I CATTOLICI PRONTI A USCIRE DAL PD (FORSE). E RENZI DICE…
Nel caos del Pd, fra risse di correnti, pessime notizie da Bruxelles e sondaggi apocalittici, è passata in secondo piano la vera novità politica: il (possibile) divorzio fra democristiani e comunisti con l’eventuale riesumazione di un simil-Pci sulle ceneri del Pd e la fuoriuscita della cosiddetta “componente cattolica” (la vecchia sinistra dc).
Sarebbe la fine del Pd che nacque nel 2007 proprio dall’abbraccio fra i (post)democristiani e i (post)comunisti. A quel tempo si pretese di nobilitare il connubio evocando i rispettivi padri: Moro e Berlinguer.
In realtà, secondo Cacciari, la molla di quel matrimonio non furono gli ideali, ma fu – più prosaicamente – il potere: “Il Pd non è un partito, è un insieme di avanzi di partito il cui unico collante è il potere. Deve resistere al governo per esistere. Infatti dove non sono al governo, come in alcune regioni del Nord, vivono uno smottamento completo, hanno zero base sociale. Se salta l’alleanza con i 5stelle loro che fanno? Non hanno strategia, non hanno anima”.
In effetti, la perdita del potere – dopo il voto del 25 settembre – sta facendo saltare quel matrimonio stipulato fra “avanzi di partito”.
Ma cosa è successo? Il caso politico esplode ufficialmente il 19 dicembree ha come protagonista Pierluigi Castagnetti che è “uno degli ultimi segretari del Partito Popolare, poi confluito nel Pd”, nonché “l’uomo forse più vicino a Mattarella” scrive Marcello Sorgi “ai tempi in cui l’attuale Capo dello Stato ancora militava nelle file popolari”.
Castagnetti lunedì ha convocato, con spirito polemico, i “popolari” del Pd a discutere della corsa verso sinistra del PD. Anche il luogo scelto per quell’assemblea pubblica è eloquente: l’Istituto Sturzo, lo stesso in cui lo storico Gabriele De Rosa il 18 gennaio 1994 lanciò il manifesto del nuovo Partito Popolare nato sulle ceneri della Dc.
Il messaggio dunque era: siamo pronti ad andarcene e a rifare il Partito Popolare (o la Margherita). Che poi questo si avveri è dubbio, considerando la perdita di voti e il fallimento di questi decenni. Ma anche minacciarlo è dirompente.
E già Matteo Renzi – che proviene da quella stessa storia ed è uscito dal Pd in anticipo – mentre lancia messaggi amichevoli a Berlusconi spalanca le porte ai suoi amici degli anni del Ppi e della Margherita. Secondo il politico fiorentino se il Pd archivierà la Carta dei valori del 2007 e indicherà “Blair e Obama come i nemici, come alcuni dentro il Pd dicono, se si arriverà lì è evidente che la cultura cattolica lascerà” il partito “e verrà a dare una mano a noi, dentro la costruzione di questo terzo polo che sarà molto forte alle europee”.
In realtà non si capisce cosa c’entrino Blair e Obama con Moro, De Gasperi, Dossetti e Zaccagnini. Sono all’opposto della tradizione politica democristiana. Proprio abbracciando l’ideologia di Obama e Blair, nel decennio scorso, il Pd si è trasformato in una sorta di “partito radicale” (o radical-chic) che avrebbe dovuto provocare disagio nei cattolici. Ma è vero – come dice Renzi – che la guerra attuale è scoppiata sulla questione della “carta dei valori”.
La Carta del 2007 (scritta da Reichlin e Scoppola) era il manifesto ideologico del Pd e se ora è stata lanciata una “presunta assemblea costituente” per riscrivere quei valori, sottolinea Castagnetti, significa che “cambiano la natura del Pd”.
Già il 4 dicembre aveva tuonato: “Costituente (?) del Pd. Un gruppo di nominati, in buona parte neppure elettori, che attraverso la modifica di statuto e carta dei valori vuole far cambiare natura al PD. Ma se cambia natura non è più il Pd. Semplice. Fermate la giostra, per favore”.
L’assemblea di lunedì scorso, secondo Francesco Cundari, “ha demolito la bizzarra idea di un gruppo dirigente sconfitto che si autoincarica di riscrivere la carta fondamentale del partito e addirittura di rifondarlo”.
Rincara la dose Arturo Parisi, uno dei fondatori dell’Ulivo e del Pd, già sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Prodi, ministro, parlamentare e professore universitario (nonché, in gioventù, dirigente dell’Azione Cattolica): “Stanno riportando il Pd nella casa le cui fondamenta sono state messe a Livorno nel 1921 (allude alla fondazione del Pci, nda), questa costituente è un gran pasticcio”.
Secondo Parisi stanno fondando “un nuovo partito figlio dell’unione del vecchio Pd e di Articolo 1” tanto è vero che il “comitato costituente” è guidato “come ‘garanti’ alla pari da Letta e Speranza, segretari dei due partiti promotori”.
In sostanza rifanno il Pci. E tutto questo paradossalmente avviene, aggiunge Parisi, “con Popolari come Letta e Franceschini alla guida del Pd”. S’intuisce dunque che il problema – oltre alla Costituente e alla riscrittura della Carta dei valori – è rappresentato anche dalla candidatura alla segreteria di Elly Schlein (considerata favorevole a un’alleanza con il M5S).
Parisi rilancia coloro che bersagliano Francesco Boccia appena diventato coordinatore della campagna elettorale della Schlein. Castagnetti, in proposito, aveva già lanciato anatemi il 20 novembre: “PD. Avevamo già eletto una Presidente non iscritta (evidentemente non ci credeva abbastanza), e adesso cambiamo lo Statuto per consentire a chi non è iscritto (perché evidentemente non ci crede abbastanza) di diventarne addirittura segretario. Cos’altro?”.
La polemica è scoppiata pure sulle notizie provenienti da Bruxelles. Castagnetti ha rilanciato un tweet in cui si legge: “nel ‘Qatar gate’ non si vede un democristiano neppure col binocolo, ma solo ex Pci”.
Il tema dell’assemblea dc di lunedì era: “Ancora utili all’Italia?”. I “popolari” dentro a questo Pd si sentono estranei: “la nostra presenza” ha detto Castagnetti “viene descritta come fosse un freno”.
Nei prossimi mesi può verificarsi l’esplosione del Pd. Per ora volano gli stracci e i sondaggi precipitano.
Antonio Socci
Da “Libero”, 23 dicembre 2022