C’è un dettaglio che sorprende nell’intervista di Matteo Salvini con Bruno Vespa. Il vicepremier ha menzionato quattro volte Dio, una volta la Provvidenza e una il Purgatorio.

Un mio amico, vecchio esperto di cattolici e politica, mi dice: “forse solo La Pira e don Sturzo in politica avevano l’istinto, nel loro colloquiare, di riferirsi all’Assoluto con questa naturalezza”. La Pira era un santo e don Sturzo un sacerdote, mentre Salvini si definisce “l’ultimo dei peccatori”, ma nella Chiesa non si fa differenza: tutti sono considerati allo stesso titolo figli di Dio, anche perché tutti siamo peccatori.

Quello che colpisce è la spontaneità popolare del leader leghista nel riferirsi al buon Dio, perché è sintomo di un sincero senso religioso che c’entra intimamente con il far politica e con l’azione di governo.

In questo è l’esatto opposto di Matteo Renzi che pure è cattolico da sempre. Ricordo quando l’allora sindaco di Firenze, nella primavera del 2009, venne a Roma a presentare – insieme ad altri – il mio libro “Indagine su Gesù”. Mi colpì la sottolineatura che fece: ci tenne a ripetere che la sua fede cattolica non c’entra con il suo lavoro politico (all’opposto di Giorgio La Pira). Per Renzi la fede è un fatto privato.

Per Salvini invece è una realtà di popolo, è l’appartenenza a una storia. Si capisce il suo riferimento a Dio oggi, nel suo discorso pubblico, leggendo l’articolo di Ernesto Galli della Loggia sul “Corriere della sera” di ieri.

Galli è autore di alcuni bei libri sull’identità italiana e ieri ha risposto a un intellettuale di sinistra, Tomaso Montanari, il quale, in un suo scritto, ha sostenuto che “l’identità italiana non esiste” e addirittura che le identità sono un maledetto pericolo perché – a suo dire – servono solo a vedere lo straniero come nemico e a giustificare il “respingimento” e il “prima gli italiani”, portando infine al fascismo. Il tutto condito con i soliti stereotipi cosmopoliti. La sinistra vive di luogocomunismo.

Galli della Loggia anzitutto dà una bacchettata sulle mani a Montanari obiettando che “l’identità” non è quella caricatura che lui prende come comodo bersaglio. Poi gli mostra che l’identità italiana esiste eccome, che “è un fatto storico, frutto di una storia” di “singolare complessità”.

Infine ricorda migliaia di uomini e donne che negli ultimi due secoli sono morti gridando: “viva l’Italia”. Pure uomini della Resistenza davanti ai plotoni d’esecuzione. Anche loro avevano “un’idea di nazione chiusa e guerresca”? Era pure quello “un bieco nazionalismo”?

Montanari elude questo tema e propone alla Sinistra di spalancare le porte alle grandi masse di immigrati rifiutando definitivamente l’identità italiana e aderendo a una “costituzione cosmopolitica come quella che avrebbe potuto darsi l’Unione europea”.

Galli commenta: “così la Sinistra è servita: se lo desidera ha la ricetta perfetta per assaporare il bis della catastrofe elettorale del 4 marzo”.

Infatti nulla come il senso di appartenenza al proprio popolo e alla propria terra è radicato negli uomini. Anche negli italiani, la cui civiltà ha illuminato il mondo per secoli e – si può dire – ha plasmato l’Europa.

Fra l’altro Galli sostiene: “mi sembra velleitario il tentativo di Montanari di contestare la centralità che nell’identità italiana hanno le sue ‘radici cristiane’ ”.

Galli lo dice da laico. Come laico era Federico Chabod che scriveva: “Non possiamo non essere cristiani, anche se non seguiamo più le pratiche di culto, perché il Cristianesimo ha modellato il nostro modo di sentire e di pensare in guisa incancellabile; e la diversità profonda che c’è fra noi e gli Antichiè proprio dovuta a questo gran fatto, il maggior fatto senza dubbio della storia universale, cioè il verbo cristiano.  Anche i cosiddetti ‘liberi pensatori’, anche gli ‘anticlericali’ non possono sfuggire a questa sorte comune.

Così pure il laico Benedetto Croce in “Perché non possiamo non dirci cristiani”. E’ il motivo per cui l’unità statuale d’Italia, col Risorgimento, fu anche l’unificazione nella lingua di Dante, la lingua che ha il suo canone nella Divina Commedia, il poema più cattolico della storia.

Come voleva il Manzoni, il vero vate dell’Italia risorgimentale, grande cattolico e autore del poema del popolo italiano, “I promessi sposi”. Il legame fra identità italiana e cristianesimo oggi è illustrato spesso da Vittorio Sgarbi quando parla dei ritratti di Maria nella grande pittura italiana (ma vorrei ricordare anche delle pagine di Piero Calamandrei).

Ecco perché quando Salvini chiuse la campagna elettorale, a marzo, mostrando il rosario e rifacendosi al Vangelo, scrissi che si doveva leggere l’episodio in questa prospettiva di civiltà.

La Sinistra adesso rinnega la sua storia che con Gramsci si era inserita nella tradizione nazionale. Lo stesso Pd disprezza l’identità italiana dopo aver affondato la nostra sovranità e la nostra economia.

Matteo Salvini è invece il simbolo più forte di un popolo che ama la propria identità e vuole risorgere, vuole ritrovare sovranità, prosperità e futuro.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 17 settembre 2018

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