Chi ricorda gli anni Settanta sa bene quanto i militanti di Lotta Continuafossero agnellini miti e mansueti. Sprizzavano amore e comprensione verso il prossimo.

Dev’essere per questo che il loro leader storico di allora, Adriano Sofri, ha voluto partecipare alla manifestazione di Firenze contro “l’aggressione squadrista” di alcune settimane fa al liceo Michelangelo.

Sofri ne ha parlato nella rubrica che tiene sul “Foglio” (8/3), in cui ha scritto – fra le altre cose – che, durante quella manifestazione fiorentina, non ha sentito urlare lo slogan riportato da alcuni giornali: “Il compagno Tito ce lo ha insegnato/ uccidere un fascista non è reato”.

A tal proposito Sofri aggiunge queste parole: “Ai molto sinistri che vanno a scuola dal compagno Tito, gran combattente ma piuttosto destro, non avranno detto che ci furono anni in cui il compagno Tito insegnò anche a incarcerare e liquidare fior di indisciplinati di sinistra”.

Così apprendiamo che Tito era un “destro” e incarcerava (anche) i comunisti. La seconda cosa è vera (Stalin non fu da meno). Ma la prima rivelazione ci scompagina le idee.

Non ci viene ripetuto di continuo che il mondo si divide in due: a destra i fascisti e a sinistra gli antifascisti? Poi arriva Sofri e ci spiega che Tito perseguitava i compagni ed era un “destro”.

Del resto con la stessa disinvoltura – in questi mesi – i media hanno dato di Putin l’idea di un autocrate fascista. Su “Micromega” (22/2), per esempio, è uscito un saggio intitolato “Chi era Ivan Il’in, l’ideologo del fascismo di Putin”. E il sottotitolo: “Ivan Il’in, pensatore fondamentale per il fascismo russo attuale, è poco noto e poco tradotto”.

Tutto questo mente il compagno Vladimir Putin – già membro del Pcus e funzionario del Kgb dell’Unione Sovietica – accusa di “nazismo” l’Ucraina di Zelensky.

La confusione dunque è massima. Ma è proprio così facile confondere questi totalitarismi? Come orientarsi sul ‘900?

Giovanni Maddalena ha scritto: “Sia Grossman sia Hannah Arendt hanno spiegato bene dove sta il trucco. Chiamateli come volete, ma ciò che conta sono le caratteristiche dei sistemi: il culto del capo, l’onnipotenza dello Stato, la coincidenza Stato-partito, un sistema deduttivo di idee, propaganda continua, controllo dell’informazione con menzogne di Stato, sistema di polizia segreta, violenza fisica e tortura, delazione autorizzata a ogni livello, disprezzo della libertà individuale” (Italia oggi, 26/4/22).

D’altronde una realtà storica certa – e da sempre rimossa – è l’origine politica di Mussolini: la sinistra rivoluzionaria.

Torna in mente un vecchio libro di una grande firma del giornalismo progressista, Giorgio Bocca, che già aveva scritto, per Laterza, “Storia dell’Italia partigiana”. Nel 1983 pubblicò un saggio che sollevò polemiche. S’intitolava “Mussolini socialfascista (Il socialismo reale non è fascismo ma come gli somiglia)” (Garzanti).

Bocca raccontò quello che da anni si era voluto dimenticare o comunque si taceva. Ovvero che Mussolini era stato il prodotto di maggior successo della sinistra rivoluzionaria italiana.

Infatti non fu solo socialista, ma fu – scrive Bocca – “il tribuno, il giornalista politico, il trascinatore che infiammava i militanti ed era seguito, ammirato, dal socialismo internazionale. ‘Il nostro miglior allievo’, come diceva Trockij, colui che a Reggio Emilia ha fatto imboccare ‘la via giusta’, come aggiungeva Lenin, o ‘l’unico uomo capace di fare la rivoluzione in Italia’”. Parole di Lenin.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 18 marzo 2023