DA CHE GUEVARA A CHE LENTANO

Lo smarrimento è totale anche nella Sinistra canzonettara. Paolo Martini (La Stampa 4/5) riferisce quel che è successo al concertone del Primo Maggio, liturgia di massa del sinistrismo.
Il “pezzo forte” dall’estero è stato l’anteprima del nuovo brano di Bruce Springsteen “Long Walk Home” che esalta – udite udite – la bandiera yankee, sì, proprio quella che nei cortei rossi capita da anni di veder bruciare.
Bruce cantava “la bandiera che ci dice che cosa dobbiamo fare” e al concertone prendeva applausi a scena aperta.
Del resto il festeggiato del concertone sindacale (per i 70 anni del cantante) è stato quell’Adriano Celentano che – nota Martini – all’edizione 1970 di Sanremo, subito dopo l’autunno caldo, portò nientemeno “Chi non lavora non fa l’amore”.
Clamoroso sberleffo alla Triplice. Aggiungerei che poi – in tempi di referendum sul divorzio – lanciò “La coppia più bella del mondo” e con ciò il ritratto democristiano del Molleggiato è completo.
Ora la Sinistra ne fa una sua icona. Da “Che Guevava” a “Che Lentano”.
Resta ancora veltroniano Jovanotti che però esordì in un modo che oggi diremmo “berlusconiano”, tale che gli valse i fulmini di Michele Serra.
Il quale Serra, riabilitandolo dopo vari anni, scrisse: “Jovanotti nacque al successo proprio in mezzo a quella deriva etica e politica che chiamammo ‘riflusso’, nei primi anni Ottanta, e ne fu uno degli espliciti cantori. Continua

VIRGOLETTE

Pietro Citati aveva lanciato un appello sulla Repubblica (7/4): “Non uccidete l’eleganza del punto e virgola”. Una dotta polemica. Peccato che poi abbia fatto più scalpore quella sulle virgolette, lanciata da altri.
Il povero Umberto Galimberti – anche lui grande firma di Repubblica – ha passato una settimana d’inferno perché vari giornali hanno rilevato “le accidentali somiglianze tra alcuni passi dei suoi libri e quelli di Giulia Sissa, Salvatore Natoli e Alida Cresti” (Il Sole 24 ore, 27/4).

Ma sono davvero così importanti le virgolette? Sergio Givone, che insegna Filosofia a Firenze e anche lui scrive per Repubblica, ha spiegato al Giornale (25/4): “La filosofia è confronto di idee e quelle idee che riconosco come giuste diventano mie…
Questo non toglie che le fonti siano fonti e vanno citate…Però ho l’impressione che in questo caso si rischi di fare una demonizzazione inutile… Continua

IL MAGO DI ARCELLA

Dunque il 30 marzo Eugenio Scalfari scrisse sulla Repubblica che “il centrosinistra vincerà sia alla Camera sia al Senato. Ce la fa. Con avversari di questo livello non si può perdere. Io sono pronto a scommetterci”.
La plebe ha sghignazzato su questa “previsione”. Ma Scalfari, la domenica successiva al voto (20/4), ha svelato che conosceva bene il futuro (disastro elettorale): “Molti amici mi hanno chiesto nei giorni scorsi come mai chi si è battuto per la vittoria dei democratici (ed io sono tra questi) non ha percepito che essa era impossibile. Ma non è vero.
Sapevamo e abbiamo detto e scritto che sarebbe stato miracoloso riagguantare nelle urne elettorali un avversario che, nel novembre del 2007, quando si è aperta la gara, aveva nei sondaggi un vantaggio di oltre 20 punti e c’erano soltanto quattro mesi di tempo prima del voto”.
Ma perché due settimane prima del voto scrisse il contrario?
Non perché gli capiti mai di scrivere qualche sciocchezza (non sia mai!). Forse la sua fu un’astuta mossa per non dare a vedere che – fra tante straordinarie doti – possiede facoltà divinatorie. Altrimenti la gente lo avrebbe assediato per chiedergli i numeri da giocare al lotto. E lui non ama sentir suonare il campanello mentre legge Montaigne. Continua

ROSSO DI SERRA…

“Domenica scorsa l’Onorevole Bonomi ha parlato a Firenze (il che, sia detto tra parentesi, dev’essere stato un bel sollievo per tutte le altre città italiane)”.
E’ il memorabile incipit del primo corsivo di Fortebraccio sull’Unità dove ha scritto fino al 1982 diventando “uno dei padri nobili della satira politica italiana”.
Altra battuta storica: “Arriva Umberto Agnelli scortato da Luca Cordero di Montezemolo, che non è un incrociatore…”.
Fortebraccio lo ricordano tutti. Tutti eccetto Michele Serra, il quale peraltro all’Unità – come dice Wikipedia – raccolse proprio “l’eredità del celebre corsivista”, succedendogli nella rubrica satirica. Continua

FUORI I NOMI

Interessante editoriale di Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della sera (6/4). Le vergognose gazzarre inscenate per impedire a Giuliano Ferrara di parlare della sua lista contro l’aborto – dice Galli – non si possono liquidare “tirando in ballo le solite frange folli”. Perché c’è nelle loro azioni “l’eco del disprezzo e della manipolazione che in Italia viene regolarmente riservato a chi non la pensa come noi”.
Tale disprezzo e tale manipolazione – denuncia Galli – vengono “spessissimo dai più illustri commentatori, dai rappresentanti più accreditati della cultura”.
E cioè? Chi? Direbbe Pigi Battista: fuori i nomi.
Galli i nomi non li fa, ma rincara la dose. Spiega che alla demonizzazione dell’avversario, alla “costruzione della figura del nemico pubblico numero uno” in Italia si dedica “per lo più la crema intellettuale del Paese, uomini e donne assolutamente dabbene”.
Ma i nomi? Non ci sono. Peccato. Il coraggioso “j’accuse” si ammoscia un po’ quando è indirizzato verso anonimi. Continua

MANZONI E LA CAMORRA

Roberto Saviano – intervistato da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, domenica sera – ha raccontato che gli hanno telefonato da un giornale della lontana Mongolia per sapere perché l’Europa è piena di immondizia.
In Italia si pensa che tutta Napoli sia sommersa. In Europa pensano che sia sommersa l’Italia. E dalla Mongolia vedono tutta l’Europa nella monnezza.
Lo strepitoso aneddoto dovrebbe far riflettere tutti.
Saviano è uno scrittore ottimo ed eroico (rischia veramente la vita).
Ha solo 29 anni, ma merita tutto il successo che ha raggiunto con il suo romanzo “Gomorra”: più di un milione di copie vendute in Italia, la copertina di Time, il New York Times che lo incorona fra i grandi scrittori del 2007.
A Fazio ha regalato una perla: “scrivo per difendere la mia anima”. Continua

SCUOLA DI VITO
Giuliano Ferrara è un amico che stimo e ammiro. Ma non so perché abbia “lanciato” Vito Mancuso come teologo di massa (seguito a ruota da Gad Lerner): farsi spiegare il cristianesimo da Mancuso è come farsi spiegare Milton Friedman da Bertinotti o i libri di Pansa da Giorgio Bocca.
E’ legittimo che Mancuso abbia cucinato una sua minestra riscaldata di vecchie idee trite e ritrite. Ma si tratta di “mancusese”, non di cristianesimo. Lo dimostra proprio il suo lungo minestrone servito sul Foglio di Pasqua.
VITO ALLE URNE
Sostiene Mancuso: “Nego che per essere salvi di fronte a Dio occorra credere che quell’evento (la Resurrezione, nda) sia avvenuto (…)
Se domani si ritrovasse un’urna con le ossa di Gesù di Nazaret, per i miei valori e la mia visione del mondo non cambierebbe molto”.
Ma per i cristiani cambierebbe tutto.
Non a caso san Paolo scrive: “Se Cristo non è risuscitato, vana è la nostra predicazione, vana la nostra fede” (1 Cor 15, 14).
VITO E I TRALCI
Aggiunge Mancuso: “Io sono discepolo di Gesù, non perché Gesù è risorto, ma perché credo che le sue parole conducono alla vita eterna”.
Tralasciando l’assenza del congiuntivo, qui a confutare Mancuso è addirittura sant’Agostino, padre e dottore della Chiesa, il quale, opponendosi ai pelagiani che esaurivano la missione di Gesù nelle sue parole e nel suo esempio, scrisse nel Contra Iulianum: “Questo è l’orrendo e occulto veleno del vostro errore: che pretendiate di far consistere la grazia di Cristo nel Suo esempio e non nel dono della Sua persona”.
Intendendo con ciò la sua incarnazione, la morte e la resurrezione a cui attingiamo oggi con i sacramenti.
VITO E LA VIA (DI DAMASCO)
Prosegue Mancuso: “Per quanto concerne le apparizioni (di Gesù risorto, nda) è decisivo notare che tutti i destinatari erano già credenti”.
Ma è davvero così? E Paolo di Tarso? Era così credente che perseguitava ferocemente i cristiani.
Gesù risorto, dopo essere apparso agli apostoli, appare anche a lui (1Cor 15, 3-7): la sua conversione deriva da questo fatto imprevisto.
Ne ha mai sentito parlare Mancuso? Non sembra, infatti aggiunge: “Ne viene che la fede si mostra come la condizione a priori dell’apparizione.
Senza fede, nessuna apparizione”. Inutile ogni commento…
VITO E LA VITA (ETERNA)
Conclude Mancuso: “Una cosa è sicura: nella dimensione senza tempo e senza spazio che è propria dell’eternità di Dio, non può sussistere nulla di materiale.
Il corpo in carne e ossa di Gesù ‘in cielo’ non esiste”.
Come fa Mancuso a definire questa baggianata: “cosa sicura”? C’è stato lui in cielo?
La Chiesa insegna che non solo Gesù è asceso al Cielo col suo corpo, ma anche Maria è stata assunta in cielo in corpo e anima (è un dogma di fede: è la prima degli eletti).
E in effetti così, tangibilmente concreta, si è mostrata a coloro che l’hanno vista a Rue du Bac, Lourdes, La Salette, Fatima, Medjugorje…
Il grande Romano Guardini ha scritto: “La Risurrezione e la trasfigurazione ci sono necessarie per comprendere veramente cos’è il corpo umano (…). In realtà, soltanto il cristianesimo ha osato porre il corpo nelle profondità più recondite di Dio”.
LA BELLA FANCIULLA
Guardini è citato da Paolo VI nel celebre discorso “La risurrezione fisica di Gesù Cristo”, pubblicato su “30 Giorni” (1/2008) con uno straordinario saggio del filosofo Massimo Borghesi che demolisce i moderni sofismi (a cui attinge Mancuso), che circolano anche in ambiente cattolico, sulla risurrezione di Gesù.
La copertina è dedicata al 150° anniversario delle apparizioni di Loudes. Titolo: “Una bella fanciulla, una povera bambina, i miracoli”.
Perché nel cristianesimo non si tratta di astrusi sistemi di pensiero, ma si tratta di guardare e toccare con mano i fatti. Quindi amare.

Fonte: © Libero – 25 marzo 2008

MONTI E TREMONTI

I dogmi, spazzati via dalla religione, ritornano nel dibattito culturale. Specialmente in economia.
La fede (cieca) sugli effetti benefici della “mano invisibile del mercato”, ha rimpiazzato quella (avveduta) sulla mano invisibile della Provvidenza.
E’ evidente anche nel dibattito su protezionismo e liberismo provocato dall’uscita del libro di Giulio Tremonti, di cui parla un articolo di Filippo Andreatta sul Corriere della sera (17/3).
Si continua a fingere che esistano liberismo e protezionismo, come teorie economiche astratte dai tempi e dai luoghi. Invece esistono solo gli interessi delle nazioni e delle produzioni dominanti che impongono ora politiche protezioniste ora liberiste nei momenti e nei luoghi determinati dalla propria convenienza commerciale. Continua

MARTIN PECCATORE

A proposito di Martin Heidegger resta ancora aperta la discussione – per niente marginale – sul suo antico “filo-hitlerismo”. Ma il filosofo è stato sdoganato a sinistra e sembra sgarbato oggi entrare in argomento.
Lo fa coraggiosamente sull’Avvenire (8/3) Andrea Galli, ricordando che Benedetto Croce definì “indecente e servile” il discorso sull’ “Autoaffermazione dell’Università tedesca” pronunciato da Heidegger nel 1933.
Tuttavia da sinistra Gianni Vattimo, nel suo libro-intervista “Non essere Dio”, ha scritto: “Se Heidegger rimane sempre un po’ reazionario – mi verrebbe da dire provocatoriamente – più ancora che per la sua parentesi nazista è perché cerca l’evento originario di un’epoca nei poeti o nelle parole dei presocratici”. Continua

LEI NON SA CHI SONO IO

In tanti hanno provato a demolire padre Pio (senza mai riuscirvi). Nell’autunno scorso Sergio Luzzatto ha dato alle stampe un libro dove modestamente parla di sé in terza persona come Cesare, definendosi “lo storico del ventunesimo secolo” (p. 131) e dove si leggono queste espressioni serene ed equilibrate sul povero frate: “santo da rotocalco” e “divo con le stigmate” (p. 16), “mistico da clinica psichiatrica” (p. 79), “piccolo chimico” (p. 126), “santo dei delatori” (p. 340), “uno pseudocristo” (p. 378).

Niente di nuovo, se non fosse per la curiosa pretesa dell’autore di aver scritto il primo libro di storia sul santo. Ecco una sua perla: “Di padre Pio esistono innumerevoli agiografie, totalmente prive di qualsivoglia requisito critico”.
Con questa umiltà e questo rispetto, Luzzatto liquida montagne di volumi. Continua