La confusione che c’è nella Chiesa cattolica, per la devastazione prodotta dai dodici anni di papa Bergoglio, è una delle cause della crisi dell’Occidente. Devono pensarlo anche a Washington se, come vedremo, mandano a Leone XIV segnali chiari della loro preoccupazione. Un esempio lampante è di queste ore.

Nella giornata di martedì tutti hanno dato il loro appoggio al Piano di Pace di Trump per Gaza. Dai Paesi arabi e musulmani ai governi della Ue, dall’Onu alla Russia, dalla Cina all’Autorità palestinese. E la Santa Sede? Un silenzio inspiegabile considerato quante volte il Papa ha implorato di fermare le armi e fare la pace.

In serata Leone XIV in persona ha rotto un silenzio che stava diventando imbarazzante. E lo ha fatto dando il suo appoggio al Piano di pace di Trumpe invitando Hamas ad accettarlo.

A cosa è stato dovuto quel prolungato silenzio vaticano? In parte al cattivo funzionamento della macchina diplomatica e della burocrazia episcopale, perché i dodici anni di Bergoglio hanno devastato anche la Curia. Il livello dei vescovi, della diplomazia e dell’establishment clericale – con Bergoglio – è precipitato. Nell’episcopato è evidente l’impreparazione (anche dottrinale), la superficialità, il conformismo, il dilettantismo e soprattutto la faziosità ideologica e politica. Ed eccoci qui all’altra causa di quel silenzio. La diffidenza e l’ostilità (se non l’odio ideologico) verso Trump.

Leone XIV ha spazzato via tutto questo, personalmente, riconoscendo la bontà del piano di pace del presidente americano che, peraltro, è l’unico grande protagonista politico a cercare e realizzare la pacificazione dei conflitti chiesta ogni giorno dalla Chiesa. Ma questo merito a Trump non viene riconosciuto da vescovi che hanno esaltato l’impresa della Flottilla.

L’intossicazione ideologica delle gerarchie ecclesiastiche arriva a volte al fanatismo politico. Il Papa si trova a lavorare con un establishment totalmente politicizzato e schierato a sinistra.

I “media cattolici” hanno una linea estremista. Avvenire, giornale della Cei di Zuppi, ieri è arrivato a censurare il Papa stesso, riportando in prima pagina altre sue parole contenute in quell’intervista, ma non ciò che ha detto sul Piano Trump: eppure erano di gran lunga le dichiarazioni più importanti (le ha nascoste in quattro righe a pagina 5 senza un titolo).

L’agenzia della Cei, Agensir, ha titolato: “Un piano su Gaza, senza Gaza non con Gaza”. L’articolo definisce “diktat” il Piano di Trump, lo boccia e lamenta: “nessun ruolo per l’Autorità Palestinese”.

Eppure lo stesso portavoce di Fatah, che guida l’Autorità nazionale palestinese, ha dato un giudizio positivo: “è un primo passo verso la soluzione dei due Stati”. In pratica i vescovi, sulla possibile pace, vanno in direzione opposta al Papa. E anche opposta al buon senso.

Leone XIV è dunque solo. L’establishment bergogliano domina. Finora il Papa ha fatto alcune importanti correzioni di rotta sulla dottrina, anche qualche buona nomina, e sa parlare al cuore dei fedeli.

È invece debole, con dannose concessioni al bergoglismo, su dottrina sociale e politica (e qualche tema morale). Nei prossimi giorni pubblicherà un documento sulla povertà che è stato scritto dal predecessore. Forse è riuscito a correggerne gli eccessi. Vedremo.

Ma da inesperto condivide alcune pessime idee di Bergoglio su ecologia e migranti estranee al Magistero di sempre della Chiesa. Idee subalterne alle ideologie mondane (con alcune ricadute grottesche). Qualcuno ha detto che prima avevamo un papato “modello Fidel Castro” e ora un papato “modello Biden”. Solo in parte è vero. Certo, Prevost ha idee più vicine ai Dem che all’attuale amministrazione Usa.

Ma questo Papa è un uomo con una forte spiritualità, è un pastore sereno, buono e obiettivo. Credo che non farà prevalere opinioni private, né antipatie e rancori personali sui rapporti istituzionali in cui è in gioco l’interesse della Chiesa. Lo ha dimostrato nell’intervista di martedì sera.

Tuttavia non ha una sua visione chiara del nostro tempo e della Chiesa. Dovrebbe accantonare Bergoglio e riprendere la via di Wojtyla e Ratzinger.

Dalla Casa Bianca, in questi giorni, gli hanno fatto arrivare un singolare segnale pubblico (rivolto anche a tutti i cristiani) evocando colui che guidò il trionfo su Satana e i suoi demoni: San Michele Arcangelo.

Nella spiritualità cristiana è il simbolo della lotta contro il Male. Già l’anno passato, per la sua festa, il 29 settembre, Trump pubblicò sui social la preghiera a San Michele scritta da papa Leone XIII. Quest’anno, con il logo della Casa Bianca, l’ha ripubblicata, sempre il 29 settembre, che è anche il giorno in cui ha annunciato il Piano di pace per Gaza.

E ha aggiunto queste parole: “Oggi saluto i milioni di credenti cristiani negli Stati Uniti e in tutto il mondo che osservano la festa di San Michele Arcangelo. Secondo la Sacra Scrittura, quando il Diavolo si ribellò contro Dio in Cielo, San Michele e la sua legione di angeli gettarono Satana sulla Terra, riaffermando trionfalmente la sovranità di Dio su tutta la creazione. Per 2.000 anni, i cristiani hanno guardato a San Michele Arcangelo per avere protezione, forza e coraggio in tempi di conflitto, angoscia e dubbio. Nel 1886, quasi 140 anni fa, Papa Leone XIII, capo della Chiesa cattolica romana, temendo per il futuro del mondo occidentale, introdusse la leggendaria Preghiera a San Michele, che è ancora recitata fino ad oggi nelle chiese e nelle case di tutta la nostra nazione e in tutto il mondo”.

Dunque Trump cita Leone XIII, il Pontefice a cui Leone XIV s’ispira e di cui ha voluto prendere il nome. Del resto Prevost è stato eletto l’8 maggio scorso e proprio quel giorno la Chiesa ricorda la prima apparizione dell’Arcangelo sul Monte Gargano, nel 490.

Il Male a cui Leone XIII si oppose con la preghiera all’Arcangelo Michele era quello delle forze anticristiane che minacciavano la Chiesa e la nostra civiltà. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI condividevano quella preoccupazione. E Leone XIV?

 

Antonio Socci

Da “Libero”, 2 ottobre 2025