Prendiamo un titolo del quotidiano israeliano Haarezt: “Papa Francesco su Trump: stare in guardia contro i leader populisti come Hitler che affermano di essere i ‘Salvatori’ ”.

In realtà Bergoglio non ha fatto il parallelo in modo diretto fra Trump e Hitler. Ma i media hanno colto il riferimento a Hitler come un’obliqua allusione al presidente americano e – quel che è peggio – sono passati tre giorni e il Vaticano non ha ancora sentito il dovere urgente di smentire questa enormità che viene attribuita a Bergoglio.

Colpisce però la gravità di tale insinuazione, soprattutto se paragonata alle parole lusinghiere che Bergoglio ha espresso negli anni verso tiranni comunisti che hanno calpestato e calpestano i diritti umani. Continua

I “Dubia” dei cardinali (vedi QUI), che – in un modo o nell’altro – sono stati legittimati da diversi altri importanti porporati (vedi QUI ), sono un gesto di grandissima CARITA’, verso il papa argentino e verso tutta la Chiesa.
Purtroppo però l’ostinato rifiuto bergogliano di CHIARIRE qual è la dottrina autentica su questioni così gravi e delicate di fatto delegittima lo stesso suo ministero, perché la funzione fondamentale del vescovo di Roma è proprio quella di dire la parola chiara e definitiva sulla dottrina della Chiesa.
Per questo, dopo settimane di rabbiose invettive bergogliane, nelle omelie di Santa Marta e dintorni, ora pare che il vescovo di Roma si senta nell’angolo (dove si è messo da solo). Soprattutto non sa che pesci pigliare da quando il card. Burke ha prospettato la possibilità di una “correzione formale” nei suoi confronti da parte dei cardinali (per il bene superiore delle anime che è la legge suprema della Chiesa). QUI
Così, dopo quella dichiarazione del card. Burke che prospetta il naturale sviluppo dei “Dubia” in mancanza di risposte bergogliane, è cominciata la strategia papale che punta a DIVIDERE i cardinali dei Dubia e ISOLARE il card. Burke. Continua

Di tutti i luoghi dove si soffre per la guerra, nel discorso di Natale Bergoglio ha deciso di dare particolare spazio – con toni cupissimi – ad Aleppo che invece, in queste ore, è finalmente nella gioia per la sua definitiva liberazione.

E’ curioso che – parlando di guerre – invece di citare, come esempio di sofferenza dei bambini, i crimini di guerra nello Yemen QUI o il caso di Mosul, dove l’esercito iracheno, con l’appoggio degli Usa, sta ancora cercando di liberare con i bombardamenti la città dai terroristi, abbia voluto citare invece Aleppo, dove, grazie al cielo, la liberazione è già avvenuta (ad opera del governo siriano appoggiato dai russi). Continua

C’è chi lo ha definito Grande Orecchiante per il modo in cui tratta temi filosofici, storici e teologici su “Repubblica”. Eugenio Scalfari ci delizia da anni con le sue fantasiose sparate e continua instancabilmente, nonostante l’età.

Domenica scorsa, per esempio, nel suo editoriale sul giornale da lui fondato, ha confuso l’Immacolata Concezione (che abbiamo festeggiato l’8 dicembre) con “l’Assunzione al cielo di Maria” (forse voleva menzionare anche tale “assunzione” fra i meriti del Jobs Act renziano).

Sabato, poi, Scalfari in un nuovo editoriale su “Repubblica” dedicato agli 80 anni del papa, ha lanciato un altro dei suoi caratteristici scoop teologici: “gli apostoli all’ultima cena erano tredici”. Continua

“Io ho allergia degli adulatori” ha detto di recente papa Bergoglio intervistato da Tv2000, aggiungendo che preferisce i suoi critici e addirittura i detrattori agli adulatori. Ha spiegato: “noi, a Buenos Aires, li chiamiamo ‘lecca calze’ e la figura è proprio di quello che lecca le calze dell’altro”.

Parole molto eloquenti. Resta da capire se il pontefice argentino, in questi quattro anni, ha fatto qualcosa per allontanare da sé le (tante) adulazioni. I suoi 80 anni (oggi) indurranno tutti i media alle solite celebrazioni (vedremo quanto adulatrici), ma produrranno anche bilanci e sono stavolta bilanci di fine stagione. Continua

Trovare in Occidente qualche personalità – della politica o della cultura – che oggi attacchi la tirannia comunista cinese è quasi impossibile.

Solo Trump sembra fare eccezione e infatti il mondo politico, intellettuale e giornalistico occidentale lancia anatemi contro di lui (e contro Putin, l’altro “cattivo”), non contro i despoti di Pechino.

Perfino il Dalai Lama, in Occidente, è stato isolato e dimenticato, secondo i desideri del regime cinese che lo considera un pericolo pubblico, perché simbolo del Tibet invaso dal regime maoista: l’8 dicembre scorso un altro tibetano si è dato fuoco per protesta ed è la 146a immolazione dal 2009 nell’indifferenza generale.

Per questo è un evento eccezionale la lettera che ieri, in occasione della Giornata mondiale per i diritti umani, è stata firmata da un centinaio di scrittori di tutto il mondo. Continua

Per difendersi dai dittatori spesso rimane, ai dissidenti, solo la satira, quella che mostra il lato grottesco e menzognero della tirannia.

A proposito di Fidel Castro, che è stato cremato (il funerale si celebra oggi a Cuba), circola, negli ambienti di opposizione, questa battuta: “Che ironia! E’ stato allergico alle urne per 58 anni e poi da morto c’è finito dentro (un’urna)”.

In molti casi i dissidenti cubani sono cattolici che hanno sperimentato per anni gli artigli feroci del regime.

Però al tempo di Bergoglio si sono trovati spiazzati. Non solo per il rapporto speciale fra il tiranno comunista e il papa argentino, che durante la visita a Cuba ha omaggiato il despota e ha tenuto a distanza i dissidenti (evitando sempre di parlare di rispetto dei diritti umani), ma anche perché – morto Castro – alla Sinistra comunista e anticapitalista internazionale, che piange la scomparsa di Castro, resta un solo un punto di riferimento politico e morale: proprio Giorgio Mario Bergoglio. Continua

Ieri il “New York Times” parlava della “corsa contro il tempo” di papa Bergoglio per trasformare definitivamente la Chiesa in un club “progressista” come piace ai radical-chic.

Per riuscirci – secondo il NYT – dovrebbe creare un numero di cardinali bergogliani in grado di eleggere un successore a sua immagine e somiglianza. Ma l’operazione è ardua. Non basta il Concistoro di ieri.

Negli ambienti cattolici c’è ormai la sensazione che questo pontificato sia finito in un vicolo cieco, venuto meno oltretutto il contesto politico in cui è nato (la presidenza Obama/Clinton). Continua

I “no global” ora hanno un leader planetario: papa Bergoglio. Però non si definiscono più “no-global”, ma “alter-mondialisti” perché vogliono la globalizzazione, ma “in una forma diversa”.

Lo ha spiegato ieri, in un’intervista, Vittorio Agnoletto – portavoce della contestazione contro il G8 di Genova del 2001 – indicando appunto in papa Francesco il loro “punto di riferimento etico e morale”.

Soprattutto adesso che – dice Agnoletto – “la sinistra politica si è dissolta” e sulla scena mondiale ha fatto irruzione il Kattivo: Trump.

Cinque giorni fa” racconta ancora Agnoletto “il Papa ha convocato in Vaticano un incontro con 180 personalità, leader o protagonisti dei movimenti sociali. C’ero anch’io. Abbiamo lavorato, al di là del credo religioso dei singoli, su tre temi proposti personalmente da lui: lavoro, casa e terra. A questi si è aggiunta una riflessione comune sulla democrazia partecipativa e sulle migrazioni. Alla fine, davanti a più di tremila persone in sala Paolo VI, il Papa ha parlato e ha riproposto i contenuti del nostro movimento. Ma ci ha anche detto che dobbiamo fare un salto nella politica, perché dobbiamo cambiare un sistema fondato sulle ingiustizie”.

Più che un papa è davvero il loro leader politico. Infatti Agnoletto spiega: “Sul piano politico oggi è una partita a tre: gli alter-mondialisti, vicini a Francesco. In mezzo c’è l’establishment. Poi ci sono le destre nazionaliste e razziste, che sono cresciute dove abbiamo perso noi”. Continua

Nel mio articolo del 28 ottobre (che potete rileggere QUI ) segnalavo la clamorosa intervista del card. Müller, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, alla Radio vaticana in lingua tedesca.
Un vaticanista (sebbene molto felpato e non molto ardimentoso), dovendo intervistare lo stesso cardinal Müller (QUI), è partito dalle stesse mie conclusioni. E scrive: “Sembra quindi di capire che anche per il cardinale Müller siamo di fronte, per usare le categorie a cui ha fatto ricorso tempo fa monsignor Georg Gänswein, a una sorta di «ministero comune», «collegiale» o «sinodale», all’interno del quale ognuno porta un contributo specifico”.
La sua prima domanda ripropone al cardinale proprio quelle sue dichiarazioni (che io avevo segnalato e rilanciato).
E il card. Muller risponde: “In effetti stiamo vivendo una fase molto speciale nella storia della Chiesa: abbiamo il Papa, ma anche il Papa emerito”.
Inoltre nell’ultima risposta poi aggiunge:
“Benedetto e Francesco (…) si dedicano pienamente alla missione del successore di Pietro, e questa è una grande ricchezza per la Chiesa”. Continua