Siamo alla vigilia dell’esplosione della Casa delle libertà?
I segnali, purtroppo, sono quelli. Rischia di diventare il Casino delle libertà. L’un contro l’altro armati i leader del centrodestra si rinfacciano i risultati delle amministrative. Volano gli stracci e il referendum del 25 giugno – sebbene i sondaggi sembrino buoni – rischia di rappresentare una nuova, devastante batosta a causa dell’astensionismo dell’elettorato di centrodestra (ma chi ha stabilito quella data “balneare”? Non è stato il governo della Cdl?).
Oltretutto la Lega Nord già si chiama fuori: ieri Roberto Maroni ha ripetuto al Corriere della sera che dal 26 giugno, in caso di sconfitta nel referendum, andranno per la loro strada. E apertasi la falla tutta la diga rischierà il crollo perché la Lega è essenziale.
Berlusconi finora ha tentato di tenere insieme la Casa delle libertà agitando la prospettiva di un rapido rovesciamento del risultato del 9 aprile: per un diverso computo dei voti o per una spallata elettorale (alle amministrative e al referendum).
Ma di spallate non si vede l’ombra, anzi è stato il centrosinistra a darne, e quanto ai calcoli nuovi di zecca, dopo il 9 aprile, si sono visti solo quelli del povero Veltroni in ospedale.
Il “taroccamento” dei dati o viene subito provato o diventa un argomento controproducente. Rischia di far pensare che alle elezioni del 9 aprile ancora una volta gli italiani abbiano dato al centrodestra la maggioranza dei voti e questo si sia fatto fregare. Disastroso.
Il centrodestra può lamentarsi col destino cinico e baro, con Ciampi che ha fatto cambiare il premio di maggioranza del Senato (lasciandolo solo alla Camera dove hanno vinto gli altri), con i presunti “brogli” (ma il ministero degli Interni era governato dal centrodestra, no?), con Tremaglia per l’incredibile trovata del voto estero (e delle liste separate), con chi ha fatto proliferare tutte le listarelle vicine (dalla Sicilia al Veneto) una delle quali sarebbe bastata per vincere… Ma alla fine sarebbe bene che se la prendesse innanzitutto con se stesso.
Una bella revisione autocritica sarebbe stata salutare. Invece la classe dirigente del centrodestra sta facendo il gioco dello scaricabarile.
Anche sulle amministrative di domenica: sembra che a decidere candidature e strategie sia stata un’entità fantasma, un ufo. Certo, è più facile assumere un sottosegretario (come fa la Sinistra) che una responsabilità, ma qualcuno avrà pur deciso.
Di riflessioni vere e strategiche sul futuro non c’è neanche l’ombra. E la Sinistra – ringalluzzita dalle amministrative – è decisa a proseguire con la lottizzazione selvaggia, con annesso aumento della spesa: appena passato anche il referendum predisporrà subito la stangata e si ricomincerà la sarabanda.
Berlusconi sembra inchiodato (e paralizzato) politicamente dall’idea della spallata, forse anche a causa del fattore età. Perché prendere in considerazione l’idea che il governo del centrosinistra possa durare tutta la legislatura significa per lui porsi un dilemma esistenziale: il leader oggi ha 70 anni e si dovrebbe chiedere seriamente se fra cinque anni, alla bella età di anni 75, possa di nuovo ricandidarsi, per la quinta volta consecutiva – ripeto: la quinta – a Palazzo Chigi. Sebbene si sia fatto promettere l’immortalità da Scapagnini i problemi ci sono.
Potrebbe puntare, fra sette anni, al Quirinale, dove sembra si acceda solo all’età di Noè, ma anche in questo caso gli si impone la necessità di predisporre subito un disegno politico e una nuova classe dirigente, preparata, dinamica e più giovane per le elezioni del 2011, con nuove e decise idee (per esempio sul problema energetico).

Sì, Berlusconi è a un bivio decisivo. Ha dimostrato di essere un leader straordinario, che ha cambiato la storia d’Italia, si è saputo battere come un leone durante la campagna elettorale conseguendo un risultato sorprendente, è stato veramente il motore del centrodestra, anche oggi – lo ha dimostrato la settimana scorsa a Porta a porta – ha una grande forza di comunicazione e certamente il centrodestra non può fare a meno di lui, ma non può vivere più di solo Berlusconi. O di “Berlusconi Sole”.
Un leader che dichiara “dopo di me il diluvio” è politicamente disperato, è come ammettere il fallimento politico, costringendo i moderati a cercare altrove (magari fra le braccia di Rutelli). Invece non è così ed uno dei meriti storici di Berlusconi è proprio quello di aver fatto crescere una cultura liberale e una classe politica comunque alternativa a quella della vecchia Sinistra.
Al Cavaliere capita spesso di pronunciare frasi del tipo “dopo di me non vedo nessuno”, ma per fortuna le cose stanno diversamente.
Di persone preparate e capaci, in Forza Italia e nel centrodestra, ce ne sono. Solo che finora sono sempre state impallinate o abbattute dal Berlusca stesso a cui tutti fanno ombra. Ne cito due per tutti: Tremonti e Formigoni. Solo per restare all’interno di Forza Italia.
Poi nel centrodestra restano Casini e Fini i quali dovranno prendere decisioni forti.

Nessuno (se non forse Follini, pessimo stratega) immagina un centrodestra senza Berlusconi. Non solo perché il risultato di Forza Italia, primo partito italiano con sette punti di vantaggio sui Ds, è comunque fortissimo (sebbene sia negativo quello delle amministrative). Ma anche perché Berlusconi è tuttora il leader senza il quale tutto si sfascia.
Si tratta dunque di capire se Berlusconi vuole guidare la nuova fase del centrodestra o se vuole rischiare di vedersi sfuggire di mano le cose.
Dovrebbe essere il Cavaliere stesso a propiziare questa operazione, a lanciarla, a volerla, a sostenerla. A capire che è l’unica via possibile, a prevenire lo sfascio.
Anche come colpo mediatico sarebbe impressionante. Immaginiamo una nuova leadership di quarantenni alla Blair, di forte cultura liberale e popolare, con alcune idee innovative e coraggiose, che organizza l’opposizione a questo centrosinistra di bolliti (come dice Capezzone) e di avventuristi dell’ideologia ottocentesca.
Berlusconi in fondo questo rinnovamento l’ha saputo fare per le sue aziende. Perché non in politica? So già che Berlusconi è talora circondato da Berlus-cloni che mi accuseranno di mettere in discussione la leadership del Capo, cosa controproducente, autolesionista e già vedo qualche intellettuale di area che scaglierà i soliti improperi sul reprobo. Mi daranno, come fa Ferrara da tempo, del “casiniano” pensando così di aver esorcizzato il diavolo. Ma vorrei che si rispondesse sul punto, anche perché francamente non appalto il cervello a nessuno. Sbaglio da solo. L’Italia moderata, che è più del cinquanta per cento, merita di essere ben rappresentata e di candidarsi degnamente alla guida del Paese.
Forse sarebbe l’ora che dall’area intellettuale del centrodestra arrivassero altre voci “sovversive”. Urge il rinnovamento.
In fondo gli intellettuali avrebbero il dovere di incarnare lo spirito critico. Purtroppo sembrano sempre con l’elmetto.
Prima delle elezioni perché era controproducente criticare il Capo. Dopo perché le colpe sono sempre e tutte degli altri. Fanno finta a volte di fare la fronda, ma l’unica loro critica al Lìder Maximo è di essere troppo buono.
Lo incitano a non avere pietà, ad asfaltare, annichilire i ribaldi che non ubbidiscono, quelli che non dicono prontamente sissignore e non seguono proni la sua infallibile guida. Un film già visto.
Personalmente stimo Berlusconi e gli sono anche affezionato, ma proprio per questo credo di dovergli sincerità.
Dovrebbero farlo molti altri, più bravi e intelligenti del sottoscritto, altrimenti il pensatore di riferimento del Cavaliere rischia di diventare davvero lo stravagante Rotondi che già favoleggia di future bicamerali di Berlusconi con D’Alema. Illusioni.

Fonte: © Libero – 31 maggio 2006

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