Avete appreso da questo blog, dove ho pubblicato il volantino d’invito, che il 25 settembre, al Santuario della Madonna di San Luca (Bologna), era stato indetto un incontro di persone che riconoscono, nella propria vita, la paternità spirituale di don Luigi Giussani e sono decisi a restare fedeli al suo carisma, nonostante la tragica situazione attuale di CL.

Questa assemblea c’è effettivamente stata. Sono arrivate tantissime persone. Per me è stato sorprendente e commovente. Il disagio che dilaga nel Movimento si era espresso finora solo con l’abbandono silenzioso da parte di tanta gente oppure con iniziative che – nate da buone intenzioni iniziali – hanno presto perduto libertà e semplicità, diventando – di fatto – gruppi correntizi legati a questo o quel capetto milanese di CL. Così, a mio parere, perdendo la loro autenticità e adottando logiche di comportamento politiche, che implicano fra l’altro l’autocensura sulla disastrosa conduzione di CL.

Invece a Bologna ho visto il ritrovarsi di uomini liberi che vogliono soltanto essere fedeli alla propria vocazione cristiana e si aiutano nel testimoniare Gesù Cristo, la bellezza della Sua amicizia, la forza luminosa del Suo sguardo sul mondo (che è un abbraccio e un giudizio), senza autocensure e senza chiusure. Come abbiamo imparato da don Giussani. C’è da pregare Dio che questo seme fruttifichi.

Qua sotto pubblico un racconto/commento – di alcuni di noi – su questa giornata e sul momento presente.

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Antonio Socci

 

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“Il mio modo di presentare il cristianesimo cerca il senso e le ragioni di quel che dice. E non si accontenta di accettar niente, se non ne ha capito il senso e non ne ha ricercate le ragioni”.

Luigi Giussani
(Dal temperamento un metodo, BUR 2002)

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Possiamo dirlo con franchezza: la giornata al Santuario della Madonna di San Luca a Bologna, lo scorso 25 settembre, è stata un avvenimento!
Un avvenimento, non per ciò che ne seguirà, perché questo rimane nelle mani di Dio, ma per l’eccezionalità di quello che abbiamo ascoltato e vissuto, per la corrispondenza che ha mostrato avere alla nostra sete di felicità e verità.

I tanti messaggi e mail di chi è tornato lieto a casa lo dimostrano senza equivoci. Eppure, quanta malevolenza aveva sollevato la sua semplice convocazione! Anatemi verso i firmatari della lettera, accuse, ostilità… sebbene pochissimi dei critici avessero veramente letto la nostra lettera di invito.

Ma cosa è accaduto di eccezionale a Bologna? Abbiamo toccato con mano che quello che abbiamo di più caro, Gesù, anche in questo tempo cupo che viviamo, è una presenza viva e misteriosamente presente, capace di con-muovere, illuminare la vita e sollecitare la libertà di ciascuno.

Viene a mente il racconto dell’Anticristo di Solovev

“L’imperatore si rivolse ai cristiani dicendo: ‘Strani uomini… ditemi voi stessi o cristiani, abbandonati dalla maggioranza dei vostri fratelli e capi, che cosa avete di più caro nel cristianesimo?’. Allora si alzò in piedi lo Staretz Giovanni e rispose con dolcezza: ‘Grande sovrano! Quello che abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso! Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità!’” (V. Solovev, Il dialogo dell’Anticristo).

È stato inevitabile constatare – con dolore – quel sentirsi abbandonati, anzitutto da chi avrebbe un compito di guida; abbiamo toccato con mano, ancora una volta, l’attuale situazione del Movimento, con una conduzione che ha abbandonato il metodo di don Giussani, che dimentica o rinnega la storia e cerca supporto nel potere mondano, abbracciandone la mentalità. E poi il dramma di una vita che si spegne perfino con la scomparsa di intere comunità.

Ma a Bologna abbiamo sperimentato, anche e soprattutto, una Presenza che non ci abbandona e che ha utilizzato la libertà e semplicità di alcuni per raggiungerci e chiamarci ancora uno per uno eppure insieme!
Adesso questa comune vocazione, questo riconoscerci compagni di strada, urge in noi la coscienza di una appartenenza reciproca. Ed è illuminante rileggere i primissimi albori del Movimento come li descrive Giussani:

“Iniziando il movimento, il primo giocato ero io. Per cui, quando affrontai i primi tre ragazzi in strada dopo la prima ora di scuola, dopo il primo giorno di insegnamento al liceo Berchet, andai a casa tutto preoccupato di me stesso: con quale responsabilità, con quale autocoscienza, con quale implicazione di me dovevo rispondere e corrispondere a quello che incominciavo ad intuire parlando loro! Capivo che non potevo rivederli il giorno dopo senza prendere posizione di fronte a questa dilatazione della questione: io appartenevo a quei tre ragazzi; appartenevo non a loro, ma all’unità con essi.”

Ciò che ci tiene insieme, che fa – per Grazia – unità fra noi, è Colui che insieme ci ha chiamati: “Quello che abbiamo di più caro è Cristo stesso e tutto ciò che viene da Lui”.
È la sua presenza, mendicata nella preghiera e nella memoria e che prosegue dentro i volti di una storia sempre nuova, la cui strada non è decisa da noi, ma è nel disegno misterioso di un Altro.

Quella che mendichiamo è la Presenza di Cristo che dice a ogni uomo e a ciascuno di noi: “Donna, uomo, ragazzo, ragazza non piangere perché Io sono con voi, presente e vivo!”
Di questa Presenza, che giudica la realtà, tutta la realtà, anche quella del Movimento, come del mondo intero, siamo chiamati a dare testimonianza, a tutti, ovunque ci capita di vivere.

Anche se l’originalità di una presenza e di un giudizio inevitabilmente creano divisione: “Pour se poser, il s’oppose”. Ovunque e senza timore: la libertà in azione è scomoda e divide, ma anche stupisce e affascina.
Nella lotta della vita vogliamo aiutarci a non smarrire lo scopo e a farci compagnia a tutti, con semplicità e autenticità, senza censurare nulla e senza sentire nessuno come estraneo.

La testimonianza reciproca è la forma più efficace della carità.

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Lele Tiscar Antonio Socci Marco Paglialunga Giampaolo Cerri

27.09.2016

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