“L’Italia non fu fatta da re e capitani; essa fu la creatura di un poeta: Dante” (Giuseppe Antonio Borgese). A proposito delle polemiche sulla Divina Commedia a scuola…
Ieri una pagina di “Libero” accostava giustamente due notizie che avrebbero suscitato la vivace reazione di Oriana Fallaci e che documentano bene l’epoca in cui viviamo.
NEWS DA EURABIA
Il primo titolo era questo: “Le proteste pro-Palestina. Preghiera islamica in ateneo. E i rettori condannano Israele”. Il sottotitolo aggiungeva che “a Torino imam inneggia al jihad contro lo Stato ebraico nell’edificio occupato”. A fianco si leggeva quest’altro titolo: “Padova. Dante a scuola: esentati i musulmani”.
Sui social alcuni ricordano l’eterna battaglia della sinistra per la “laicità della scuola”, battaglia mirata a cancellare i segni della millenaria identità cristiana del nostro popolo. È in effetti curioso veder poi dissolvere come nebbia al sole quell’appassionata aspirazione alla laicità, appena si parla di Ramadan e di preghiera islamica con predica-comizio dell’imam.
C’è pure chi, con amara ironia, ha ipotizzato che Michel Houellebecqpossa trarre da queste cronache ulteriore materiale per un romanzo che vada oltre “Sottomissione”.
Naturalmente è inimmaginabile una scuola che ritagli i programmi in base alla loro corrispondenza con il credo religioso degli studenti o con il loro agnosticismo/ateismo. Perché infatti dovrebbe essere esonerato dallo studio del Poema sacro lo studente musulmano e non lo studente ateo o appartenente ad altre religioni o filosofie?
A questo punto cattolici, ebrei, musulmani e atei dovrebbero essere esonerati dallo studio dell’Iliade, dell’Odissea e dell’Eneide perché pagane. E poi, alcuni di essi, dallo studio di Voltaire, Kant, Hegel, Marx, Nietzsche…
Sarebbe surreale e ridicolo. Sarebbe la fine del sistema scolastico, non solo dal punto di vista organizzativo (una scuola “à la carte” non è realizzabile in concreto), ma anche dal punto di vista della sua missione istituzionaleche consiste nel fornire ai giovani – quelli nati in Italia e quelli immigrati o di seconda generazione – la conoscenza della lingua, della cultura e della storia del nostro Paese e della civiltà a cui appartiene.
Se il primo poeta italiano è san Francesco d’Assisi e se dovunque si volga lo sguardo, in Italia, si trovano chiese, opere d’arte, ospedali, università, palazzi, feste, opere musicali, libri nati dalla civiltà cristiana (perfino certi prodotti doc della nostra tavola inventati dal monachesimo), si dovrà pur capire cos’è questo cristianesimo da cui deriva perfino il computo degli anni, la festa settimanale e quelle annuali?
È la nostra stessa lingua italiana – per tornare alla Divina Commedia – che ha il suo canone nel poema dantesco, il quale – peraltro – rappresenta il vertice della poesia mondiale di tutti i tempi.
VOCI LAICHE
Un intellettuale laico come Giuseppe Antonio Borgese scrisse: “L’Italia non fu fatta da re e capitani; essa fu la creatura di un poeta: Dante. […] Non è un’esagerazione dire che egli fu per il popolo italiano quello che Mosè fu per Israele. La Divina Commedia creò una nazione”.
Del resto gran parte della letteratura italiana, da Petrarca al Tasso, dall’Ariosto al Manzoni è intrisa di cattolicesimo. Il laico Carlo Dionisottinella sua “Geografia e storia della letteratura italiana” scrive che essa è “per più secoli inseparabile” dalla Chiesa. Come tutte le altre arti e la storia d’Italia.
Come possono integrarsi gli immigrati se si cancella l’Italia, la sua identità? Scriveva Giovanni Sartori: “In Europa, se l’identità degli ospitati resta intatta, allora l’identità da salvare diventa, o diventerà, quella degli ospitanti”.
Antonio Socci
Da “Libero”, 25 maggio 2024