L’ARTE DI PERDERE. DIVAGAZIONE UN PO’ SCHERZOSA (SULLA DERIVA DEL PD) UN PO’ POETICA (SULLA VITA DI TUTTI)
C’è una celebre battuta di Oscar Wilde: “perdere un genitore è una disgrazia, perderli entrambi rasenta la sbadataggine”. Si può dire che per il Pd perdere il potere è una sciagura, ma perdere addirittura se stesso(con questo esito delle primarie) è un’imperdonabile distrazione. Oltretutto è accaduto dopo una lunga serie di perdite (ed errori).
I Dem di Enrico Letta, a luglio, hanno perso l’alleanza con il M5S, poi hanno perso anche quella con Carlo Calenda (Renzi lo avevano scartato a priori) e hanno finito con il perdere le elezioni politiche e il governo. Di conseguenza Letta ha perso la segreteria.
Così il Pd – mentre perdeva per strada pure “l’Agenda Draghi” – ha perso il contatto con la realtà iniziando una fase congressuale lunga e cervellotica.
Durante la quale c’è stata un’epidemia di perdite e perdenti. Gianni Cuperlo ha perso il trolley e il telefono, Elly Schlein ha perso lo zaino e il computer, Stefano Bonaccini ha perso le primarie.
Nel frattempo il Pd ha perso le elezioni regionali (in Lombardia e perfino in Lazio) e alla fine ha perso se stesso quando ha fatto scegliere il nuovo segretario a votanti occasionali contro la scelta degli iscritti.
Ora il Pd perde pure Beppe Fioroni ed è solo l’inizio: potrebbe perdere anche gli altri popolari-cattolici (che già da qualche mese sono in allarme) e i riformisti renziani.
Fioroni dice che se ne va perché il Pd ha perso l’anima e la strada maestra, cioè la sua natura originaria di alleanza fra naufraghi del Pci e naufraghi della Sinistra dc.
Del resto il Pd aveva già perso Matteo Renzi e Carlo Calenda. Però – va detto – ha ritrovato Bersani e Speranza, il gruppetto di sinistra che aveva perso in una precedente scissione. Ritrovarli è un affarone? Non sembra. Praticamente il Pd è stato assorbito da Articolo 1 che è un po’ come se una sardina avesse ingoiato una balena. Vocazione minoritaria.
Vuoto a perdere. Perdere l’amore, cantava Massimo Ranieri: “E adesso andate via/ voglio restare solo,/ con la malinconia/ volare nel suo cielo…”.
La Sinistra – volendo – potrebbe anche affinare questa sua propensione a perdere. Farne un’arte. Come quella che Elizabeth Bishop ha descritto in una sua splendida poesia:
L’arte di perdere non è difficile da imparare;
così tante cose sembrano pervase dall’intenzione
di essere perdute, che la loro perdita non è un disastro.
Perdi qualcosa ogni giorno.
Accetta il turbamento delle chiavi perdute, dell’ora sprecata.
L’arte di perdere non è difficile da imparare.
Pratica lo smarrimento sempre più, perdi in fretta:
luoghi, e nomi, e destinazioni verso cui volevi viaggiare.
Nessuna di queste cose causerà disastri. Ho perduto l’orologio di mia madre.
E guarda! L’ultima, o la penultima, delle mie tre amate case.
L’arte di perdere non è difficile da imparare.
Ho perso due città, proprio graziose.
E, ancor di più, ho perso alcuni dei reami che possedevo,
due fiumi, un continente.
Mi mancano, ma non è stato un disastro.
Ho perso persino te (la voce scherzosa, un gesto che ho amato). Questa è la prova.
È evidente, l’arte di perdere non è difficile da imparare,
benché possa sembrare un vero (scrivilo!) disastro.
Restando al femminile – in omaggio alla nuova segretaria del Pd – c’è un’altra poetessa che ha cantato splendidamente la “perdita”: Blaga Dimitrova, un’intellettuale bulgara che – dopo il crollo del comunismo – è stata anche vicepresidente del suo Paese. Ecco la sua lirica:
Non so se mi ero innamorata di te.
Mi innamorai però di altre cose, lo so:
di una stanza scomoda rivolta a nord,
di una teiera che crepitava di sera.
Degli alberi mi innamorai che toglievano spazio,
dei solitari e soffocanti cinema di quartiere,
dei dolorosi ricordi di prigione,
di un muro ferito dalle bombe.
Delle fermate del tram, delle foglie ricoperte di brina,
di una calda tasca con castagne bruciate,
della pioggia scrosciante, del suono del telefono,
perfino della nebbia fonda color cenere.
Di tutto il mondo mi ero innamorata, non di te.
Lo scoprivo nuovo, interessante, ricco.
Per questo soffro… Non per averti perso.
Altro ho perduto – il mondo intero.
Ma questa è poesia e di grande qualità. Poi c’è la prosa del perdere, che sfiora l’assurdo e, come si è visto, in questo campo il premio Nobel spetta al Pd che ha perso la bussola.
Ma – vedrete – si può scommettere che ora i giornali mainstreamperderanno la testa per la Schlein. Già hanno cominciato con le sviolinate. Auguri. Davanti al Pd si spalanca il deserto a “perdita” d’occhio. E di elettori.
Antonio Socci
Da “Libero”, 1 marzo 2023