Con “l’amico novax” c’è ormai “un solco incolmabile”. Così lo scrittore Emanuele Trevi sul “Corriere della sera”: “pensano che mostrare il green pass in treno sia un attentato alla Costituzione… cascano le braccia alla sola idea di discutere con loro”. Secondo Trevi “a sorreggerli c’è l’inconfessato sentimento che tanto a vaccinarsi ci abbiano pensato gli altri”.

Giovanni De Luna sulla “Stampa” esprime una sensazione altrettanto forte: “L’irruzione dei novax sulla scena pubblica ha provocato una rottura nella profondità dei legami sociali”. Si è aperto un baratro nei rapporti umani, “a cominciare da quelli tra medico e paziente” che pure – all’inizio della pandemia – erano stati spesso eroici e commoventi.

Perfino la Chiesa, che potrebbe essere la preziosa e materna presenza che porta saggezza e solidarietà, che riconduce al buon senso, ricucendo un tessuto sociale rabbioso e radicalizzato, è, a sua volta, lacerata perché c’è una parte del mondo cattolico che ha fatto sua l’ideologia novax.

Oltretutto è quella parte che, in passato, si era distinta per fedeltà e ortodossia, mentre oggi si contrappone all’insegnamento della Chiesaespresso dalla Congregazione per la dottrina della fede e lo delegittima.

Finora la gerarchia ecclesiastica ha sottaciuto questa spaccatura o forse ha sottovalutato le sue traumatiche conseguenze ecclesiali. Solo il cardinale Eijk ha parlato in modo chiaro, ma non si tratta di un prelato italiano, bensì del primate d’Olanda (peraltro ratzingeriano).

Il cardinale ha tuonato contro “la cultura iper-individualista contemporanea, che percepisce come una violazione della libertà” quelle limitazioni decise dagli stati durante la pandemia: “(essa) non riesce a comprendere che i governi hanno il diritto e persino l’obbligo di limitare in una certa misura la libertà dei cittadini se ciò è necessario per evitare che agenti infettivi, come il virus Covid-19, si diffondano tra la popolazione”.

In sostanza il porporato ha messo in guardia i cattolici perché aderendo alle proteste novax e alla loro assurda visione, di fatto abbracciano quell’ideologia individualista che è alla base della cultura radicale e libertaria che avversano su altri temi (come l’eutanasia o l’aborto).

Finalmente però nei giorni scorsi anche i vescovi italiani hanno affrontato il problema. Il Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, nel messaggio sulla 44ma Giornata nazionale per la vita, ha espresso riconoscenza ai tanti che “sin dai primi giorni della pandemia” si sono prodigati per salvare vite umane (specie medici e infermieri), a volte pagando “un prezzo molto alto per la loro generosità”.

Poi i vescovi scrivono: “Non sono mancate tuttavia manifestazioni di egoismo, indifferenza e irresponsabilità, caratterizzate spesso da una malintesa affermazione di libertà e da una distorta concezione dei diritti. Molto spesso si è trattato di persone comprensibilmente impaurite e confuse, anch’esse in fondo vittime della pandemia; in altri casi, però, tali comportamenti e discorsi hanno espresso una visione della persona umana e dei rapporti sociali assai lontana dal Vangelo e dallo spirito della Costituzione. Anche la riaffermazione del ‘diritto all’aborto’ e la prospettiva di un referendum per depenalizzare l’omicidio del consenziente vanno nella medesima direzione”.

Il messaggio della Chiesa ai cattolici novax, in genere di idee conservatrici (quindi lontane dall’ideologia liberal), è chiarissimo: attenti, state abbracciando la mentalità che avete sempre avversato.

Purtroppo però anche questo messaggio è stato ignorato o non è arrivato ai destinatari. Eppure contiene riflessioni che sarebbero preziose per tutti, comunque la pensiamo su vaccini e Green pass.

Dopo due anni di pandemia ci sono importanti lezioni da trarre. La prima è che – nonostante tutte le difese che con il progresso scientifico e tecnologico abbiamo costruito – noi restiamo creature fragili e la nostra vita è effimera.

Quindi – dicono i vescovi – è crollata “ogni illusione di onnipotenza e autosufficienza”. È una consapevolezza importante da conquistare, perché noi moderni dimentichiamo spesso la nostra condizione umana.

Però – proprio di fronte a questa incontrollata minaccia di morte – la Chiesa stessa avrebbe potuto e dovuto comunicare anche la cosa più importante, quella per cui essa stessa esiste e cioè che la morte non ha l’ultima parola, perché Cristo l’ha vinta, e non fa più terrore, tanto che Francesco d’Assisi poteva chiamarla serenamente “sorella morte”(“Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare”).

Papa Benedetto XVI – per la scomparsa di una delle Memores Domini della famiglia pontificia – spiegò che il Signore non dimentica mai nessuno di noi e questo vale anche se si muore soli in una terapia intensiva:

“il Signore è Memor nostri, ci ricorda con l’amore di un Genitore, di un Fratello, di un Amico, anche nel momento della morte. Sebbene a volte possa sembrare che in quel momento Lui sia assente, che si dimentichi di noi, in realtà noi siamo sempre presenti a Lui, siamo nel suo cuore. Ovunque possiamo cadere, cadiamo nelle sue mani. Proprio là, dove nessuno può accompagnarci, ci aspetta Dio: la nostra Vita”.

In fondo c’è una cosa che, in questa tragedia collettiva, ha accomunato i novax e tutti noi vaccinati ed è la paura (magari, nel loro caso, paura della cosa sbagliata, cioè del vaccino, ma pur sempre paura). Al fondo sempre paura della morte.

Ma fermandoci alla paura, ha scritto Davide Rondoni – poeta di qualità e osservatore intelligente – ci riduciamo alla nostra mera realtà biologica, preoccupandoci solo della durata della vita, che comunque è sempre limitata, mentre dimentichiamo di interrogarci sul suo significato, su ciò per cui vale la pena vivere, su quello che rende l’esistenza degna di essere vissuta.

Forse la Chiesa avrebbe dovuto far sentire di più la sua voce su questo che è l’aspetto decisivo, sempre.

Ma testimoniano proprio questo i cristiani che donano il loro tempo e le loro energie in tante opere di carità. Magari si poteva e si può fare di più anche durante la pandemia, lo dico da cattolico e lo dico specialmente a tanti amici novax: basta con manifestazioni e post di protesta su internet, facciamo piuttosto opere di carità.

Con l’amore testimoniamo – come scrivono i vescovi – che “la vita ha bisogno di essere custodita e che nessuno può bastare a se stesso”, che “ciascuno ha bisogno che qualcun altro si prenda cura di lui, che custodisca la sua vita dal male, dal bisogno, dalla solitudine, dalla disperazione”.

Come fece, nella parabola, il Buon Samaritano il quale poi è Cristo stesso che è venuto fra noi, si piega sulle nostre miserie e le nostre ferite e ci salva.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 21 novembre 2021