Il vero protagonista di questa campagna elettorale sta nell’ombra: è il “partito straniero”, che sui giornali (che nella quasi totalità stanno dalla sua parte) viene chiamato “l’Europa”. In realtà l’Europa è da tempo una colonia della Super Germania a cui cerca di associarsi la Francia. E l’Italia è il pollo da spennare (ormai già ridotto malissimo). Questa cosiddetta “Europa” – nelle elezioni italiane – punta sul PD e liste associate (come “Più Europa” di Emma Bonino che significa per l’Italia: più immigrati, più tagli, più tasse, più disoccupazione, più sottomissione dell’Italia, più laicismo anticristiano, più affossamento dello stato sociale e ancora più annientamento dello stato nazionale). Ho cercato di illustrare le vere strategie che si dispiegano e la vera posta in gioco in questo articolo pubblicato da “Libero”.

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C’è una campagna elettorale ufficiale sulla scena e ce n’è un’altra dietro le quinte dove si confrontano forze e progetti di cui gli elettori sono all’oscuro e la posta in gioco è l’Italia stessa.

Anzitutto consideriamo ciò che si vede pubblicamente. Sulla scena appare un Pd che arranca, in caduta libera, con un Renzi bollito, barricato nel bunker con i fedelissimi; poi un centrodestra con buoni sondaggi (come coalizione), ma dove coesistono programmi diversi; e un M5S col vento in poppa come lista singola.

Quindi tre contendenti e sui giornali si ipotizzano le loro possibili combinazioni future, in base all’esito delle elezioni. Questo è ciò che appare. Ma dietro la scena va in onda un’altra partita e i veri contendenti sono solo due.

C’è anzitutto un protagonista in incognito: la cosiddetta Europa, che significa le cancellerie di Berlino e Parigi le quali possono contare in Italia sull’establishment (anche nelle istituzioni) e sui media.

La partita vera è fra questo “partito europeo”, cioè coloro che intendono restare agli ordini di Bruxelles (ovvero della cancelliera Merkel e di Macron) e il “partito italiano” che intende riportare al centro della politica il nostro interesse nazionale, scongiurando il definitivo annichilimento del nostro sistema produttivo e della nostra sovranità.

Il M5S, che in teoria, fino all’altroieri, era definito “antisistema”, con l’allontanamento “spintaneo” di Grillo (e forse di Di Battista) appare del tutto normalizzato.

Lo dimostrano le dichiarazioni di Di Maio che annuncia l’abbandono della battaglia anti-euro e anti UE, che (a Londra) garantisce ai mercati di non voler togliere il cappio al collo dell’Italia e che dichiara finito l’isolamento per concorrere ai giochi di palazzo dopo le elezioni (si dice che per Di Maio sia già pronta la presidenza della Camera, con l’affettuoso placet di Mattarella).

L’altra “scheggia” da “normalizzare” è la Lega di Salvini: pare che l’operazione Maroni punti proprio all’azzoppamento del partito leghista, in previsione degli equilibri futuri.

Fra Forza Italia e il Pd renziano – che dovrebbero essere il pilastro su cui puntano la Merkel e Macron – è luna di miele.

Come dimostra il favore di Forza Italia al Pd renziano in Commissione banche e il fatto che Berlusconi eviti ogni attacco a Renzi, così come ha sempre evitato di fare opposizione al suo governo.

Il recente viaggio a Bruxelles di Berlusconi è servito – tramite Tajani – a rassicurare i padroni d’Europa che l’Italia non si sottrarrà al suo attuale status di colonia della Super-Germania.

Pure l’endorsement di Prodi (e perfino di Gentiloni) a sostegno degli alleati “euristi” del Pd – la lista Bonino e la lista Insieme – fa capire che l’establishment internazionale ha bisogno che il Pd non crolli (anche se Prodi ha assestato qualche calcio a Renzi per aver mandato a ramengo la coalizione di centrosinistra).

E’ curioso che mentre Berlusconi cerca in tutti i modi di proteggere Renzi come futuro interlocutore (giudicandolo il “meno peggio”, anche se lo ritiene del tutto inaffidabile), a progettare rese dei conti contro il politico fiorentino, dopo il 4 marzo, pare siano, proprio nel Pd, i Prodi, i Del Rio, i Franceschini, i Gentiloni, i Minniti, gli Sposetti e i La Torre.

A questo punto da “euronormalizzare” restano solo Salvini e la Meloni. I due ne sono ben consapevoli, ma sperano ancora di poter vincere come centrodestra e – una volta vinto – sperano di persuadere Berlusconi a lanciare un governo “italiano”, dando una “sòla” al padrone teutonico, visto che – in fin dei conti – proprio Berlusconi fu la vittima di quell’establishment franco-tedesco nel 2011: oggi potrebbe restituire la pariglia con una scaltra operazione di alta politica. E chissà che il suo progetto non sia proprio questo.

Si è fatto ormai accreditare dalla Merkel e dall’establishment estero come il normalizzatore del centrodestra, ma poi – di fronte a una vittoria netta del centrodestra unito – potrebbe legittimare un governo che riporta l’Italia alla sovranità e alla tutela del suo interesse nazionale.

E’ una mossa che oggi sarebbe possibile, perché la Merkel è indebolita e – a livello internazionale – la Ue e l’euro sono assediati e bombardati dagli Usa di Trump a cui si aggiungono la Brexit e la “sedizione” politica dell’est europeo contro Bruxelles.

Del resto la nuova pretesa egemonica di Merkel-Macron che pretendono di riformare la UE a loro piacimento e che puntano ad annientare gli altri (anzitutto l’Italia) spiana la strada a una politica italiana che si sottragga al vassallaggio al “partito straniero”, devastante per il nostro paese.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 1 febbraio 2018

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