La gente comune – alle prese con i problemi veri – se ne infischia: le lunghe fasi del Congresso del PD sono attraenti per gli italiani quanto un campionato di uncinetto o come la trentesima proiezione consecutiva della Corazzata Potëmkin”.

Per gli avversari del PD sono uno spasso perché possono così godere del lento suicidio di un partito che già alle elezioni ha scelto la strategia Tafazzi. Per i giornali – perlopiù simpatizzanti del centrosinistra – questa agonia permette disperate e pensose diagnosi che a volte si trasformano in lamento funebre.

Antonio Polito, nell’editoriale sul Corriere della sera di ieri, dopo aver ironizzato sugli 87 “saggi” chiamati a “riscrivere la ‘carta dei valori’ fondativi” del Pd – cioè a inventare un altro Pd (che qualcuno vorrebbe chiamare “Partito Democratico del lavoro”, cioè PDL, proprio la sigla che era del centrodestra) – ha concluso: “Tutto ciò ci dice che il Pd si considera già sciolto”.

In effetti l’ex segretario Zingaretti ritiene “oramai fragilissimi gli elementi comuni che ci tengono insieme”. E Graziano Delrio riconosce: “il rischio implosione esiste”.

Tempo fa, prima della crisi di governo, il filosofo (di sinistra) Massimo Cacciari fece questa diagnosi: “Il Pd non è un partito, è un insieme di avanzi di partito il cui unico collante è il potere. Deve resistere al governo per esistere. Infatti dove non sono al governo, come in alcune regioni del Nord, vivono uno smottamento completo, hanno zero base sociale. Se salta l’alleanza con i 5stelle loro che fanno? Non hanno strategia, non hanno anima”.

In effetti oggi – con un segretario dimissionario e il partito all’opposizione – il Pd somiglia al “cavaliere inesistente” di Italo Calvino: un’armatura vuota che si muove “senza individualità fisica”. Quel “cavaliere” è una sorta di robot “che compie atti burocratici con quasi assoluta incoscienza”.

Sembra la descrizione di queste infinite fasi congressuali del Pd. Anche la sua identità di partito di opposizione è surreale. Oggi l’opposizione al governo la fanno i giornali. Quella del Pd è credibile come una moneta da tre euro.

In campagna elettorale Letta “profetizzò” che un governo di centrodestra avrebbe scassato i conti, con un’impennata dello spread e il baratro. È avvenuto il contrario.

Così ora il Pd critica il neonato governo Meloni per la legge di bilancio troppo debole e poco coraggiosa che però si è dovuta fare, a novembre, in base ai dati economici del governo Draghi di cui il Pd era parte preponderante.

Sempre il Pd critica i ritardi del Pnrr, ma in realtà sono i ritardi del governo precedente, già riconosciuti da Draghi e Franco (l’esecutivo Meloni, essendo appena arrivato, non può aver fatto ritardi).

Il partito di Letta giudica poi insufficienti gli stanziamenti per la sanitàdimenticando i veri, grandi tagli alla sanità fatti dai governi Pd (a cominciare dal governo Letta).

Attaccano l’attuale governo anche sul tema della povertà dal giorno del suo insediamento, ma con quale credibilità? Il Pd – senza mai vincere le elezioni – ha governato dal 2011 al 2022 (eccetto nell’anno del Conte 1 gialloverde) e la povertà assoluta in Italia è passata da 3 milioni e 415 mila persone del 2011 a 5 milioni e 600 mila del 2021.

I Dem inoltre attaccano il governo sul contrasto all’immigrazione irregolare “dimenticando” il lavoro fatto dal loro ministro Minniti.

Non solo. “Il Pd” osserva Polito “si batte oggi contro l’autonomia differenziata, tentando di far dimenticare che era contenuta nella riforma costituzionale del centrosinistra nel 2001. Deve difendere dalle ‘destre’ il reddito di cittadinanza, contro cui votò durante il governo Conte1. Ha dovuto approvare il taglio dei parlamentari, che aveva contrastato in quanto sommo atto populista. Deve sconfessare il Jobs Act che un suo governo ha prodotto. O strillare contro un aumento del tetto al contante analogo a quello che decise quando governava. Oppure ancora partecipare a una manifestazione contro le armi all’Ucraina che contesta ciò che ha fatto il suo ministro della Difesa”.

Non è finita. Il Pd fa la crociata contro l’innalzamento a 5 mila euro del tetto al contante prospettato dal governo. Letta dichiara: “sono sconcertato… aumentare quella soglia significa fare una scelta dissennata che peggiorerà la situazione con l’unico effetto di far aumentare il nero e far diminuire le entrate fiscali”.

Ma viene sconfessato dal Consiglio dell’UE che stabilisce il tetto al contante addirittura a 10 mila euro.

L’opposizione ha pure contestato la decisione governativa sui pagamenti con il Pos ed egualmente è stata sconfessata dalla Commissione UE che nel report “Vat gap in the Eu” sostiene che l’aumento della quota di pagamenti elettronici non ha avuto effetti per quanto riguarda l’evasione dell’IvaSmentite che arrivano da quella stessa UE che il Pd ha sempre osannato e venerato come un dogma religioso.

Sennonché ora, nel Congresso PD, si affaccia l’idea di “espungere l’ordoliberismo”: significherebbe diventare euroscettici. Un capovolgimento di fronte, dopo aver cavalcato per decenni il Mercato e i Trattati europei presentandosi come i paladini del liberismo/liberalismo. Possibile?

Oggi il Pd vive uno smarrimento totale di identità e potrebbe anche implodere.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 11 dicembre 2022

 

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