MA DAVVERO SAN FRANCESCO INVENTO’ IL PRESEPE? LA STORIA E’ MOLTO PIU’ RICCA…
Ma è proprio vero che il presepe è stato “inventato” da Francesco di Assisi, a Greccio, nel Natale del 1223? Sì e no. Tanto la vera storia del presepe quanto il nostro santo sono sconosciuti oggi, sebbene si chiacchieri molto – in questi tempi – dell’uno e dell’altro.
Anzitutto la Natività. È chiaro che all’inizio fu la grotta di Betlemme il luogo in cui i cristiani facevano memoria, con i loro pellegrinaggi, della nascita di Gesù, che venne presto rappresentata artisticamente.
Le raffigurazioni della Natività e dell’adorazione dei Magi sono antichissime. Il libro di Cettina Militello e Crispino Valenziano, Il presepe. Origini, storia, significato (Cantagalli), fra quelle che ci sono pervenute, ricorda i bassorilievi del sarcofago di Adelfia (330 d.C.) e gli affreschi delle Catacombe di Priscilla (III secolo).
Scrivono gli autori: “Dopo la conquista araba della Terra Santa”, nel VII secolo, “ormai impossibilitati i pellegrini cristiani ad accorrervi (a Betlemme, ndr)”, il Patriarca di Gerusalemme Sofronio mandò in dono a Papa Teodoro I (642-649) “i cinque frammenti lignei d’acero”: sono i resti della mangiatoia di Betlemme che fece da culla al neonato.
Tali reliquie “sin dall’inizio del trasferimento hanno decorato la basilica con il nome specifico di Santa Maria ad praesepe”.
Si tratta del maggior santuario mariano di Roma, la basilica di Santa Maria Maggiore, costruita sul Colle Esquilino fra 352 e 366. E’ una delle quattro basiliche papali maggiori di Roma, con San Giovanni in Laterano, San Pietro in Vaticano e San Paolo fuori le mura.
Il nome di “Santa Maria ad praesepe” deriva dal fatto che tutta la basilica – che è un inno alla Madonna – ruota attorno alle reliquie della mangiatoia di Betlemme (in latino praesepium significa mangiatoia).
Fra l’altro il nome Betlemme significa “Casa del pane” e Gesù si presenta letteralmente come “il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno, e il pane che io darà è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51).
Questo legame fra “Betlemme/Casa del pane” e la “Mangiatoia/Gesù pane divino” rimanda alla liturgia in cui riaccade il miracolo di Gesù che si fa pane eucaristico.
Lo sapeva bene Francesco d’Assisi che, narrano le Fonti Francescane, a Greccio non “costruì” un presepio come s’intende oggi, ma volle una sacra rappresentazione: fece celebrare cioè la liturgia di Natale in una stalla con il fieno, la mangiatoia, un bue e un asino. Dunque l’Eucaristia sulla mangiatoia.
Il suo slancio mistico commosse tutti, tanto che ad una persona presente parve di vedere davvero un neonato nella mangiatoia.
Francesco voleva “vedere con gli occhi del corpo” i disagi e l’umiliazione a cui si sottopose il Figlio di Dio, nato in una stalla, al freddo, fra gli animali. Con Francesco fiorisce la spiritualità del secondo millennio cristiano tutta incentrata sull’amore per l’umanità di Gesù. Questo influì enormemente sulla fantasia e sulla fioritura dell’arte cristiana che si fece realista.
Insieme alla rappresentazione della vita di Gesù, si diffuse anche l’uso di “ricostruire memorialmente”, lontano dalla Terra santa, i luoghi degli eventi.
Papa Niccolò IV – primo papa francescano della storia – nel 1288 incaricò Arnolfo di Cambio di scolpire le scene della Natività per la Basilica di Santa Maria ad praesepe, dove sono le reliquie della mangiatoia. È questa, scrive Piero Marini, “la prima realizzazione tridimensionale dell’evento del Natale del Salvatore”. Il primo presepe (come lo conosciamo oggi).
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Antonio Socci
Da “Libero”, 14 dicembre 2025






