Ippolit Terent’ev, assopito sul divano, si svegliò di soprassalto, guardò con aria attonita i presenti, presi dalle loro conversazioni salottiere, polemizzò in modo sconclusionato con Evgenij Pavlovic e infine si rivolse al principe Myskin: “ ‘è vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza? Signori miei’ gridò egli improvvisamente, rivolgendosi a tutti, ‘il principe afferma che il mondo sarà salvato dalla bellezza!… Quale bellezza salverà il mondo?… Siete un cristiano fervente, voi? Kolja dice che voi stesso vi attribuite il titolo di cristiano’ ”.

Questo passo dell’“Idiota” di Dostoevskij, ovvero la celebre frase sulla bellezza che salverà il mondo, è spesso citata, ma resta incompresa, sebbene rappresenti forse la pagina più celebre in Occidente dello scrittore russo di cui si celebrano i 200 anni dalla nascita.

Cosa intendeva dire Dostoevskij? Bellezza è una parola profondamente ambigua per lo scrittore che la definisce addirittura “una cosa tremenda e orribile”. Perché talvolta la bellezza invece di salvare può perdere e distruggere.

Quando il principe Myskin vede per la prima volta (in fotografia) Nastasja Filippovna sussurra: “Un viso straordinario! (…) È un viso altero, molto altero, ma non so se sia buona. Ah, se fosse anche buona! Sarebbe la salvezza!”.

La bellezza che salva il mondo allora è la bellezza-bontà (nella Bibbia la stessa parola significa sia bello che buono).

Infatti l’idea centrale dell’”Idiota” è questa: “descrivere un uomo assolutamente buono. Tutti gli scrittori che hanno cercato di rappresentare il bello assoluto” nota Dostoevskij “hanno sempre fallito, perché è un compito impossibile”.

Eppure lui era certo che questa Bellezza che salva ha abitato sulla terra, infatti prosegue: “C’è un’unica figura al mondo che possiede la bellezza assoluta, Cristo, cosicché il fenomeno di questa sconfinata, infinita bellezza è già in se stesso un miracolo infinito”.

Con il principe Myskin, Dostoevskij tenta appunto di rappresentare questo “ideale di assoluta bontà e bellezza morale, secondo la tradizione russa dello juròdivij, il folle di Dio”, come scrive Andrea Oppo. Che aggiunge: “Cosa accadrebbe se Cristo vivesse sulla terra ai giorni nostri? Come potrebbe redimerla? In quale modo, tecnicamente, la Bellezza salva il mondo? L’Idiota è la risposta di Dostoevskij a queste domande”.

Ma è riuscito nell’impresa? Non perfettamente. Il principe è puro, comprende tutto e tutti, perdona e giustifica, ma somiglia poco al Gesù dei Vangeli, non ha – nella sua umanità – la forza divina che salva, si perde lui stesso nei meandri delle vite altrui, si sente sopraffatto, “assorbe tutto e alla fine esplode”.

Dostoevskij riesce invece in altri romanzi a raccontare la bellezza che salva, per esempio nella “leggenda del Grande Inquisitore”. Ma c’è anche un episodio dei “Fratelli Karamazov” che Paolo Prosperi, già docente di teologia a Mosca e Pietroburgo, sottolinea in un suo piccolo e prezioso studio intitolato “La bellezza che salva il mondo” (edito dalla Fraternità San Carlo).

Il protagonista è Mitja, il primo dei tre fratelli, che è un “temperamento passionale” che “sa essere violento e brutale” però “ha un cuore generoso, capace di profonda compassione. È sensuale e facile alla gozzoviglia. E tuttavia ama Dio e tutto ciò che è puro”.

Questo personaggio inquieto e tormentato è stato “segnato per sempre” da un episodio che non può dimenticare. Lo racconto in sintesi.

Mitja era un tenente che viveva “sperperando denaro e seducendo ragazze”. Un giorno viene a sapere che è arrivata in città la figlia del colonnello, la bellissima Katerina Ivanovna.

Lui ne è letteralmente folgorato, ma lei lo ignora, così l’uomo medita vendetta. Presto gli si presenta l’occasione. Il padre di Katerina infatti è stato (ingiustamente) accusato di essersi appropriato di fondi statali e si trova di colpo sull’orlo della rovina. Se non reperisce subito il denaro necessario lo aspetta la corte marziale.

Ma non possiede quella somma. Così Mitja, che invece ne dispone, fa sapere che è pronto a fornirla a patto che Katerina si rechi personalmente a casa sua a prendere il denaro.

“Katja in un impeto di zelo filiale decide di andare”, pur sapendo di esporsi così a un rischio enorme, vista la fama del Karamazov. È sera, all’improvviso si apre la porta: è lei. Con grande dignità, ma anche con molta paura, dice che è venuta per prendere il denaro.

Il mio primo pensiero” ricorda Mitja “fu un pensiero da Karamazov… La scrutai da capo a piedi. Un’autentica bellezza. E in quel momento era bella, ma per un’altra ragione. Era bella in quel momento perché era nobile, mentre io ero un bastardo; si ergeva in tutta la maestà del suo sacrificio per suo padre e io ero una cimice. E dipendeva totalmente da me, una cimice, un bastardo, dipendeva totalmente da me, anima e corpo. Nessuna via d’uscita…”.

La ragazza lo sapeva e ne era terrorizzata, ma per amore del padre aveva accettato, inerme, di rischiare tutta se stessa, come un agnello sacrificale.

“Era bella” commenta Prosperi “come un’unica cosa può essere bella: la carne di un essere umano, trasformata in pura immagine di Cristo, dell’amore del Grande Agnello”.

È questo che sconvolse Mitja che, dopo un feroce conflitto interiore, andò al tavolino, prese i rubli, in silenzio glieli porse, poi “le aprii la porta che dava sull’ingresso e, indietreggiando, mi inchinai profondamente con il più rispettoso e il più commosso degli inchini”.

Prosperi nota: “il modo con cui Cristo attira a sé l’uomo e lo ricrea, è in un certo senso analogo al modo con cui la bellezza disarmata di Katja agisce sul cuore di Mitja. Il Suo maestoso potere risiede nella bellezza della Sua umanità, una bellezza tale che conquista con la pura forza del suo splendore”.

Ecco la bellezza che salva il mondo. “Questa bellezza di Cristo” aggiunge Prosperi “non è qualcosa che si incontra solo leggendo il vangelo o pregando davanti al Santissimo, né è una bellezza che troviamo solo negli occhi e nei gesti dei grandi santiKatja è tutto fuorché una santa: è terribilmente orgogliosa, è una donna molto complicata… Eppure in quel momento le viene concessa la grazia di diventare per Mitja quasi come un sacramento, un segno reale di Cristo”, infatti attraverso di lei la vita di Mitja cambierà e avrà un “nuovo inizio”.

Anche per lui è stata una grazia immeritata. Sono incontri, eventi, “persone o momenti di persone” attraverso cui la Bellezza raggiunge gli uomini e li salva, perché li va a cercare dovunque e si fa incontrare – come suggerisce Mitja – perfino nei più impensabili e sconcertanti bassifondi morali del mondo.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 9 gennaio 2022

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