

Antonio Socci

Da “Libero”, 14 febbraio 2013

vedi Facebook : “Antonio Socci pagina ufficiale”

 

 

Ieri su “Libero” ho pubblicato questo articolo

SORRIDIAMO UN PO’ DI NOI. STORIA DI UNO SCOOP VILIPESO E POI SCIPPATO

Lunedì, per le dimissioni del Papa, sono stato sommerso da un mare di telefonate. Tutti ricordavano che avevo anticipato addirittura il 25 settembre 2011 l’esplosiva notizia su “Libero” (con il dettaglio sull’età scelta per mollare: 85 anni).
Mi hanno subito cercato anche i colleghi stranieri. Dalla Bbc al “Financial Times” al brasiliano “Veja”. Attraverso Lucia Annunziata mi sono trovato su Huffington Post-America e non ho potuto rispondere a molti altri (come quelli del “Fatto quotidiano”).
Non mi compiaccio molto di questa celebrità, perché avrei preferito di gran lunga che il papa non si dimettesse. Ma ammetto che sul piano professionale è stata una piccola soddisfazione.
Sapendo tuttavia, come dice Roberto D’Agostino, che i colleghi della corporazione italica sono dei rosiconi, prevedevo che non mi sarebbe stata perdonata. Ricordavo bene com’era andata quel 25 settembre 2011.
Su Sky.it quel giorno non si riportò solo la risposta di padre Federico Lombardi che definì il mio articolo “una voce infondata” (infatti lo si è visto), ma soprattutto, nel sottotitolo, questa notizia: “alcuni vaticanisti insorgono”.
In effetti molti vaticanisti, invece di scavare e cercare altri indizi, considerarono il mio scoop come un affronto personale. E dettero voce alle stroncature di “fonti ben informate”, ma senza volto.
Emblematica, su “Lettera 43”, fu Silvia Zingaropoli che cercando le reazioni al mio scoop durante il viaggio del papa in Germania, scrisse: “Purtroppo per Socci, una nostra illustre fonte, a stretto contatto con le alte sfere vaticane, disinnesca l’ordigno. Anzi di più, demolisce Socci e la sua profezia. ‘Guardi, si tratta di un’affermazione talmente infondata che si rischia di accreditarla anche solo smentendola’, ha affermato il nostro interlocutore: ‘Qui in Germania nessuno crede a una sola parola di quanto è stato scritto in quell’articolo’ ”.
Magari questa “illustre fonte” è fra quelli che in questi giorni si presentano come ben informati e commentano, con una larga ruota da pavone, le dimissioni avvenute.
L’articolo della Zingaropoli continuava così la sua “demolizione” della mia presunta bufala:

“Nessun legame con la realtà. Infatti, a Friburgo ‘il Papa ha dimostrato di essere in grande forma… Siamo rimasti sgomenti alla notizia di quell’articolo, tutti: dal segretario di Stato agli alti prelati presenti qui’. ‘Che Socci sia ben informato sulle ‘cose’ vaticane è un’affermazione a dir poco fuori luogo. Proprio oggi il papa ha detto che l’umiltà viene da humus, terra: dobbiamo essere ancorati alla realtà. E Socci a quanto pare non lo è’ ”.
Questa illustre fonte, che esprimeva pure la reazione del Segretario di Stato, dunque, oltreché una sprezzante lezione di giornalismo, mi impartiva anche una sferzante lezione di umiltà. Lezione sempre utile per noi giornalisti.

La cronista di “Lettera43” concludeva così: “Certo è che solo il tempo dirà se Antonio Socci si trovava, oppure no, dalla parte della ragione”.
E il tempo in effetti lo ha detto. Un altro caso emblematico è quello della Stampa e del suo sito dedicato al Vaticano, “Vatican Insider”.
Quel 25 settembre il caporedattore centrale e digital editor Marco Bardazzi, che peraltro conosco bene e considero tuttora un amico, se ne uscì con un tweet per me sorprendente che suonava così: “Tirare in ballo le dimissioni del Papa, come fosse un Gasperini qualsiasi, è una mossa che lascia sconcertati. Non ne capisco le ragioni”.
Ma è davvero così scandaloso, per il caporedattore centrale della Stampa, che un giornalista dia le notizie inedite di cui viene in possesso?
Essendo Marco un bravo giornalista sarà capitato certamente anche a lui. E non credo che quel mio articolo sulle dimissioni del Papa potesse essere squalificato (da un collega!) come “una mossa” che “sconcerta” e che lascia sospettare chissà quali “ragioni” occulte.
Magari un complotto contro il Papa? Ordito da un bigotto ratzingeriano come il sottoscritto? Che avrei addirittura trattato il Papa come “un Gasperini qualsiasi”?
Non so bene chi sia questo Gasperini, ma so che il giornale di Bardazzi in questi giorni è pieno di articoli che commentano e spiegano le avvenute dimissioni del Papa. E non ci dicono nulla di Gasperini (che ne sarà di lui?).
Il sito della “Stampa” Vatican Insider liquidò “l’ipotesi-Socci” così: “è considerata ‘totalmente infondata’ da alte personalità al seguito del Papa nel viaggio in Germania”.
E due giorni dopo pubblicò un “simpatico” articolo di Jean-Marie Guénois, che lavorò con me quando dirigevo “30 Giorni” e che oggi è caporedattore e vaticanista del “Figaro”, nonché collaboratore di Vatican Insider.
Costui scrisse: “sono rimasto scandalizzato da quanto (Antonio Socci) ha pubblicato… Ha in un certo senso rovinato il viaggio del Papa”.
Aggiunse che io avrei “danneggiato tristemente” il Papa. E concluse di ignorare le “intenzioni” per cui avevo scritto l’articolo “ma l’esito è stato quello di un goal magistrale nella sua porta”.
Non ho letto “Le Figaro” di questi giorni. Chissà se l’ottimo Guénois ha firmato articoli per spiegare oggi il perché e il per come delle dimissioni del papa. O almeno di Gasperini…
Dopo tali precedenti posso dire che in questi giorni è andata abbastanza bene. L’unico incidente, ma in fondo divertente, è capitato lunedì sera.
Bruno Vespa a “Porta a porta” ha presentato in pompa magna il mio amico Giuliano Ferrara come colui che aveva fatto lo scoop dell’anticipazione delle dimissioni del Papa, mostrando pure la pagina del “Foglio” del 10 marzo 2012.
E Giuliano gongolante non ha precisato che quel suo articolo non conteneva alcuna notizia, ma era una sua esortazione al Papa perché mollasse tutto.

Soprattutto ha evitato di ricordare che il suo articolo uscì sei mesi sei dopo il mio, che la notizia peraltro ce l’aveva.
Colto da un attacco di narcisismo ho ceduto alla tentazione di contattare Vespa e gli ho scritto un sms, che ovviamente intendevo privato, dove lo informavo dell’infortunio.
E sono stato un bischero. Perché mi hanno riferito che il simpatico Bruno, con ironico sorriso, ha letto in diretta il mio sms personale, provocando ovviamente l’imbarazzata risposta di Giuliano che ha detto di non aver rivendicato alcun primato. Sono solidale con lui.

Anche se purtroppo lo stesso Giuliano aveva appena firmato un editoriale, apparso sulla prima pagina del “Giornale” di ieri, che esordiva proprio autocelebrando il “suo” clamoroso ed epocale scoop:

“Anticipare una notizia di portata millenaria come le dimissioni del Papa è un buon servizio reso all’informazione. Ci è capitato il 10 marzo dell’anno scorso, di scrivere e pubblicare precisamente questa anticipazione”.
E’ uno scivolone innocente che rende ai miei occhi Giuliano ancora più caro, perché me lo mostra finalmente umano, un po’ bisognoso d’affetto e di considerazione proprio come tutti noi mortali (io lo avevo sempre considerato una spanna sopra le miserie di noi mortali e della nostra corporazione).
Certo, poi si è lasciato prendere la mano e in quell’articolo ha finito per scrivere che il Papa ha dato retta a lui (“il Papa si è deciso al passo, crediamo, per la ragioni illustrate dal Foglio in quella pagina”).
Una “leggera” sopravvalutazione di se stesso? Un po’ come il gallo che cantando riteneva di aver fatto levare il sole? Ho qualche dubbio.
Ma mi tengo stretto il mio Ferrara, il suo anticonformismo ratzingeriano e il suo acume, la sua ironia e la sua amicizia (a cui devo molto), considerando che l’alternativa è quella dei “venerati maestri” di “Repubblica” dove ieri Eugenio Scalfari ha firmato un’articolessa ineffabile.
Con la quale si è improvvisato teologo e ha annunciato che Benedetto XVI in forza delle sue “rivoluzionarie” dimissioni ha “cancellato” la figura del Papa come “Vicario di Cristo in terra” infallibile quando definisce “ex cathedra” la fede.
Sì, a sentire Scalfari, Benedetto XVI ha cancellato il papato… Che dire? Buonanotte e viva Ferrara.

Antonio Socci
Da “Libero, 13 febbraio 2013

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