Cosa c’è in comune fra don Emilio De Roja e Pier Paolo Pasolini? Anzitutto il Friuli. Don Emilio è morto trent’anni fa e a lui è dedicata una bella mostra attualmente ospitata dal Meeting di Rimini. Pasolini è nato cento anni fa e a lui – e a suo fratello Guido – è dedicato un libro, appena uscito, di Andrea Zannini, “L’altro Pasolini” (Marsilio).

Il fratello partigiano di Pier Paolo, conosceva don Emilio perché il sacerdote udinese faceva parte, come lui, della brigata partigiana Osoppo. Sono due grandi storie purtroppo dimenticate che si intrecciano.

La morte di Guido – generoso e idealista – è stata il grande dolore della vita di Pier Paolo che, sebbene più grande, aveva scelto di non andare con lui in montagna. In una sua poesia del 1966 scriverà: “Piango ancora, ogni volta che ci penso/ su mio fratello Guido,/ un partigiano ucciso da altri partigiani, comunisti”. Continua

Certi “compagni” italiani sono stupefacenti. Crolla il comunismo sovietico e il Pci, dopo aver sventolato per 70 anni la bandiera rossa con falce e martello dell’Urss (il Pci nacque dallo slogan “facciamo come in Russia”), fischiettando cambia casacca e di colpo si dice liberale. Oplà.

Nel ‘98 in Italia il primo (post)comunista, Massimo D’Alema, diventa premier e il suo governo passa alla storia per aver partecipato, come fidato membro della Nato, al bombardamento della Serbia (contro il compagno Milosevic).

Nel 2006 è eletto presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che era già dirigente del Pci al tempo di Togliatti (e Stalin) ed è rimasto comunista fino al crollo del Muro di Berlino. A Washington la sua presidenza è stimata. Nel corso del suo mandato l’Italia partecipa alla guerra alla Libia.

Ora, con l’invasione russa dell’Ucraina, certe personalità che arrivano dal mondo comunista si mostrano come zelanti sostenitori delle posizioni atlantiste più bellicose, contro il nuovo Impero del Male impersonato da Vladimir Putin.

Infine – e a questo punto il rovesciamento delle parti è completo – si arriva ad affibbiare Putin al centrodestra italiano, il quale è così confuso e afono di questi tempi da non saper reagire. Continua

“Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del comunismo”. E’ il celebre incipit del “Manifesto del partito comunista” scritto da Karl Marx e Friedrich Engels nel 1848.

Lunedì scorso – invecchiato, camuffato e male in arnese – quello spettro si aggirava, affranto e rabbuiato, alla Direzione del Pd. Ed ha buoni motivi per essere preoccupato. Perché di qui a poco potrebbe anche essere rinchiuso definitivamente nell’urna (elettorale e funeraria).

Infatti, al di là delle cronache e dei retroscena di cui si dilettano i giornali, quello che sta accadendo nel Pd – e che a tratti appare risibile – potrebbe avere perfino una sua grandezza storica.

Perché può portare, nel Pd e nel Paese, alla disfatta (e alla sparizione politica) degli ultimi eredi del Pci, che hanno in D’Alema e Bersani i volti-simbolo (costoro rappresentano tutto un mondo di cui fanno parte, per esempio, anche l’Anpi e il sindacato).

La grande disfida sulla manifestazione del 29 ottobre, convocata da Matteo Renzi, se – come pare – sarà per il “sì” al referendum, dovrà mostrare da che parte sta “la piazza” della Sinistra, cioè il popolo del Pd. Quindi rappresenta un rischio altissimo per entrambe le parti in gioco. Continua