Sulla riforma del MES – considerate le gravi conseguenze che la sua ratifica può produrre in Italia –  dovremmo avere un dibattito argomentato e approfondito fra i partiti e sui media. Invece niente. Nessun confronto fra opposte ragioni.

Ieri, per esempio, il Corriere della sera aveva l’editoriale di Ferruccio De Bortoli che iniziava così: “Prima o poi l’odiato Mes bisognerà firmarlo. O meglio trangugiarlo. E allora sarà interessante ascoltare le motivazioni di un sofferto sì al Meccanismo Europeo di stabilità considerato a lungo – per ragioni di pura propaganda – il peggior nemico dell’interesse nazionale”.

Secondo De Bortoli dovremmo ratificare il nuovo Mes per riconoscenza verso il Next Generation Eu, che però è un meccanismo con cui ci siamo indebitati (di più) facendoci prestare dei soldi nostri e pagandoci pure gli interessi (denaro che oltretutto non resta in casa come accadrebbe per i titoli di Stato sottoscritti dai nostri risparmiatori). Quindi gratitudine a chi?

De Bortoli non indica nessuna ragione positiva per ratificare del MES. Neanche una. Del resto, se si tratta di “trangugiarlo”, come scrive lui, somiglia alla cicuta di Socrate… È ben curioso che quanti spingono per questa ratifica non indichino concretamente nemmeno una convenienza che l’Italia ne avrebbe.

Invece chi si oppone da tempo dichiara le proprie ragioni. A sintetizzarne alcune ha pensato l’economista Claudio Borghi (Lega) che da giugno ha fissato sul suo profilo un lungo tweet dove elenca appunto “i dieci motivi per cui non dobbiamo ratificare la riforma del Mes”.

Questo suo tweet è un vero e proprio caso perché ha quasi tre milioni di visualizzazioni, un numero di lettori enormemente superiore a quello di tutti i giornali italiani (fra l’altro fa intuire le inesplorate potenzialità dei social nella comunicazione politica).

Ecco i dieci argomenti di Borghi. 1) Ratificare la riforma significa approvare specificamente tutto il Trattato, comprese le sue parti più assurde, fatte votare da Monti a un distratto Parlamento nell’estate del 2012.

2) La riforma del Mes peggiora uno strumento già famigerato perché figlio degli interventi di austerità contro la Grecia. I paesi UE vengono divisi fra “buoni” e “cattivi”. L’Italia è, guarda caso, fra i cattivi.

3) Il MES potrà intervenire nei salvataggi delle banche (nota bene: non dei risparmiatori perché prima va fatto il bail-in) e non si può decidere di non farlo. Se una grande banca tedesca o francese va in crisi il MES interviene e i soldi degli italiani verranno usati per pagare i suoi creditori.

4) Il nuovo trattato MES scrive chiaramente che in caso di intervento sarà possibile prevedere un taglio del valore dei titoli di Stato in mano ai risparmiatori.

5) Il nuovo trattato MES obbliga ad inserire nei titoli di Stato delle clausole (cosiddette CACS) che ne rendano più facile il taglio del valore.

6) Se il MES fosse operativo, in caso di crisi sui mercati, vedi ad esempio durante la pandemia, la BCE non interverrebbe più lasciando invece azionare il MES con tutte le conseguenze del caso.

7) Il MES diventerebbe una specie di “agenzia di rating” con il potere di decidere sulla sostenibilità o meno del debito. In pratica potrebbe causare una crisi dichiarando a suo piacimento che un debito è insostenibile.

8) I dirigenti del MES, a fronte di questi poteri enormi (il direttore potrebbe chiederci il versamento del capitale impegnato, oltre centodieci miliardi entro una settimana), sono esenti da qualsiasi giurisdizione (davvero, c’è scritto proprio così). Non si potrà far loro causa, non dovranno rendere conto a nessuno delle loro azioni, nessuna autorità può violare gli uffici del MES, i loro stipendi sono esentasse.

9) La soglia della maggioranza qualificata, 80%, usata per numerose situazioni, è calibrata in modo da lasciare fuori l’Italia che “pesa” il 17% mentre Germania (27%) e Francia (21%) guarda caso hanno quote sufficienti per diritto di veto assoluto.

10) Non è vero che si può ratificare, ma non usare il MES. Una volta attivate le modifiche esse diventano direttamente impegnative, vedi salvataggi banche, e se l’Italia perdesse l’accesso ai mercati non ci sarebbe nessuna scelta possibile se non farne uso.

Fin qui gli argomenti di Borghi che conclude definendo il MES “uno strumento di dominio e di sottomissione” che “non porta nessun vantaggio per l’Italia, meno che mai nella nuova  versione” e che “non va ratificato perché non è nell’interesse dell’Italia”, inoltre perché “la ratifica non è assolutamente un atto dovuto”.

Borghi aggiunge anche una serie di link, dal testo del nuovo Mes, ad altri suoi scritti e interventi che rispondono ai media mainstream e poi documenti utili per farsi un’idea: per esempio lo studio di Lidia Undiemi e un intervento di Alessandro Mangia, ordinario di Diritto costituzionale alla Cattolica di Milano.

Nonostante i ripetuti inviti a confutare questi argomenti, che Borghi ha rivolto a esponenti di altri partiti, non sono mai arrivate risposte di merito.

Chi spinge per la ratifica in genere ripete il solito non-argomento: ce lo chiede l’Europa (che significa: lo pretendono certi stati europei a cui conviene avere il Mes). Ma si può rovinare l’Italia per far piacere agli altri?

Oltretutto nessuno ha ancora risposto sull’incompatibilità, rilevata all’europarlamento da Antonio M. Rinaldi, fra ciò che prevede il nuovo MES e ciò che si legge nella bozza del nuovo Patto di stabilità.

A questo punto si comprende perché Borghi ha avanzato l’idea di un’uscita dell’Italia dal MES (che, ricordiamolo, non è uno strumento della UE). Nella scorsa legislatura è stato presentato anche un disegno di legge in tal senso.

In effetti, visto che l’Italia viene accusata di bloccare il MES che altri Paesi vogliono attivare (e visto che all’Italia non potrà mai servire) tanto varrebbe uscirne recuperando la disponibilità di quasi 15 miliardi che oggi ci sarebbero utilissimi, anche solo per abbassare il debito pubblico (o per un grande taglio delle tasse e per sostegno ai redditi bassi).

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 30 ottobre 2023