Omelia di don Josè Miguel Garcia al funerale di Raffaele Tiscar. Cattedrale di Como, 23 ottobre 2021

*                   *               *              *

Sempre la morte suscita in noi tristezza ma, quando è imprevista, come è successo con il nostro amico Raffaele Tiscar, conosciuto tra di noi come Lele, uno prova un grande dolore, uno sgomento, una perplessità che si fa domanda: ma perché proprio adesso?

Se la sua presenza ci era ancora di aiuto, perché ci ha lasciati?

La storia del Lele è conosciuta da quasi tutti che siamo qui. Tanti di voi potete raccontare periodi, momenti della sua vita, fatti vissuti insieme…
Quanti ricordi avrete voi Paola e i figli Iacopo, Eugenia e Maria; quanti iniziative vissute con gli amici della comunità di CL della Toscana e Firenze nel tempo universitario e poi nel impegno civile, quanta vita condivisa insieme con Giampaolo, Grazia, Antonio e tanti altri.

E quante conversazione e decisioni condivisi con le famiglie della Cometa, nella avventura dell’accoglienza che ha segnato gli ultimi anni della sua vita.In questa compagnia cristiana vissuta dalla sua giovinezza la sua vita è diventata bella e sempre più vera.

Certamente i limiti ed errori ci accompagnano sempre, giacché siamo peccatori, ma succede in noi, accade in noi la generazione di una umanità più piena, più appassionata per il bene degli altri, della giustizia, di fare qualche cosa di magnifico, destinato a fare più felici gli uomini, una vita desiderosa di una pienezza che va aldilà di quello che le nostre mani possono fare.

Ci sono due tratti della personalità del Lele che per me sono stati una vera provocazione.

Il primo è il suo cuore irrequieto.

Nella imaginetta trovate il testo di una sua lettera scritta agli amici di Cometa, dove fa riferimento a una frase di don Giussani che diceva essere insopportabile vivere una vita inutile.

Una provocazione che gli ha accompagnato tutta la sua vita. Ed è una cosa sorprendente, perché si uno guarda la sua vita, ricorda come ha vissuto dalla sua giovinezza fino al suo impegno civile e politico, potrebbe dirsi soddisfatto di quello ha fatto nella sua vita.

E invece di essere tranquillo, il suo cuore rimaneva inquieto, sempre desideroso di un bene maggiore.

In questo cuore inquieto vedo un segno potente della preferenza del Signore per Lele: era il suo modo di attrarre a se la persona di Lele, gli introduceva nella vita del Dio fatto carne, che Lele identificava con chiarezza nel essere uno con Gesù nella croce, “che è il mio, il nostro destino”.

Nel testo scritto nella imaginetta riconosce che quella inquietudine, “ossessione” diceva lui, “rimane una ferita aperta che ancora brucia la carne”.

La seconda caratteristica è il modo come il buon Dio ha cambiato la sua umanità, l’ha identificato sempre più con sé. Qual è la caratteristica più identitaria di Dio? Gesù ci ha insegnato con la sua vita e con la preghiera, che recitiamo tutti giorni, specialmente alla domenica, che Dio è Padre. Padre, non solo perché ci ha generato, creato, ma perché non ci lascia mai. Lui non si concepisce senza di noi. Ci vuole nella sua famiglia, nella sua casa, dove Lele gode già pienamente del suo amore.

Dopo una vita di lavoro, Lele poteva pensare in un futuro come pensionato per godersi la vita, viaggiare, riposarsi, fare quello che a uno gli piace… Invece Dio ha voluto identificarlo di più con la sua paternità. Aveva già formato una famiglia con Paola, generato ed educato tre figli, ma la sua paternità si è dilatata nell’accoglienza, la sua famiglia è cresciuta.

Ed oggi a casa sua ci sono altri figli: A., B., G., e altri che, crescendo, sono andati da altre parti. In una testimonianza fatta nel 2016 sulla sua vita che faceva partecipando della vita di Cometa, partendo di una affermazione di don Giussani, faceva questa riflessione:

“Ma alla fine che cosa si racconta al Padre? Alla fine è dal Padre che è nei cieli che si arriva, quindi il vero tema credo sia che cosa gli si dica: Ho fatto discorsi? Ho partecipato a tanti incontri? Diceva don Giussani ai fratelli Figini: ‘La vostra santità passa dell’accoglienza di tutti questi vostri figli. Questo è ciò che racconterete a Dio Padre nei cieli’. Dio ci ha dato questa magnifica apertura perché si possa essere padri e madri, come strumenti di generazione di quello che Lui vuole. È questo che a me piacerebbe poter raccontare a Dio Padre”.

E arrivando alla casa del Padre sicuramente è quello che avrà fatto e anche capito in un modo più vero.

Siamo intorno alla mensa dell’eucaristia per ringraziare il Signore per Lele e la sua vita. E lo sguardo e l’abbraccio di Dio Padre che adesso sperimenta Lele traspare nelle letture della parola di Dio che abbiamo ascoltato:

Salmo: “Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?”

Giobbe: “Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio.
Io lo vedrò, io stesso,
i miei occhi lo contempleranno e non un altro”.

Oggi si è compiuta nella vita di Lele la promessa che il Signore ci ha fatto: “lo vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io”.

Perciò anche nel dolore per la sua partenza da questo mondo, siamo lieti, come ci esorta l’apostolo Paolo: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti”.

Affidiamo il nostro carissimo amico alla Madonna e a san Giuseppe. E chiediamo anche per Paola e tutta la sua famiglia Iacopo, Eugenia-Marco, Maria-Matteo, i figli in affido e i nipoti. E che il Signore conceda anche a noi di avere un cuore vivo, irrequieto, desideroso di non vivere una esistenza inutile.

 

Don Josè Miguel Garcia

 

Print Friendly, PDF & Email