Può essere la scoperta archeologica del millennio e la più importante della storia della Chiesa. Così l’Anno Santo del 2025 sarebbe un avvenimento unico, perché il giubileo nasce proprio come pellegrinaggio “ad limina Petri”.

In effetti si tratta dell’individuazione, a Roma, del probabile luogo di sepoltura di san Pietro (forse addirittura con i suoi resti mortali).

Tre studiosi italiani, Liberato De Caro, ricercatore del Cnr, Fernando La Greca, professore all’Università di Salermo, ed Emilio Matricciani, docente al Politecnico di Milano, hanno firmato un accurato studio sulla rivista scientifica internazionale “Heritage”, intitolato: “The search of St Peter’s memory ‘ad catacumbas’ in the cemeterial area ‘ad Duas Lauros’ in Rome”.

La sepoltura dell’apostolo – secondo questo studio – dovrebbe trovarsi nelle grandi (e in parte inesplorate) catacombe “ad duas lauros”, a Topignattara.

E’ la periferia di Roma, sulla via Casilina, che negli anni Cinquanta ospitava le baraccopoli immortalate da Pier Paolo Pasolini in “Ragazzi di vita”. Anche il film “Accattone” in buona parte fu girato in queste borgate.

La zona è dominata dall’alto Mausoleo di S. Elena il cui soffitto è fatto con anfore di terracotta, nel gergo popolare “pignatte”, da cui il toponimo “Torre delle pignatte” e poi Torpignattara. Delle grandi catacombe sottostanti pochi sanno.

Per quale motivo sta qui la tomba della madre di Costantino, colui che cristianizzò l’Impero romano e cambiò per sempre la storia?

In realtà, in quest’area che apparteneva agli “equites singulares” di Massenzio, Costantino fece costruire, sulle catacombe cristiane, una grande basilica (oggi non più esistente) e il mausoleo anche per se stesso oltreché per la madre (però poi lui morì a Costantinopoli e fu sepolto là).

Ma perché l’Imperatore costruì quella basilica e voleva essere sepolto proprio lì, con sua madre? C’è un segreto celato da quasi due millenni ed è appunto la presenza, in quelle catacombe, del corpo del principe degli apostoli.

GLI SCAVI

I nostri tre studiosi, prima di arrivare alle conclusioni, ricordano gli scavi compiuti tra il 1940 e il 1949 sotto l’altare della Basilica di San Pietro, in Vaticano, dove tradizionalmente si riteneva che si trovasse la tomba dell’apostolo.

Fu scoperto allora un piccolo monumento del II secolo, che ricordava il luogo del suo martirio, lì nel circo Vaticano. Questa edicola è il “trofeo”

menzionato in una lettera del presbitero romano Gaio, vissuto al tempo del papa Zefirino (199-217). Gli archeologi di Pio XII, nel 1949, ritennero così di aver trovato la tomba, quantomeno la prima tomba, di Pietro, ma non le ossa.

Negli anni successivi l’epigrafista Margherita Guarducci pensò di aver trovato le ossa di Pietro nei resti di quegli scavi. Ma padre Ferrua sj, che era presente ai lavori, si oppose sempre a questa identificazione.

La Guarducci sostenne di aver individuato la prova della sua scoperta in un minuscolo graffito, con frammenti di poche lettere, dove ritenne di leggere il riferimento al nome di Pietro. Le polemiche, anche su questo frammento di intonaco (oggi datato alla prima metà del III secolo) sono state infinite e non si è mai arrivati a una conclusione certa.

NON SOLO GIALLO ARCHEOLOGICO

La Chiesa non si pronuncia su queste ricerche. Ma l’argomento è scottantee non solo per gli archeologi.

Infatti il primato del Vescovo di Roma sulla Chiesa universale (cioè il papato stesso), si basa sul fatto che i pontefici succedono, nell’episcopato romano, a colui a cui Gesù conferì il primato:

E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.  A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli’” (Mt 16, 18-19).

Il tema è diventato esplosivo con Lutero, nel XVI secolo. Infatti i protestanti, per contestare il papato, cominciarono a mettere in dubbio la notizia storica della presenza di Pietro a Roma e quindi del suo episcopato e del suo martirio nell’Urbe.

Ma, a dire il vero, nessuna località – eccetto Roma – ha mai rivendicato l’evento del martirio di Pietro e le testimonianze storiche sulla presenza (e sul martirio) dell’apostolo nella capitale dell’Impero, a capo di quella comunità cristiana, sono innumerevoli.

A parte la prima lettera di Pietro stesso (contestata perché, come altri autori cristiani, chiama Roma “Babilonia”), attestano concordemente il suo episcopato romano gli scritti di papa Clemente I (96 dC), poi Ignazio di Antiochia (107 dC), quindi Ireneo di Lione (circa 180 dC), il vescovo di Corinto, Dioniso (attorno al 170 dC), Tertulliano (attorno al 200 dC), Clemente di Alessandria (circa 200 dC), fino a san Girolamo ed Eusebio di Cesarea (IV secolo). Dunque una tradizione storica unanime e incontestabile.

Tuttavia, nel corso dei secoli, si è cercata anche la prova regina, ovvero la sepoltura dell’apostolo a Roma. Questo era l’obiettivo degli scavi voluti da Pio XII nel secolo scorso.

Oggi gli esperti, anche ammettendo che quel loculo vaticano, anticamente, abbia ospitato il corpo di san Pietro, ritengono che i suoi resti siano stati poi spostati “ad catacumbas” (prima per le persecuzioni, poi per le scorrerie dei barbari nell’Urbe).

Infatti, nel Cronografo (cioè Calendario Romano) dell’anno 354 troviamo che “la commemorazione di San Pietro era ad catacumbas, non sul colle vaticano, ricordano i nostri tre studiosi su “Heritage”.

NUOVE SCOPERTE

De Caro, La Greca e Matricciani analizzano il “Liber Pontificalis”, dove nel VI secolo furono raccolte le biografie dei papi con documenti d’archivio dei secoli precedenti, e scoprono che, fra tutte le antiche basiliche romane la cui costruzione è attribuita a Costantino (per esempio San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme), l’unica che certamente fu edificata da lui è proprio quella (oggi sparita) di Tor Pignattara dove anche costruì il Mausoleo per sé e la madre.

Quelle catacombe sono intitolate ai santi Marcellino e Pietro, due martiri minori del IV secolo. De Caro, La Greca e Matricciani mostrano che in realtà anticamente l’ordine dei nomi era invertito e “Pietro” era proprio il principe degli apostoli a cui dunque sarebbero veramente intitolate le catacombe e – secondo la più antica copia del “Liber Pontificalis” – pure la Basilica “ad duas lauros” (che è perciò la vera Basilica costantiniana di San Pietro).

Qui dunque sarebbe la tomba dell’apostolo ed è accanto a Pietro che Costantino voleva essere sepolto, con la madre.

I tre studiosi rintracciano anche, nelle catacombe, una significativa epigrafe sepolcrale, su Pietro, della metà del IV secolo e un affresco rappresentante San Pietro che regge un cartiglio.

In base a complicati calcoli sulla pianta della Basilica, i tre autori ritengono infine di aver individuato la cripta, ancora inesplorata, dove potrebbe trovarsi il sepolcro dell’apostolo. Si potranno adesso fare degli scavi?

RIVELAZIONE MISTICA

Un ultimo dettaglio (che esula da questo studio). Pio XII, negli anni degli scavi sotto San Pietro, fece interpellare una mistica che stimava, Maria Valtorta, la quale rispose che la tomba dell’Apostolo è nelle catacombe “ad duas lauros” a Torpignattara e lei aveva visto in visione i suoi resti mummificati, con le mani che tengono un’antica pergamena. La Valtorta descrisse pure la cripta.

Il ritrovamento sarebbe un evento straordinario. Paolo VI diceva che le ossa di Pietro, per la Chiesa, sono come oro. E’ la sua carne infatti che toccò e abbracciò il Salvatore del mondo.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 23 maggio 2021