Stamani è stata pubblicata anche la lettera che 40 studiosi cattolici di tutto il mondo (sono già diventati 62) hanno recapitato a papa Bergoglio lo scorso 11 agosto. “Un passo che non ha eguali nella storia moderna della Chiesa” scrive Sandro Magister “perché è al lontano 1333 che risale l’ultimo precedente analogo, cioè una ‘correzione’ pubblica rivolta al papa per delle eresie da lui sostenute, poi effettivamente rigettate dal papa di allora, Giovanni XXII. Le eresie denunciate dai firmatari della lettera sono sette. E tutte contenute, a loro giudizio, nel capitolo ottavo dell’esortazione apostolica Amoris laetitia”. Vedi QUI , QUI e QUI

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Nessun papa finora aveva osato attribuirsi il nome di san Francesco d’Assisi, l’ “alter Christus”. Bergoglio lo ha fatto.

Ma lui – nel libro intervista appena uscito con Dominique Wolton, “Politique et societé” – come una “excusatio non petita” (perché nessuno glielo aveva chiesto) dice scherzosamente che non è stato un atto di superbia, ma semmai di umiltà, perché avrebbe anche potuto chiamarsi “Gesù II”. Ovviamente sottolinea che sta scherzando (anche Arlecchino si confessò burlando…).

Ma inanella battute sulla presunzione degli argentini (“Sa qual è l’affare migliore? Comprare un argentino per il suo valore e rivenderlo per il valore che lui crede di avere”). Aggiunge che un argentino si suicida gettandosi dalla cima del proprio Ego…

Insomma esibisce molta autoironia sull’Ego degli argentini, così tanta da far capire che lì dev’esserci un problema. Magari un problemone, quello che anni fa tentò – inutilmente – di risolvere la psicoanalista.

Forse il suo è addirittura un modo inconscio per chiedere aiuto. Ma l’uomo sembra ormai prigioniero di quella macchina da guerra che si chiama Ego-latria nella forma di una papolatria planetaria.

Il connotato di questo pontificato è infatti l’enormità delle ambizioni.

Bergoglio sembra voler “rifondare” la Chiesa e quasi proporsi davvero come un “papa Gesù II”, cosa che però significa in qualche modo scalzare il Fondatore vero, Cristo, il quale – conoscendo i suoi polli – aveva avvertito che le sue parole e i suoi comandi restano per sempre e non cambiano col tempo (Mt 24,35). Continua