Secoli di fede, di storia e di arte che vanno in cenere: così va in cenere la nostra anima, la nostra identità. Stavolta il fuoco ha colpito la cattedrale gotica di Nantes. Dopo l’incendio che ha devastato Notre Dame a Pariginell’aprile 2019 è un altro colpo durissimo alla millenaria cristianità francese. E se per Notre Dame si è escluso l’attentato (ma si aspettano altre convincenti spiegazioni), nel caso di Nantes si indaga sulla pista dolosa. Prima c’era già stato l’incendio nella famosa chiesa di Saint Sulpice, sempre a Parigi e di molte altre chiese cattoliche.

Secondo i dati ufficiali del ministero dell’Interno, nel 2018 sono stati censiti 1.063 ‘fatti anticristiani’ e nel 2017 erano stati 1.038. Si tratta di chiese bruciate, vandalizzate, saccheggiate o profanate in Francia. Un’enormità! Ma nessuno parla di cristianofobia e nessuno fa leggi per proteggere i cristiani.

Eppure è evidente l’attacco alla Chiesa e la volontà di distruzione di ogni traccia della cristianità. E’ chiaro che il cattolicesimo è oggi bersaglio di un odio violento che porta a profanazioni, saccheggi, distruzioni di statue, devastazione di tabernacoli, dispersione di ostie e scritte tracciate con le feci.

C’è addirittura un terrorismo che è arrivato a sgozzare un pretedirettamente sull’altare: accadde al povero padre Jacques Hamel, a Saint-Étienne-du-Rouvray, il 26 luglio del 2016.

“Alla fine della Messa” ricorda Vatican News “padre Hamel, 85 anni, viene sgozzato da due estremisti che avevano giurato fedeltà allo Stato islamico. Prima di essere ucciso, il sacerdote viene costretto a inginocchiarsi. Le sue ultime parole sono state: ‘Vattene, Satana!’, ‘lontano da me, Satana!’”.

Papa Bergoglio, in una messa di suffragio, volle ricordare proprio queste sue ultime parole e aggiunse: “Padre Jacques Hamel è stato sgozzato sulla Croce, proprio mentre celebrava il sacrificio della Croce di Cristo. Uomo buono, mite, di fratellanza, che sempre cercava di fare la pace, è stato assassinato come se fosse un criminale. Questo è il filo satanico della persecuzione”.

In effetti è un odio anticristiano che si scatena oggi senza alcun motivo, perfino senza alcun pretesto.

Quando, nel 2002, pubblicai il mio libro “I nuovi perseguitati”, fui sconvolto dalle sconosciute dimensioni del martirio dei cristiani nel Novecento, iniziato con il genocidio degli Armeni e poi proseguito con il macello avvenuto sotto i totalitarismi, soprattutto sotto il comunismo che si protrae ancora.

Ma ancor più mi colpirono le sconosciute dimensioni della persecuzione tuttora in atto in tutti quei regimi islamici o comunisti o comunque autoritari in cui i cristiani sono comunità inermi, spesso marginali e del tutto innocue, a cui nessuno poteva imputare nulla.

Tutto questo, a quel tempo, nel 2002, non si leggeva sui giornali, ma anche oggi che il martirio dei cristiani – spesso orribile – riesce a far notizia, non si riconosce l’enormità della persecuzione e dell’odio verso di loro e si evita di riconoscerli come vittime e di trarne conseguenze civili e politiche.

Oggi anche sul “Corriere della sera” (le pagine interne) si può trovare un titolo così: “Pakistan: cristiano muore arso vivo perché non si voleva convertire all’Islam”. Sommario: “La moglie denuncia la violenza ai poliziotti che la stuprano davanti ai due figli di 7 e 12 anni”.

Ma da questi casi – per nulla isolati – non deriva qua da noi una più drammatica sensibilità sulla condizione dei cristiani. Eppure – ovviamente in forma pacifica, non violenta com’è nello stile cristiano – ci sarebbero tutti i motivi per veder nascere un movimento “Christian Lives Matter” (per riprendere una formula che oggi in voga).

Purtroppo spesso sono le stesse le gerarchie cattoliche che evitano di parlare di persecuzioni e martiri e dialogano con regimi e ideologie avverse talvolta fino alla resa.

Il fallimento di questa eccessiva arrendevolezza è evidente. Basti considerare la recrudescenza delle persecuzioni in Cina, dopo quella resa che è l’accordo segreto fra Vaticano e Pechino, oppure la recente trasformazione della basilica di Santa Sofia in moschea, dopo tutte le discusse aperture del papa al mondo islamico.

Analoga accondiscendenza ecclesiastica c’è oggi verso l’ideologia laicistache ha cominciato a dilagare in Europa da 25 anni e che ha voluto la cancellazione delle “radici giudaico-cristiane” dal testo costituzionale.

Fu proprio la Francia quella che più si oppose a quel richiamo alle radici cristiane e quando, per l’incendio di Notre Dame, un’ondata di commozione percorse quel Paese, si notò l’imbarazzo del presidente Macronnell’esprimere il dolore del suo popolo: avrebbe dovuto riconoscere che la cattedrale non era solo un “monumento nazionale”, ma esprimeva l’anima cattolica della storia francese. E non lo fece.

Anche nei confronti della cultura laicista che domina nelle élite europee, la mano tesa delle gerarchie vaticane non ha prodotto nessuna apertura, ma – anzi – serpeggia la tentazione di limitare e condizionare la libertà di insegnamento della Chiesa. Non basta dunque propagandare una Chiesa che “non vuole avere nemici”, per non averne.

Ma gli incendi di Nantes e di Notre Dame non riguardano solo i cattolici: è anche la Francia laica (con l’Europa laica) che deve decidere una buona volta cosa vuole fare della propria storia e della propria identità.

Giustamente Marco Gervasoni ha ricordato che pure nei casi in cui le chiese crollano o bruciano per motivi accidentali lo si deve all’incuria dello Stato francese che ne ha l’esclusiva gestione: è dunque il segno di un disinteresse culturale e politico. Marcel Proust era innamorato delle cattedrali e come pochi ne ha difeso e ne ha celebrato l’importanza per noi. Ma oggi?

Notre Dame è stata costruita in 300 anni e in poche ore è stata devastata. La cattedrale di Nantes pure. La grande battaglia attuale è – come diceva Charles Péguy, grande poeta della Francia cristiana – tra il “partito dell’aratro” e il “partito dell’acciarino”.

Tra il partito di chi lavora per mesi per far crescere un campo di grano e chi, con un accendino, lo brucia in un’ora.

La Chiesa ci ha messo secoli per “civilizzare” i popoli europei e insegnare loro la dignità di ogni uomo, la libertà, il dovere della fraternità, l’amore, la sacralità della vita, l’aspirazione alla verità, alla bellezza, all’eterno. Vogliamo bruciare tutta questa eredità e sprofondare in un nichilismo senza radici, senza Dio, senza bellezza e senza patria?

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Antonio Socci

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Da “Libero”, 19 luglio 2020