LA SCOMODITA’ DI PAPA FRANCESCO PER I MEDIA (E NON SOLO)
Sono giorni impegnativi in Vaticano: la creazione di nuovi cardinali, la visita del Papa all’Aquila, alla tomba di Celestino V, poi la riunione di tutti i porporati dopo otto anni.
Eventi che nella stampa internazionale alimentano voci su novità clamorose in arrivo che alla fine ruotano tutte attorno all’ipotesi di rinuncia (per malattia) di Francesco e a un possibile nuovo Conclave.
In tutto questo vociferare sul papa ipotetico, i media intanto oscurano il papa presente e non per distrazione, ma perché è (diventato) scomodoper quel sistema informativo che prima lo idolatrava (senza mai capirlo).
Le parole durissime sulla guerra e sulla mancanza di volontà di pace, pronunciate da Francesco nell’udienza di mercoledì, sono state completamente silenziate. Come accade da mesi. La sua voce profetica non rientra nel solito schema “o di qua o di là”: lui difende i popoli, i “tanti innocenti che stanno pagando la pazzia, la pazzia di tutte le parti, perché la guerra è una pazzia e nessuno in guerra può dire: no, io non sono pazzo”.
Non è gradito un profeta che denuncia l’assuefazione al conflitto in Ucraina e la nuova Guerra fredda Est/Ovest che potrebbe diventare guerra mondiale vera e che intanto causa già disastri sociali, anche per la nostra gente, come ha scritto Andrea Tornielli su Vatican News, ricordando le “gravi conseguenze, economiche e di approvvigionamento energetico, previste a breve e medio termine per tanti Paesi” (che produrranno crisi gravissima, disoccupazione e povertà).
Del resto i media non hanno parlato nemmeno del contenuto dell’Udienza di mercoledì che – concludendo la bella catechesi sulla vecchiaia – spalancava l’orizzonte alla vita oltre la morte, al Paradiso.
Anche questo è un papa Francesco che i media non digeriscono e che in fondo spiazza sia i suoi critici (chi scrive lo è stato per anni) sia i suoi adulatori di ieri. Pure la sua volontà manifesta di stare fuori dalla contesa elettorale italiana ha spiazzato i vescovi (e i partiti) che speravano di strumentalizzarlo in una certa direzione.
Ormai da mesi Francesco non rientra negli schemi della stampa laico-progressista e in quelli dei tradizionalisti. Gli uni speravano e gli altri temevano che egli rovesciasse la dottrina cattolica e invece Francesco ferma la “rivoluzione” dottrinale (che è stata tentata dalla Chiesa tedesca) e ripropone in modo commovente (anche nel suo recente saluto al Meeting) l’annuncio cristiano.
Gli uni applaudivano e gli altri deprecavano l’abbandono della battaglia culturale sui “principi non negoziabili” e il Papa, con un semplice intervento della Segreteria di Stato, suscita nel Parlamento italiano un ripensamento che ferma il Ddl Zan. Senza schiacciare la Chiesa su battaglie ideologiche che farebbero perdere di vista l’essenziale, cioè che Dio è misericordia e cerca e ama e abbraccia tutti i suoi figli.
È il Papa che è cambiato o siamo noi che non lo abbiamo capito per anni? È stato frainteso dagli uni e strumentalizzato dagli altri? Ogni pontificato ha una sua parabola e spesso i suoi inizi sono diversi dagli sviluppi (basti pensare a Paolo VI), perché la storia va avanti e anche le vie pastorali si precisano con il tempo. Ma è vero che questo Papa è stato (ed è) incompreso.
La sua volontà di far arrivare a tutti la misericordia del Padre senza precondizioni, anzitutto ai più lontani, a quelli che certi cattolici credono perduti, ha fatto sperare ai progressisti – e temere ai conservatori – che intendesse disfarsi della dottrina cattolica.
Ma in realtà era sua intenzione fare ciò che i cristiani fanno da sempre, perché Gesù Cristo non è solo la Verità incarnata, è anche il Buon Pastore che si carica le pecorelle ferite sulle spalle, che ha pietà dei peccatori. È il Buon Samaritano che si piega su ogni sofferente che incontra sulla sua strada.
Oggi i cattolici si sentono assediati come se la Chiesa fosse alla fine. E i modernisti sperano che in effetti si diluisca nel mondo. Ma Francesco – come peraltro Benedetto XVI – guarda invece alle sorprese di Dio. Papa Ratzinger ebbe a dire che non siamo noi (cattolici) a salvare la Chiesa, perché è di Cristo e sarà lui a guidarla fuori dalle tempeste.
Francesco ha la stessa convinzione e crede che l’inesauribile fantasia dello Spirito Santo possa far risorgere la fede dove meno ce lo aspetteremmo. E che bisogna solo permettergli di operare. Non ostacolarlo.
In fondo chi mai aveva “pianificato” san Francesco d’Assisi? Il Medioevo aveva dato tutto: Bernardo di Chiaravalle era la vetta dei secoli cristianizzati dal monachesimo benedettino. Dai barbari era fiorita un’Europa cristiana. Ma sembrava che, dopo il Mille, i tumultuosi tempi nuovi – il boom demografico, l’urbanizzazione, la nuova civiltà comunale, la nascita della borghesia – cambiassero tutto, che superassero quei secoli. Il monachesimo era fuori dal mondo nuovo delle città.
Poi, imprevisto, arrivò Francesco d’Assisi. Nessun “piano pastorale” della Chiesa lo aveva immaginato. Lui stesso voleva solo vivere il Vangelo alla lettera. Fu un ciclone. E i papi lo capirono. E la Chiesa divenne nuovamente la luce a cui i tempi nuovi guardarono.
La Grazia opera così. Un autore prezioso, citato dal Papa, è Charles Péguy. Certe sue pagine sembrano rivelare cosa c’è nel cuore del Pontefice:
“Miserevoli moderni… Sì, è vero, i moderni hanno voluto eliminare da loro, dalla loro società, dalla loro famiglia, da tutto il loro essere ogni essenza cristiana. Ma la grazia è insidiosa, è ritrosa, è inattesa. Testarda come una donna tenace, quando la metti alla porta rientra dalla finestra. Gli uomini che Dio vuole avere, li ha”.
Vale per i singoli e vale per i popoli, per le epoche. Péguy infatti prosegue:
“è vero, il mondo moderno ha fatto di tutto per proscrivere la cristianità. Ma io vedo un’invincibile cristianità risorgere dal di sotto, dall’intorno, dappertutto. La misconoscerò solo perché non avevo calcolato da dove sarebbe venuta? Non ho il diritto di rallegrarmene? O devo rattristarmi, per piacere a pochi miseri devoti, perché Dio torna da dove non l’attendevo?”.
E infine:
“si dovrebbe credere che Dio, per piacere a pochi miseri devoti, possa abbandonare tutto un popolo e tutto un mondo e tutto un secolo delle sue creature? Al contrario, lo lavora. Quel popolo compirà un camminoche non aveva cominciato. Quel popolo arriverà per la strada per la quale non era partito e così molti si rivestiranno, si ritroveranno nelle forme sacramentali”.
Per pensare così occorrono fede, speranza e carità. E credo che Pietro pensi così.
Antonio Socci
Da “Libero”, 28 agosto 2022