Al convegno del 22 aprile scorso, a Roma sul tema “Fare chiarezza sull’Amoris laetitia” una delle relazioni è stata tenuta dalla professoressa Anna M. Silvas (Australia) Senior Research Fellow of the Australian Academy of the Humanities Univerity of New England (Australia). La professoressa australiana ha riletto l’Amoris laetitia in modo approfondito, mostrando che la deviazione dalla dottrina cattolica non è affatto dovuta – come molti dicono – “a cattiva interpretazione del testo”. I problemi sono nel testo di papa Bergoglio. Anzi, ancor più: il problema è Bergoglio stesso. QUI il testo intero del suo intervento. E qui sotto riporto la parte più chiara e drammatica dell’intervento della professoressa Silvas, quando si è rivolta ai cardinali .

*                                *                        *                       *

Sotto il pontificato di Giovanni Paolo II ci sembrava che le cose fossero tornate in qualche modo ‘a posto’ per un certo tempo, per lo meno in alcuni ambiti, specialmente vista la sua intensa spiegazione del mistero nuziale della nostra prima creazione in supporto dell’Humanae Vitae.

Questa situazione è continuata sotto Benedetto XVI, con qualche tentativo di porre riparo alla decadenza liturgica e alla ‘feccia’ morale degli abusi sessuali ad opera dei sacerdoti. Avevamo sperato che perlomeno si stessero ponendo dei rimedi.

Ora, nei pochi anni del pontificato di Papa Francesco, lo spirito ammuffito e stantio degli anni Settanta è risorto, portando con sé sette altri demoni. E qualora al principio lo dubitassimo, lo scorso anno l’Amoris Laetitia e i suoi postumi hanno reso perfettamente chiaro che questa è la nostra crisi. Il fatto che quello spirito estraneo sembri aver alla fine ingoiato il Soglio di Pietro, trascinando coorti sempre più estese di una compiacente gerarchia ecclesiastica all’interno della sua rete, è l’aspetto più inquietante e veramente scioccante per molti di noi fedeli cattolici laici.

Osservo un gran numero di alti prelati, vescovi e teologi e non riesco a riscontrare in loro, ve lo giuro, la benché minima presenza del sensus fidelium: e questi sarebbero i latori dell’officio dell’insegnamento della Chiesa? Chi rischierebbe la propria anima immortale affidandosi al loro giudizio morale nella Confessione?

(…)

Papa Francesco non ha assolutamente intenzione di giocare seguendo le ‘regole’ di nessuno – men che meno le ‘regole’ vostre o le mie o di chicchessia sul papato. Sapete bene cosa ne pensa delle ‘regole’. Ce lo ripete costantemente. È uno degli spropositi più leggeri all’interno della sua ben nota riserva di insulti.

Quando sento parlare quanti ci fanno la lezioncina sostenendo che Papa Francesco è la voce dello Spirito Santo nella Chiesa di oggi, non so se ridere dell’ingenuità di questa affermazione o se piangere per i danni che vengono fatti alle anime immortali.

Direi che Francesco è veramente l’agente di uno spirito, ma del Geist hegeliano della ‘modernità’ che tanto sta operando all’interno della Chiesa. Si tratta, come ho detto prima, di uno spirito ammuffito e stantio, di un vecchio spirito che non ha vita in sé, di una forza privativa che sa solo nutrirsi in modo parassitico di quanto già esiste.

(…)

La proposta del Cardinale (Burke) di pubblicare una correzione fraterna al papa rimane ancora in piedi? Ne abbiamo sentito parlare lo scorso mese di novembre, e ha sicuramente sollevato i nostri spiriti angustiati.

Ma siamo già a fine aprile, e non è successo niente. Non posso fare a meno di pensare alla frase di Shakespeare: Una marea muove le vicende umane…, e mi chiedo se la marea è venuta e se n’è già andata e se noi fedeli laici siamo rimasti di nuovo abbandonati sulla spiaggia.

Eppure il Cardinal Burke ha recentemente affermato: “Fino a quando non sarà data una risposta a queste domande, una confusione assai pericolosa continuerà a spargersi nella chiesa, e una delle questioni fondamentali è quella che ha a che vedere con la verità secondo la quale vi sono degli atti che sono sempre e in ogni momento sbagliati, che chiamiamo atti intrinsecamente cattivi, e così noi cardinali continueremo a insistere per avere una risposta a queste domande oneste”.

Beh, cari cardinali, lo spero. Lo spero proprio. Noi fedeli vi supplichiamo: smettetela di calcolare gli esiti prudenti. La vera prudenza dovrebbe suggerirvi quando è ormai tempo di dare una testimonianza coraggiosa, altrimenti detta martirio.

Papa Francesco non presterà mai ascolto a nessuna correzione fraterna, come fece una volta Giovanni XXII. E sapete una cosa? Non sarebbe nemmeno un successo se pubblicasse davvero delle dichiarazioni su queste linee. Lasciate passare solo 24 ore e possiamo scommettere sul fatto che pronuncerà altre affermazioni che mineranno sottilmente o contraddiranno apertamente quanto ha detto il giorno prima.

Se arrivati a questo punto ancora non abbiamo imparato qual è il suo modo di procedere, siamo davvero le pecore più stupide – o i pastori, secondo i casi.

Vi chiedo perdono se mi azzardo a dire questo, ma prendiamone atto, in questo momento il papato non sta funzionando nella Chiesa. Pietro è divenuto di nuovo uno skandalon, la “roccia” è diventata una pietra d’inciampo (cfr. Mt 16, 16-24).

Finché saremo costretti ad affrontare questa realtà, per quanto incredibile possa sembrare, saremo incatenati dall’intimidazione e dall’illusione, e la soluzione (1 Cor 10,13) che il Signore ci offre sarà rimandata. Quale tipo di profeta volete che vi mostri in che tempi viviamo? Anania o Geremia? Scegliete voi.

Ma in realtà, Dio sta mettendo alla prova noi. Ci sta chiedendo di stare in relazione con LUI, sì, personalmente, intimamente e veramente. Ha tolto al cattolicesimo tutte le ‘stampelle’; il potere, la gloria, il rispetto del mondo, leader e modelli affidabili, in breve, tutto quanto può aiutare i fedeli, ma non è necessario per la fede, e – come la ricchezza e il successo mondano – può diventare una fonte di indebolimento della nostra fede, quando cominciamo a riporre la nostra fiducia non più nella persona della nostra fede, Gesù Cristo, ma nella ‘cultura’ della fede.
“Gli rispose Gesù: ‘Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui’” (Gv 14, 23). Pertanto, dobbiamo camminare verso questo dimorare, a questo abitare, a questo essere nascosti con Cristo in Dio(Col 3, 3).
Nel mezzo del collasso sociale, culturale ed ecclesiale è straordinario osservare i segni di una causa comune tra il monachesimo e i fedeli laici che stanno cercando questa dimora interiore insieme al Cristo.

. Continua

Ieri si celebrava il 25 aprile. Nella mia famiglia, per motivi storici, è davvero una festa della liberazione. Così avrei voluto scrivere su Twitter: viva l’Italia libera e indipendente dall’occupante tedesco.

Ma – mi sono detto – qualcuno potrebbe accusarmi di “sovranismo”? Si può ancora sventolare il tricolore e parlare di indipendenza nazionale e di occupanti tedeschi? Si può ancora rivendicare la sovranità degli italiani? Oppure è diventato disdicevole parlare di “patria”, di “indipendenza” e di “libertà”?

Non siamo forse nel Paese le cui élite hanno teorizzato da qualche decennio la necessità del “vincolo esterno” (cioè di stranieri che ci danno ordini) perché quello italiano – a loro dire – sarebbe un popolo incapace di governarsi da solo?

Eppure quando è stato libero di governarsi quello italiano è stato il popolo del “miracolo economico”. Dopo le rovine della Seconda guerra mondiale abbiamo fatto stupire il mondo.

Come, perché e quando abbiamo perso l’identità, l’orgoglio e la fiducia in noi – perdendo poi gran parte della sovranità – è una storia che sta cominciando a emergere, ma che aspetta ancora di essere scritta.

Fatto sta che oggi ci troviamo obbligati ad “appartenere” politicamente e monetariamente – come sudditi – a quella “Grande Germania” che si fa chiamare “Unione europea”. Continua

 

Il terrorismo islamista è entrato anche nelle elezioni francesi e ormai fa parte stabilmente delle cronache europee. Non è più un caso accidentale e non potremo spazzarlo via tanto facilmente.

L’Isis prima ha cercato in Europa “Foreign Fighters” che andassero a combattere in Siria e Iraq. Oggi li rispedisce in Europa e contemporaneamente tenta una campagna di arruolamento all’interno dell’ormai vastissima presenza islamica nel Vecchio Continente.

Bisogna riconoscere però che questa campagna di arruolamento fra le comunità islamiche europee non ha presa. Non si può dire infatti che (almeno per ora) il terrorismo faccia proseliti fra i musulmani di casa nostra. E questa è una buona notizia. Certo, c’è chi si fa sedurre dall’Isis, ma si tratta di piccolissime frange che speriamo non si allarghino.

Tuttavia questo non significa che l’Islam di per sé non sia comunque una grossa sfida politica e culturale per l’Europa. L’Islam – che non è da identificare col terrorismo – è una concezione globale dell’uomo, della società, della giurisprudenza e dello Stato (come vediamo nei Paesi arabi e islamisti) ed è difficilmente compatibile con la liberaldemocrazia e la modernità occidentale.

Questo è un problema che riguarda effettivamente le comunità islamiche europee e noi europei.

Basti considerare il grande successo che il leader turco Erdogan ha avuto fra i turchi residenti in Europa nel recente referendum. E’ la dimostrazione che l’integrazione – che per esempio in Germania è effettiva – non significa affatto lo sradicamento della loro cultura islamica d’origine.

E dunque cosa accadrà se le comunità musulmane europee – crescendo per l’alto tasso di natalità e per l’immigrazione – daranno vita a loro formazioni politiche?

Nessuno sembra porsi il problema, soprattutto nei circoli intellettuali e politici nostrani, pigramente multiculturalisti. In Francia invece il dibattito divampa (come in altri paesi europei).

UNA VOCE NEL DESERTO

A intervenire – a sorpresa – in questa bollente questione è stato, in questi giorni, nientemeno che Benedetto XVI. A conferma del fatto che – pur vivendo ritirato in un suo eremo spirituale – resta l’intelligenza più lucida e coraggiosa del nostro tempo.

A fornirgli l’occasione è stato il Simposio che il presidente polacco Andrzej Duda e i vescovi di quel Paese hanno organizzato in suo onore per il 90° compleanno del papa emerito. Il titolo del convegno è: “Il concetto di Stato nella prospettiva dell’insegnamento del cardinal Joseph Ratzinger-Benedetto XVI”.

Un tale Simposio è anzitutto il riconoscimento di un grande pensatore, che esprime al meglio il pensiero cattolico nell’attuale confronto di idee (non si può dire lo stesso per il peronismo sudamericano e politically correct dell’attuale vescovo di Roma).

Benedetto XVI ha scritto al Simposio un messaggio sintetico, ma lucidissimo, che, in poche righe, centra perfettamente il problema perché chiama per nome l’islamismo e la sua concezione dello Stato (cosa alquanto inconsueta al tempo di Obama e di Bergoglio). Continua

Tra le fake news più diffuse su Gesù c’è quella secondo cui non vi sarebbero documenti storici, databili al suo tempo, che parlano di lui e della sua resurrezione.

E’ vero il contrario: ce n’è una quantità sorprendente (l’elenco si trova nel mio libro “La guerra contro Gesù”). Ed è un fatto insolito. Perché nemmeno su Alessandro Magno abbiamo tali e tante fonti storiche (in effetti su di lui ci sono pervenuti solo testi scritti a quattrocento anni di distanza dalla sua vita e sono pure poco attendibili).

TESTIMONE

Una delle testimonianze non cristiane più impressionanti su Gesù è quella di Giuseppe Flavio, storico, politico e militare ebreo, nato a Gerusalemme nel 37 d.C., che – dopo la distruzione di Gerusalemme da parte dei romani – visse a Roma nella cerchia imperiale. Continua

“Non conta il giudizio dei giornali, ma quello del buon Dio”, ha detto di recente Benedetto XVI. Ma a quanto pare, per lui, Dio si prende ancora tempo.

I 90 anni che il papa emerito compie domani – in coincidenza con la Pasqua (addirittura una Pasqua di tutte le confessioni cristiane) – smentiscono le motivazioni circolate per la rinuncia (infatti lui è tuttora lucidissimo) ed essendo un’età imprevista (Ratzinger ha confidato che non credeva di arrivarci) viene da pensare che il suo “Principale” abbia ancora un compito da fargli svolgere.

Potrebbe esserci ancora un capitolo nel libro di Dio su quest’uomo mite e profondo? I narratori insegnano che è il finale che rivela il senso di una vita. Continua

Ieri “Avvenire”, il giornale dei vescovi, mi ha attaccato per il mio ultimo articolo su “Libero”. Siccome è l’ennesima volta – e bordate simili ricevo pure da ecclesiastici e annessi – mi sento autorizzato, almeno “per fatto personale”, a negare nel 2017 il mio “8 per mille”.

A nessuno infatti si può chiedere di finanziare chi lo bersaglia da anni. Oltretutto in un modo sleale.

Infatti “Avvenire” mi accusa di aver definito certe espressioni di papa Bergoglio assai simili alla bestemmia e poi afferma che io – per tale grave critica – non porterei “nessun argomento valido a sostegno”.

Come se io lanciassi al papa irresponsabili accuse senza motivo. Il fatto è che “Avvenire” si è ben guardato dal riferire le frasi testuali di Bergoglio da cui partiva quella mia critica: egli ha detto che Gesù “si è fatto peccato, si è fatto diavolo, serpente, per noi”.

Parole inaudite che “Avvenire” ha omesso per poi accusarmi di attaccare il papa senza “nessun argomento valido”. Ma che quelle di Bergoglio siano espressioni blasfeme o scandalose lo dimostra il fatto stesso che “Avvenire” le ha censurate, non ha neanche tentato di giustificarle. Continua

Nella Chiesa molti hanno le mani nei capelli, perché stanno accadendo cose mai viste. Ci sono stati papi di tutti i tipi in duemila anni, ma non era mai capitato un papa che in chiesa, nell’omelia della Messa, pronuncia frasi che – in bocca a chiunque altro – sarebbero considerate bestemmie.

L’altroieri, per esempio, papa Bergoglio, a Santa Marta, se n’è uscito con un’espressione che deve aver raggelato gli ascoltatori (anche se poi nessuno ha il coraggio di dire nulla).

Commentando – in modo totalmente assurdo – il passo biblico del serpente innalzato da Mosè nel deserto (Numeri 21, 4-9), ha affermato che Gesù “si è fatto peccato, si è fatto diavolo, serpente, per noi”. Continua

Da Paese distrutto che aveva pure perso la guerra ed era prevalentemente agricolo, in pochissimi anni l’Italia è diventata la quinta potenza industriale del pianeta. L’espressione “miracolo economico” fu coniata espressamente per noi.

Fu un balzo in avanti strepitoso. Cos’avremmo potuto fare se avessimo avuto anche il petrolio? In effetti, l’inizio dei nostri guai è rappresentato proprio dai due shock petroliferi del 1973 e del 1979.

Ma – pur poveri di materie prime – abbondiamo in materia grigia. Il “genio” è la nostra grande risorsa. E dovremmo ritrovare anche per questo un po’ di sano orgoglio italiano.

Perché poi sono gli altri a riconoscere le nostre eccellenze che noi magari ignoriamo. C’è un caso proprio nel settore cruciale dell’energia. Continua

Pagine e pagine di quotidiani sono state dedicate alla misteriosa “Adorazione dei Magi”, il capolavoro incompiuto di Leonardo tornato agli Uffizi dopo un lungo restauro.

E’ più bello ed enigmatico che mai. Ma qual è il suo mistero? Forse nessuno ha compreso l’opera leonardesca quanto un altro grande artista: Andrej Tarkovskij.

Del regista russo, morto in giovane età, nel 1986, esule, lontano dalla sua patria, che era ancora sotto il comunismo, Ingmar Bergman disse: “Quando scoprii i primi film di Tarkovskij fu per me un miracolo… Tarkovskij per me è il più grande”.

Nei film di Tarkovskij – pieni di spiritualità russa – tornano spesso le opere di Leonardo. Ma in modo speciale ce n’è una che sta al centro del suo ultimo film, “Il Sacrificio”, che vinse a Cannes il Premio speciale della giuria: è, appunto, l’“Adorazione dei Magi” di Leonardo. Continua

“Il mondo costruì, con l’aiuto dei filosofi del giorno, una contro-religione, in parte simile al cristianesimo, ma in realtà sua acerrima nemica (…)

[Essa] ha scelto del Vangelo il suo lato più sereno: l’annuncio della consolazione, i precetti di reciproco amore. Rimangono così relativamente dimenticati gli aspetti più oscuri e più profondi della condizione e delle prospettive dell’uomo.

È la religione naturale in un’epoca civile, e Satana l’ha accortamente ornata e perfezionata fino a farne un idolo della verità.

Via via che la ragione prospera, via via che il gusto si forma e si raffinano gli affetti e i sentimenti, sarà inevitabile che alla superficie della società si diffonda, del tutto indipendentemente dall’influenza della rivelazione, un costume generale di onestà e di benevolenza. Continua