Invece di celebrare, a Natale, la nascita del Salvatore, da Bruxelles – spodestando il Bambinello – hanno infilato nel presepe una vecchia conoscenza, un borbottante dottor Balanzone, e presentano lui come il salvatore dell’Europa e dell’Italia: Romano Prodi. Ieri sulla prima pagina della “Stampa” veniva lanciato con toni messianici: “ ‘Salviamo l’Europa’, il piano di Prodi”.

La seconda pagina riportava le sue ricette “salvifiche” e la terza pagina una surreale intervista allo stesso Prodi che davvero si immedesima nei panni del salvatore: “questo piano è una prova d’amore” Non fa autocritiche. Critica solo l’attuale establishment europeo per “gli orrendi errori fatti negli anni della crisi” che hanno trasformato l’euro “in fonte di nuove divisioni e disuguaglianze”.

Ma, per Prodi, l’euro in sé non si tocca, è il Bene assoluto. Certo, “Bruxelles porta grandi responsabilità”, ma, a sentire lui, “la rovina” dell’Europa non sono coloro che hanno voluto e gestito questa Unione Europea, con i risultati disastrosi che sappiamo: “i populisti sono la rovina”. Quali populisti, perché e come non lo spiega. Sventola una vaga e tenebrosa Spectre per spaventare il popolino, ma non fornisce ragioni.

Prodi, che è uno degli apprendisti stregoni che hanno voluto e guidato questa Unione e ci hanno portato nella situazione che sappiamo, tira fuori un’altra minaccia iettatoria: “senza un aggancio all’Europa noi scompariamo dalla faccia della terra” (nientemeno), come se dovessero sganciare sulla penisola cento bombe nucleari (la Gran Bretagna è uscita dalla Ue e non risulta che sia scomparsa dalla faccia della terra).

Poi ripete la sua solita solfa di sempre: “l’euro è il nostro futuro”. Una battuta propagandistica che vent’anni fa poteva ancora incantare, ma che ripetuta oggi – mentre l’euro è il devastante passato e il tragico presente – rasenta il teatro dell’assurdo.

RISPOSTA IMMEDIATA

Proprio in queste ore è uscita anche un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia da cui emerge che in Italia la crescita economica, la media annua, negli ultimi 17 anni, è sostanzialmente zero (lo 0,15 per cento, in pratica zero). Un paese bloccato. La produzione industriale rispetto al 2000 è crollata di 19,1 punti percentuali. Peggio di tutti in Europa.

Il disastro è cominciato proprio da quando è entrata in circolazione la moneta unica, l’euro, e non si tratta affatto di un caso.

Altri dati interessanti di questo rapporto: rispetto al 2007 (la vigilia della crisi) l’Italia è ancora sotto di 5,4 punti percentuali di Pil e gli investimenti sono crollati del 24,3 per cento.

Inoltre nell’anno in corso la spesa della Pubblica amministrazione è inferiore dell’1,7 per cento rispetto a dieci anni fa. Ma è anche cresciuto (e non di poco) il nostro debito pubblico. Questo è il meccanismo perverso in cui ci troviamo e che non si vuole capire e affrontare.

Come ha spiegato tempo fa, sul “Sole 24 ore”, il professor Marco Fortis, nonostante la sua [dell’Italia] fama di economia di sprechi, molto indebitata e poco osservante degli impegni, in realtà il nostro Paese ha una spesa pubblica al netto degli interessi che in termini reali è rimasta quasi invariata tra il 2005 e il 2015 (una delle migliori performance tra i Paesi avanzati). Inoltre” aggiungeva Fortisl’Italia è uno dei Paesi più disciplinati nel rispettare le regole europee di finanza pubblica. Ad esempio, durante questi ultimi anni di crisi, già dal 2012, cioè ben prima di altri Paesi, il nostro deficit/Pil rispetta la regola del 3 per cento. Nel lungo periodo, poi, sin dal 1992, l’Italia è sempre stata in avanzo statale primario con la sola eccezione del 2009: un record assoluto a livello mondiale. E, come sottolinea il citato documento del Mef [ministero dell’Economia e delle Finanze], nel periodo 2009-2015 l’avanzo statale primario dell’Italia è stato mediamente il più alto nella Ue”.

Ciò significa due cose: 1) che è falsa la diagnosi – ripetuta in ambiente eurotedesco (e poi dai nostri giornali) – secondo cui il nostro disastro deriverebbe dal fatto che noi saremmo un paese di spreconi indisciplinati: al contrario siamo i più virtuosi; 2) è sbagliata la prognosi secondo cui con i sacrifici lacrime e sangue risaniamo il nostro paese: è accaduto l’esatto contrario; nonostante anni di sacrifici (“ce lo chiede l’Europa”), cioè di massacro sociale e di virtuosa gestione dei conti pubblici, il paese è sempre più indebitato e l’economia sempre più al collasso. E il baratro col resto d’Europa si allarga.

La spiegazione è semplice: quella che viene presentata come la cura, in realtà è la causa della malattia. Noi continuiamo ad assumere un veleno pensando che sia la medicina.

L’EURO-FREGATURA

Il professor Alberto Bagnai – nei suoi studi – ha spiegato perfettamente perché il meccanismo dell’euro porta a queste inevitabili conseguenze (aggravate dai Trattati europei e dal rigore eurotedesca): “I Soloni che disquisiscono della neutralità dell’euro” ha scritto Bagnai “dovrebbero spiegarci bene come mai prima dell’adozione di questa valuta noi tenevamo testa ai nostri concorrenti. La teoria economica una spiegazione la dà. Se il cambio riflette i fondamentali, quello di una valuta comune riflette la media dei fondamentali di Paesi forti e deboli. Come tale, il valore risultante non è di equilibrio per nessuno: è forte per i deboli (ostacolandoli) e debole per i forti (attribuendo loro un ingiusto vantaggio). In virtù di questa ovvia caratteristica” conclude Bagnaila valuta unica agisce come un cuneo che si insinua fra Paesi forti e deboli, divaricandone sempre più le prestazioni. Lo abbiamo visto per la produzione industriale, e naturalmente la stessa cosa vale per le esportazioni”.

In effetti va ribaltata anche la narrazione dominante sull’ingresso nell’euro di cui Prodi fu un protagonista.

Tino Oldani tempo fa su “Italia oggi” ha ricostruito cosa e perché accadde: Il discapito maggiore lo ha avuto l’Italia. Prima dell’introduzione dell’euro, la svalutazione competitiva era una specialità della lira. Con l’ingresso nell’euro tutto ciò è diventato impossibile, e i nostri esportatori ne hanno avuto solo svantaggi. I governanti di allora, Romano Prodi e Carlo Azeglio Ciampi, agirono” dice Oldanicon un misto di faciloneria e di europeismo retorico, e non si accorsero che a pretendere da Helmut Kohl l’ingresso dell’Italia nella moneta, anche se i nostri conti non erano a posto, fu una richiesta esplicita degli industriali tedeschi. Ne ha dato conferma l’ex presidente della Confindustria tedesca, Hans-Olaf Henkel, in un’intervista nel 2011 a ‘L’Espresso’: ‘L’Italia era per noi tedeschi un concorrente formidabile perché i vostri politici avevano libertà di svalutare la lira. I prodotti del made in Italy risultavano imbattibili. L’euro ha legato le mani alla vostra economia, e da allora l’Italia sprofonda nei debiti. Siete la vera bomba a orologeria per l’Ue”.

Dunque di “salvatori” come Prodi è bene fare a meno. Meglio cambiare strada: è anzitutto recuperando la sovranità monetaria che si salva l’Italia.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 24 dicembre 2017

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