Per il filosofo francese Michel Onfray (La Stampa 31/7) Macron ha fatto della cerimonia di apertura delle olimpiadi “un grande specchio narcisistico che ha esibito in mondovisione con i miliardi del contribuente prelevati dalle casse di un Paese in fallimento… una baracconata vanagloriosa del sistema… una parata oscena e sprezzante”.

In effetti che Macron (con il supporto folkloristico dei “francesi di complemento” che stanno in Italia) abbia cercato di trasformare il grande evento sportivo in una planetaria dimostrazione politica, nel trionfo della propria ideologia woke, è sempre più evidente.

Onfray sottolinea due aspetti dell’inaugurazione. Il primo riguarda “il disprezzo mostrato per la religione cristiana” nella tanto discussa “parodia Lgbtq+ dell’Ultima Cena”. Ma l’altro “dettaglio”, meno discusso, è stato “la celebrazione del Terrore attraverso la decapitazione di Maria Antonietta durante la Rivoluzione francese”.

Per Onfray sono due messaggi: “il primo consiste nel dire che bisogna farla finita con il mondo giudeo-cristiano, mentre il secondo afferma che è una buona idea avere il governo che cosparge il Paese di sangue con il Terrore”.

Certo, tale interpretazione è drastica (impossibile credere che fosse davvero questo il messaggio), ma obiettivamente l’allegra celebrazione di uno degli episodi più (inutilmente) crudeli della Rivoluzione francese è sorprendente.

Compiacersi della barbara decapitazione della regina (esibendo la testa tagliata) nel 2024, dopo che l’Occidente ha combattuto i tagliagole dell’Isis (che tuttora imperversano in Africa) e dopo che, nel 2016, in Francia, un sacerdote è stato sgozzato sull’altare da affiliati all’Isis, è inaccettabile.

Com’è noto la rivoluzione francese, nata all’inizio non come rivoluzione, ma come rivendicazione abbastanza liberale e moderata di integrazione di nuove forze sociali in un regime costituzionale, presto degenerò e divenne una fanatica guerra ideologica.

La decapitazione della regina Maria Antonietta è uno degli episodi simbolo di questa degenerazione sanguinaria (condannata dalla storiografia liberale e non solo) che divenne il modello di tutte le rivoluzioni (e i totalitarismi successivi). Che il regime macroniano la sbandieri così non può passare inosservato.

Luciano Pellicani ha scritto: “Di tutte le conseguenze della Rivoluzione francese, la più importante, è stata la formazione di una tradizione rivoluzionaria centrata sul mito della violenza salvifica (…). I francesi elevarono la violenza rivoluzionaria al rango di prassi salvifica e coltivarono il mito della rottura radicale con il passato… nacque così una tradizione rivoluzionaria destinata a dilagare nel mondo”.

Emerse dai club giacobini l’homo ideologicus ed è – prosegue Pellicani – “al giacobino par excellence Robespierre” che “si deve la prima teorizzazione – poi seguiranno quelle di Marx, Engels, Niclaev, Lenin e Trockij – del terrore rivoluzionario”.

In un suo celebre discorso Robespierre tuona: “il terrore non è altro che la giustizia pronta, severa e inflessibile. Esso è dunque una emanazione della virtù”.

Da qui la decapitazione di Maria Antonietta e il massacro dei contadini vandeani. Non a caso Alexander Solzenicyn, prima di tornare in Russia con il crollo del comunismo fa un viaggio in Vandea (“Penso all’irritazione dei circoli di sinistra in Francia che così ciecamenteammiravano la loro crudele rivoluzione”). Andò lì perché lì era nata l’idea del Terrore che poi è divampato nel XX secolo.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 3 agosto 2024

 

 

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