Immerso nella babele carnevalesca delle piazze e dei regimi sudamericani, papa Bergoglio appare a suo agio e il suo personaggio, calato in quel clima, diventa più decifrabile.

La grottesca divinizzazione che ne hanno fatto in Ecuador, dove si vendevano souvenir che lo raffiguravano al posto di Cristo (ma l’adulazione e la papolatria dei media e delle sacrestie nostrane non è poi molto inferiore) ha fatto da cornice a discorsi che somigliano a comizi peronisti, con poco di soprannaturale.

Ieri poi, arrivato in Bolivia, Evo Morales, presidente socialista della Bolivia, ha accolto il “fratello Papa” dandogli in dono il simbolo della falce e martello su cui era raffigurato Cristo crocifisso.

La stessa blasfema raffigurazione campeggiava pure sulla medaglia che ha messo al collo del papa argentino.

VERGOGNA

L’episodio è scandaloso perché proprio sotto l’insegna della “falce e martello” e in nome di quello che essa rappresentava, nell’ultimo secolo, è stata perpetrata la più immane mattanza di cristiani della storia della Chiesa: le vittime si contano in molti milioni.

E’ quello il simbolo di un’ideologia anticristiana e addirittura anticristica che aveva come scopo esplicito la totale cancellazione di Dio dalla terra. E ha costruito un inferno planetario per riuscirci.

Dunque regalare al papa una roba simile, oltraggiosa per i martiri cristiani e sacrilega in riferimento alla figura di Cristo, è inaccettabile.

E’ sconcertante che papa Bergoglio abbia accettato l’omaggio senza obiettare, anzi sorridendo compiacente.

C’è chi sostiene che Morales è stato inopportuno e ha messo in difficoltà il papa, ma non pare proprio che le cose stiano così. Anzitutto mi sembra ovvio supporre che i cerimoniali siano concordati, quindi dubito che quel “dono” abbia colto di sorpresa il Vaticano (ove non vi fosse l’accordo preventivo ci sarebbe da preoccuparsi ancor di più perché vorrebbe dire che il papa è esposto all’affronto di qualunque demagogo).

In secondo luogo è significativo che un capo di stato, sia pure da socialismo surreale, come Morales, ritenga di regalare un simile orrore a papa Bergoglio e a nessuno invece sia venuto in mente di regalarlo  a Giovanni Paolo II o a Benedetto XVI (per esempio durante i viaggi a Cuba).

Evidentemente si è ritenuto che quell’oggetto – che di per sé potrebbe simboleggiare benissimo la teologia della liberazione e il cattocomunismo di ogni latitudine (con Cristo crocifisso come “metafora” dei poveri) – sarebbe stato gradito o apprezzato dal papa argentino.

Morales infatti non aveva l’atteggiamento del “provocatore”, ma dell’estimatore di Bergoglio, che ha lodato continuamente come “papa dei poveri”.

Infine, come ho detto, Bergoglio ha sorriso compiacente alla spiegazione dei simboli e ha portato al collo l’oscena raffigurazione.

Avrebbe fatto lo stesso se gli fosse stato data in dono una ripugnante svastica con sopra rappresentato un “Cristo ariano”? Io credo (e spero) proprio di no. Dunque perché la “falce e martello” sì?

A chi scioccamente dovesse argomentare che il comunismo ormai è cosa passata va detto che anche la svastica è cosa del passato, ma nessuno vorrebbe portarla al collo.

I crimini di comunismo e nazismo non si possono dimenticare. Ma soprattutto va fatto presente che sotto i regimi della “falce e martello” tuttora, nel presente, i cristiani sono perseguitati e massacrati e non si tratta di casi trascurabili dal momento che solo la Cina conta un miliardo e 300 milioni di abitanti. Mentre la Corea del Nord per ferocia è al livello della Cambogia di Pol Pot.

PAPATO STUPEFACENTE

Del resto tra i doni del “socialista surreale” Morales al papa ce n’è pure un altro, altrettanto imbarazzante. Quando Bergoglio è sceso dalla scaletta dell’aereo, Morales gli ha messo al collo la tradizionale “chuspa”, il contenitore per le foglie di coca che si usa nei paesi andini.

Il sito Dagospia, che ha il bernoccolo del trash, ha giustamente commentato: “Mancava solo la maglietta di Che Guevara e un ‘bong’ di Bob Marley”.

Ma il caso è tragicomico. Perché i paesi andini, Perù, Bolivia e Colombia, sono i maggiori produttori di coca nel mondo. E Morales, che è tuttora capo di un sindacato dei coltivatori di coca, ha fatto della legalizzazione della coca la sua principale battaglia politica internazionale.

“Limes” iniziava così un articolo a lui dedicato: “ ‘Viva la coca, morte agli yankee!’, ha gridato Evo Morales lunedì 14 gennaio (2013), festeggiando la vittoria ottenuta all’Onu, nella sua battaglia per la legalizzazione della coca”.

Dunque c’era proprio bisogno che il papa portasse disinvoltamente al collo quell’emblematico contenitore? Non ha pensato che la sua figura veniva strumentalizzata da Morales per una battaglia del tutto discutibile, anzi esecrabile? Non è devastante degradare a tal punto la figura del papa?

Sembra che Bergoglio non ami proprio esercitare la virtù della prudenza. Nei giorni scorsi aveva fatto scalpore la notizia, data dallo stesso governo boliviano, secondo cui il papa intendeva masticare foglie di coca arrivando in Bolivia.

Non si sa se l’abbia fatto, ma in ogni caso il “vescovo di Roma” ha portato senza imbarazzi la “chuspa” che Morales gli ha messo al collo. Oltretutto fino al momento in cui scrivo non risulta che Bergoglio abbia tuonato contro il sistema economico di quei paesi che fanno della coltivazione della coca una delle principali fonti di reddito.

Vedremo. C’è però da dubitare che lo faccia visto che finora ha fatto discorsi di apprezzamento del regime boliviano di Morales, affermando che la Bolivia è sulla strada giusta.

Si legge testualmente su “Repubblica”: “forte appoggio del papa appena giunto a La Paz al cammino di inclusione sociale della Bolivia… Forte sintonia e calore con il presidente Evo Morales”.

In compenso Bergoglio ha tuonato contro chi costruisce muri (“Bisogna costruire ponti piuttosto che erigere muri”). Secondo alcuni osservatori ce l’aveva con Israele e con l’Ungheria (per le barriere con cui proteggono le proprie frontiere).

Non avrebbe fatto meglio, in quel luogo, a tuonare contro chi coltiva e smercia coca?

Con Bergoglio di sana prudenza ecclesiale non c’è traccia, di ardore per le scomode verità nemmeno. E – se è permessa una battuta – è la stessa fede cattolica che va in “fumo”.

DEVASTAZIONE

Il viaggio di Bergoglio in Sudamerica fa capire perché, proprio in quel continente un tempo cattolicissimo, la Chiesa, negli ultimi decenni, è in caduta libera, con un crollo statistico di appartenenza che non ha eguali al mondo.

Dove i preti e i vescovi fanno i sindacalisti e i demagoghi, le persone non provano più nessuna attrattiva per la fede. Se i discorsi che fanno gli ecclesiastici somigliano a quelli di Evo Morales perché andare ancora in Chiesa?

E’ per questo che, nei popoli di quel continente, la domanda religiosa e l’attrattiva del soprannaturale si è convogliata su altre forme di religiosità e tantissimi stanno abbandonando la Chiesa Cattolica.

Ora Bergoglio sta applicando la rovinosa ricetta, già sperimentata in America Latina, anche alla Chiesa universale. In modo da fare gli stessi disastri.

Così lascerà un panorama di rovine fumanti, ma con tanti applausi da parte dei nemici di sempre della Chiesa, da parte dei vari Morales e dei coltivatori di coca.

 

Antonio Socci

Da “Libero”, 10 luglio 2015 – Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”

[ NELLA FOTO IL MEDAGLIONE CON FALCE-MARTELLO E CROCIFISSO CHE BERGOGLIO PORTA AL COLLO ]

Post scriptum – Certi “pompieri” clericali – di fronte alla figuraccia fatta da Bergoglio – hanno diffuso la voce che egli, davanti alla falce e martello col Cristo crocifisso, abbia risposto obiettando “No está bien eso”, questo non va bene.

Magari avesse detto così e lo avesse rifiutato…

Ma tale versione è smentita dal video dove si vede che Bergoglio accetta il dono, sorridendo, e non lo rifiuta (del resto porta quella stessa immagine blasfema nel medaglione che ha al collo).

In realtà nel video Bergoglio si sente bene che non ha detto “No está bien eso”, ma “no lo savia, eso”, non lo sapevo.

https://www.youtube.com/watch?v=1m_LmJjs2eM

A cosa si riferivano queste parole? Cos’è che non sapeva?

Ciò che Morales gli stava spiegando, ovvero che quel crocifisso con falce e martello fu disegnato proprio dal gesuita Luis Espinal, che fu ucciso nel 1980 dai paramilitari e sulla cui tomba, a La Paz, Bergoglio si era appena recato per rendere omaggio come si fa alla tomba di un martire.

Lo stesso padre Lombardi, sia pure a mezza bocca, ha confermato: “non lo sapevo neanche io”. Sono stati i gesuiti boliviani a spiegargli che il disegno è dovuto proprio a padre Espinal.

Quindi nessun rifiuto da parte di Bergoglio. Conoscere la paternità di quel simbolo è un flash che fa capire molte cose sulla Chiesa sudamericana… Fa capire i rapporti e l’influenza del mondo marxista su quella Chiesa… Imbarazzante!