SE IL PAPA INVITA GLI ECCLESIASTICI E TUTTI I CRISTIANI AD AMARE POESIA E LETTERATURA…
Il Papato è la sola grande istituzione che parla di bellezza e da mezzo secolo ripete che è essenziale per la vita dei singoli e dei popoli. Lo prova, fra l’altro, la recente Lettera di Papa Francesco “sul ruolo della letteratura nella formazione” del mondo ecclesiastico e di tutti i cristiani.
A COSA SERVE LA POESIA
Avendo auspicato qui, un mese fa, i vescovi italiani dedicassero più tempo alla lettura di Dante che alle riforme istituzionali come il premierato, non posso che rallegrarmi del documento pontificio.
Quel mio suggerimento nasceva infatti dalla convinzione che conoscere e capire la Divina Commedia sia infinitamente più illuminante, anche per comprendere il presente, che leggere e ripetere i pronunciamenti di un partito (in questo caso il Pd) sulle riforme istituzionali.
La Lettera del Papa, invitando a immergersi nella letteratura, non auspica ovviamente che tutti gli ecclesiastici e tutti i cristiani diventino critici letterari. Il suo documento riflette semmai la stessa preoccupazione di Giovanni Paolo II quando affermava: “Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta”.
La necessità di questa maturazione è più avvertita oggi perché, in questa epoca, l’esperienza religiosa rischia di affondare in una dimensione esclusivamente emozionale, intimistica o devozionale. Restando alla superficie dell’anima e diventando irrilevante nel mondo, come una bolla lontana dalla carne della storia. Così i cristiani finiscono per assumere i criteri di giudizio dalle ideologie del mondo.
Invece si tratta di fare in modo che “tutti, davvero tutti” scrive il Papa, “possano sperimentare quanto sia vero ciò che dice il Concilio Vaticano II: ‘in realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo’”.
Si tratta di acquisire quella conoscenza dell’umano, quella consapevolezza della realtà e quella capacità di giudizio che sono fondamentali per la vita cristiana, anche per l’attività caritativa che di per sé è immersa nella realtà, ma che facilmente scade nell’attivismo sociale da Ong.
Non a caso il Papa scrive: “In verità, il nostro sguardo ordinario sul mondo è come ‘ridotto’ e limitato a causa della pressione che gli scopi operativi e immediati del nostro agire esercitano su di noi. Anche il servizio – cultuale, pastorale, caritativo – può diventare un imperativo che indirizza le nostre forze e la nostra attenzione solo sugli obiettivi da raggiungere. Ma, come ricorda Gesù nella parabola del seminatore, il seme ha bisogno di cadere in un terreno profondo per maturare fecondamente nel tempo, senza essere soffocato dalla superficialità o dalle spine (Mt13,18-23). Il rischio diventa così quello di cadere in un efficientismo che banalizza il discernimento, impoverisce la sensibilità e riduce la complessità”.
UN ANTICO AMORE
La letteratura è una via d’accesso privilegiata per capire l’uomo e per cogliere le tante forme in cui si esprime la sua sete di Dio. Ma lo stesso si può dire per tutte le espressioni artistiche. Fernando Pessoa scriveva: “La letteratura, come tutta l’arte, è la confessione che la vita non basta”.
Già il Concilio Vaticano II ha espresso la grande attenzione della Chiesa verso l’arte. Per tutti i secoli cristiani il legame fra Chiesa e arte è stato fortissimo: la Chiesa è stata la più grande e straordinaria promotrice di arte e di cultura della storia. Ma nel XX secolo si è verificata una frattura e occorre riprendere un cammino.
Antonio Socci
Da “Libero”, 10 agosto 2024