Ennio Flaiano diceva che “i giovani hanno quasi tutti il coraggio delle opinioni altrui”. Parole che tornano alla mente vedendo le immagini di migliaia di ragazzi – per così dire – “chiamati alle armi” venerdì ed incensati dagli adulti, dai padroni del vapore e del pensiero, da tutto il sistema scolastico e mediatico (compresi giornali di proprietà “automobilistiche” che hanno appena finito di esultare per la doppietta della Ferrari in Formula 1).

Scesi in piazza a far finta di protestare contro quegli stessi adulti che li hanno “convocati”, contro i padroni del vapore, contro il sistema che li celebra e li esalta.

E per una questione su cui nessuno di loro saprebbe fornire un argomento scientifico, dal momento che uno scienziato del clima come Franco Prodi afferma che le circolanti “previsioni allarmistiche non sono credibili” (cita autorevoli documenti scientifici dove si conclude che “la natura, non l’attività dell’uomo, governa il clima”).

Questi ragazzi che avrebbero bisogno di padri  trovano invece tanti padroni del pensiero che li “imboccano” con la tiritera da ripetere.

È stato rubato loro il futuro? Sì. Ma non dalla CO2  a torto confusa con l’inquinamento e con la plastica (per avere “emissioni zero” di CO2 peraltro bisognerebbe non respirare più).

A rubare loro il futuro è stata – almeno in Europa e specialmente in Italia – la fallimentare via imboccata quasi 30 fa con Maastricht e tutto il resto, per cui abbiamo accantonato la centralità del lavoro prescritta dalla nostra Costituzione e abbiamo adottato la devastante dottrina renana incentrata sulla lotta all’inflazione e sul rigore dei bilanci.

Non solo hanno sottratto la sovranità ai popoli (togliendo agli Stati una delle loro principali prerogative: la sovranità monetaria), ma hanno privato questa generazione di giovani della possibilità di trovare un lavoro subito dopo gli studi e di farsi una famiglia e una vita.

È una generazione sacrificata sull’altare dell’euro e dei parametri di Maastricht, con un livello di disoccupazione mai vista e una precarietà sottopagata che prosegue oltre i trent’anni, quando tutte le altre generazioni (a partire dalla mia) avevano già costruito le loro carriere professionali e le loro famiglie.

Non sanno, questi sfortunati ragazzi, che il loro “sciopero” servirà solo a imporci delle tasse sedicenti verdi e a far fare un po’ di affari a quelle multinazionali che investiranno nel green.

Del resto se fossero realizzate le idee antisviluppo dei catastrofisti del clima avremmo il collasso dell’economia cosicché il loro futuro lavorativo davvero sparirebbe del tutto. Quindi scioperano contro se stessi.

Oltretutto si sostiene pure che per “salvare il pianeta” bisogna fare meno figli. Così si suggerisce a questi ragazzi pure di negare a se stessi il futuro più naturale, quello dei figli. Peraltro in un’Italia e in un’Europa che sono già in crollo demografico e che hanno imboccato la via dell’estinzione.

Gli adulti che li hanno “convocati” in piazza o che li applaudono freneticamente appartengono in buona parte a quella generazione che – alla loro età – ha creduto fanaticamente nelle più sanguinarie utopie rivoluzionarie e ha inneggiato a tirannie orrende.

Nonostante un tale abbaglio lorsignori hanno continuato tranquillamente a sdottoreggiare: si sono sistemati al potere, senza mai fare vera autocritica su quella loro stagione di cui hanno conservatol’arroganza, l’intolleranza e la propensione a indottrinare. Soprattutto i giovani.

Con disinvoltura hanno fatto e fanno le più clamorose capriole ideologiche. Spesso dal comunismo più truce sono passati, anni dopo, ad adorare la nuova divinità planetaria, quella dei Mercati (e l’Europa dei parametri di Maastricht) al cui verdetto sottopongono i governi e i popoli.

E dopo aver professato nella loro vita adulta il credo alquanto fanatico della modernità, abbracciano senza problemi un ecologismo catastrofista che di per sé, preso in parola, rappresenterebbe la condanna a morte dello sviluppo e del progresso che finora ci hanno decantato.

Alcuni vivono queste metamorfosi con opportunistico disincanto o con furbizia da paraculi, altri continuando a secernere odio ideologico che tracima per chiunque osi contraddirli (magari accusando di odio l’avversario). Si ricorre perfino alla “reductio ad Hitlerum” per criminalizzare chi ha idee diverse.

Basta imporre a tutti la nuova religione a cui oggi dobbiamo inchinarci: quella del “politically correct”, che comprende in sé il particolare fanatismo ecologista.

I nostri poveri figli non meritano questi padroni del pensiero. Avrebbero diritto semmai ad avere padri, a scoprire perché sono al mondo prima di aver la pretesa di salvare il mondo.

Avrebbero diritto – secondo me – di conoscere il Padre che rende liberi. Sono degli Amleto a cui è stato “tolto” anzitutto il padre, cioè la storia, che ti propone e ti fa scoprire il senso della vita.

Uno che anni fa è stato un vero padre per migliaia di giovani, don Luigi Giussani, diceva a una precedente generazione: “se voglio tagliare il rapporto con Dio rimane qualcosa di più grande di me che è solo il potere nel senso materiale del termine. E se aboliamo il rapporto con Cristo ci rendiamo schiavi dell’intellettuale di turno che è servo del potere e a cui il potere dà fama e in base ai cui dettati crea la mentalità della gente, con tutti gli strumenti che ha in mano. Così viviamo in una grande era di schiavi, di alienati mentali. È per questo che la caratteristica della gioventù di questi ultimissimi anni è quella di adottare facilmente, come unico sistema di vita, l’adesione alla propria istintività, la posizione radicale, il suo istinto, la propria reattività”.

Unica compagna di viaggio: la solitudine. Se il suicidio è la seconda causa di morte  – dopo gli incidenti stradali – fra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, significa che prima di salvare la terra (con teorie e mezzi dubbi) dovremmo salvare i nostri figli.

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Antonio Socci

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Da “Libero”, 29 settembre 2019

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