“Una mano di bianco sulla Cappella Sistina. I deliri woke d’America aprono il processo a Michelangelo”.

Questo titolo, comparso su Huffington Post (13/3), era seguito da un sottotitolo: “L’autrice del best seller Fragilità Bianca definisce ‘essenza del suprematismo bianco’ il capolavoro del genio del Rinascimento italiano”.  

L’attacco della sociologa Robin DiAngelo alla “Creazione di Adamo” del Buonarroti è stato ritenuto da molti surreale. Ma c’è tanto altro da dire.

Infatti proprio il racconto della Genesi su Adamo ed Eva, come unici progenitori, riportato dalle Scritture ebraiche e diffuso in tutto il mondo dal cristianesimo, è stato storicamente il più potente vaccino contro il razzismo.

Lo ha spiegato un’autorità come Léon Poliakov (1910-1997) che fu tra i fondatori del Centro di documentazione ebraica e tra i consulenti che raccolsero la documentazione per il Processo di Norimberga. Sulla base degli archivi di Norimberga, Poliakov scrisse Bréviaire de la haine(Breviario dell’odio), pubblicato da Raymond Aron con la prefazione di François Mauriac. Poliakov è anche autore di una monumentale Storia dell’antisemitismo.

Dunque, rispetto a un’antichità in cui l’inimicizia tra i popoli prendeva la forma di gerarchie umane, di sopraffazione e la pratica dello schiavismo era abituale, la diffusione del cristianesimo rappresenta un’enorme rottura.

Poliakov, nella sua ultima opera, Il mito ariano (Editori Riuniti), spiega che “il cristianesimo insegnava che tutti gli uomini discendevano da un padre comune, Adamo, attraverso il patriarca Noè (…) il che spiegava concretamente l’idea base della fraternità universale degli uomini”.

Con il cristianesimo tutti gli uomini sono uguali e diventa inconcepibile una loro divisione in “razze”. Quando si cominciò a “mettere in dubbio la dottrina biblica dell’unità del genere umano”? Decisiva fu la scoperta di nuovi continenti – dal XVI secolo – con gli appetiti colonialiche tali scoperte scatenarono, mentre lo scisma protestante indebolivaenormemente l’influenza culturale e il peso politico della Chiesa.

“Si delinea così” scrive Poliakov “l’attacco antibiblico o anticlericale”. Contro il monogenismo della Genesi (cioè la discendenza di tutta l’umanità dagli stessi progenitori) si sviluppò “la teoria del ‘poligenismo’, della quale, nel secolo dei Lumi, Voltaire fu il più illustre rappresentante”. Teoria che “pretendeva alla dignità di dottrina puramente scientifica”. Mentre i Lumi degradavano a superstizione il racconto della Genesi.

Non era solo una discussione intellettuale. Riguardava il trattamento che si doveva riservare alle popolazioni indigene delle terre appene scoperte. Cominciò a diffondersi l’idea che quei popoli fossero barbari e quindi si potessero rendere schiavi. Il domenicano Bartolomeo de Las Casas si oppose a queste idee richiamando la comune discendenza da Adamo e rivendicando il diritto di quei popoli di essere evangelizzati ed essere trattati da uomini liberi.

“La Santa Sede” scrive Poliakov “non tardò a ricoprire con la sua autorità le concezioni di Las Casas e proclamò nel 1537 (bolla Sublimis Deus) che gli indiani erano dei veri uomini”.

Poliakov dedica molte pagine a Voltaire, sostenitore del “poligenismo” che “gli permetteva di avanzare delle giustificazioni ‘naturali’ allo schiavismo”. Ma poi lo storico prosegue nella sua sorprendente galleria di filosofi sul cui pensiero è sorta la modernità. Con le sue tenebre.

Ne emerge che i (veri) Lumi non sono i loro, ma quelli del cristianesimo.

 

Antonio Socci

 

DA “Libero”, 16 marzo 2024

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